La riforma Gelmini si vota in Senato nonostante i boicottaggi di Pd e Idv
15 Dicembre 2010
L’accordo c’è e il conto alla rovescia è partito: la riforma dell’Università è ormai in dirittura d’arrivo. A due giorni dalla fiducia nei due rami del Parlamento, l’esecutivo spinge sull’acceleratore e tira dritto sui provvedimenti. Così, dopo l’approvazione del decreto sicurezza a Palazzo Madama, è la volta del ddl Gelmini.
La date per la discussione in Aula sono state decise ieri al Senato che, a maggioranza, ha confermato col voto la decisione della Conferenza dei capigruppo: inizio della discussione lunedì 20, approvazione (al massimo) mercoledì 20. E’ la strada indicata dalla maggioranza, che a fatica è riuscita a far ingoiare l’amaro boccone a Pd e Idv, che avevano chiesto di far slittare l’esame della riforma a dopo le vacanze di Natale, per un esame più approfondito delle modifiche apportate a Montecitorio il 30 novembre scorso. Tentativo fallito, anche per il sì di Udc e Fli che hanno sottoscritto il calendario proposto da Pdl e Lega.
I futuristi, a quanto sembra, non vogliono tirare troppo la corda e reduci dalla sconfitta sulla mozione di sfiducia al governo Berlusconi decidono per la battuta d’arresto. Almeno, per il momento. Anche se, in verità, il via libera alla riforma è un piatto (politico) che interessa i finiani. E in particolar modo al relatore del provvedimento a Palazzo Madama, Giuseppe Valditara, senatore futurista che negli ultimi due anni ha avuto un ruolo per nulla secondario nella stesura del testo. Proprio per questo, non gli dispiacerebbe affatto vedere la riforma approvata nel minor tempo possibile.
Ad ogni modo ieri la maggioranza ha potuto contare anche sull’appoggio centrista di Udc, Mpa e Api. Così come in quello “esterno” della Conferenza dei Rettori delle Università italiane – “Attendiamo con fiducia che il Senato vari definitivamente il provvedimento”, ha detto il Presidente di Crui Enrico Decleva – e di Confindustria. Proprio la presidente della Confederazione Emma Marcegaglia, infatti, nel momento in cui le opposizioni avevano tentato nei giorni scorsi di calendarizzare il ddl prima della fiducia al governo Berlusconi, era insorta dicendo che il provvedimento “è una riforma strutturale che va nella direzione giusta, premia il merito e ha a che fare con la competitività del nostro paese”.
Così ieri, a nulla è servita la richiesta avanzata dal presidente dei senatori dell’Idv Felice Belisario che aveva proposto di spostare l’esame del provvedimento a nuovo anno per prendere tempo. Così come poco efficace è stato l’intervento della capogruppo del Pd Anna Finocchiaro, che ha posto l’accento sul clima di dissenso manifestatosi nel Paese attraverso proteste e manifestazioni di piazza. Secondo la Finocchiaro, inoltre, la Commissione non avrebbe tenuto sufficientemente conto delle oltre 50 modifiche approvate alla Camera “con punti di criticità sulle coperture finanziarie”.
Coperture che invece, secondo Mariastella Gelmini, ci sarebbero eccome: “La legge di riforma – ha dichiarato il ministro dell’Istruzione – è pienamente finanziata e mentre il sistema universitario si aspettava dal ministero dell’Economia 800-850 milioni di euro, è arrivato un miliardo di euro. Mi pare dunque che le risorse siano sufficienti”.Una questione, quella delle risorse, che già alla Camera aveva sollevato dure polemiche nel dibattito tra la Gelmini e il ‘falco’ finiano Granata.
Ma le rassicurazioni sono arrivate anche dallo stesso campo futurista con il presidente dei senatori Fli Pasquale Viespoli che ha sciolto la riserva annunciando che il gruppo voterà il sì alla riforma, sottolineando di esser stato favorevole alla calendarizzazione stabilita in Senato.
A questo punto, dopo l’accordo con Fli e Udc sui tempi d’approvazione, il provvedimento è ormai al fotofinish e il governo dovrebbe ben sperare nell’atteggiamento (per questa volta) costruttivo degli uomini del presidente della Camera. Ma la collaborazione offerta al governo, una volta chiuso il capitolo Università a Palazzo Madama, continuerà anche a Montecitorio?