La rivoluzione di Casaleggio passa per Cernobbio
10 Settembre 2013
di Pino Scanzi
Si è molto discusso di Gianroberto Casaleggio al Forum Ambrosetti, presenti due premier, Letta e Monti, con uomini del sistema istituzionale e bancario. Per i complottisti sempre in agguato sul web, è stato un cedimento del "guru" alla bildenberg targata Italia (magari ad avercelo in casa il gruppo omonimo); per altri una consacrazione, con Casaleggio che ha spiegato come la politica moderna non può fare a meno di internet e come "giornali e tv sono strumento del potere, ma declinano per fortuna davanti al web". Niente di trascendentale, insomma, ma Casaleggio se n’è uscito con una espressione "tipping point", il punto di non ritorno al quale secondo lui è arrivato il sistema, politico, economico, cultura, in Italia. Ma che vuol dire tipping point? In sociologia, l’espressione venne usata per la prima volta dagli studiosi della integrazione negli agli inizi degli anni sessanta. Analizzando il comportamento di famiglie bianche che vivevano nei sobborghi, si registrò che quei nuclei familiari restavano a vivere lì fino a quando il loro numero era almeno pari a quelle afroamericane, mentre abbandonavano i sobborghi quando le famiglie afro diventavano predominanti. Forse Casaleggio pensa che il parlamento stia per accadere questo. Le grandi famiglie della storia politica italiana ed europea, conservatori moderati e democratici, sono pronti a fare le valigie quando i grillini diventeranno maggioritari. Ma un cambiamento così brutale come il "tipping point", vista la resilienza del Governo Letta, a noi pare sinceramente molto ma molto lontano. Più che una sterzata rivoluzionaria, probabilmente molti italiani sono consapevoli della crisi che stiamo vivendo, dei rischi della instabilità politica, e agiranno attivamente con la politica – non distruggendo i partiti – per uscire dalla empasse.