La rivoluzione sanitaria di Obama è una farsa del liberalismo sessantottino
23 Marzo 2010
Dopo il suo colpo di Stato del 1851, Luigi Napoleone Bonaparte, nipote del vero Napoleone, si autoproclamò Napoleone III. Fu l’arrivo al potere di quest’uomo con manie di grandezza ad ispirare il famoso inizio del Diciotto Brumaio di Luigi Bonaparte di Karl Marx: “Hegel nota in un passo delle sue opere che tutti i grandi fatti e i grandi personaggi della storia universale si presentano, per così dire, due volte. Ha dimenticato di aggiungere la prima volta come tragedia, la seconda volta come farsa”.
Il decennio degli anni Sessanta, la prima comparsa a tutto tondo del liberalismo americano contemporaneo, fu per certi aspetti una tragedia. Fu senz’altro una tragedia per il liberalismo americano, che si liberò dalla sua precedente (perlomeno parziale) ancora del senso comune e della tradizione americana. Ci vollero politici conservatori e politiche decennali per rimediare al danno creato dall’arroganza della società sessantottina, dalla debolezza post-Vietnam, e dalla follia culturale degli anni Sessanta. Ancora oggi rimane parecchio marciume.
Oggi vediamo la seconda veste del liberalismo sessantottino nelle politiche e nelle figure dell’Amministrazione Obama. Marx osservò che nella Francia del suo tempo “circolavano solo i fantasmi della vecchia rivoluzione”, i quali produssero un “avventuriero” che vantava di essere erede del grande Napoleone, ma che era “solo una caricatura del vecchio Napoleone”. Parimenti, nell’America odierna, noi osserviamo una versione evanescente del liberalismo degli anni Sessanta, guidato da un uomo che è solo una caricatura dei veri liberali che tempo fa cercarono di ripensare la nazione.
La natura farsesca del liberalismo odierno era in mostra la settimana scorsa in un circo a tre ring a Washington. Nel ring centrale abbiamo visto lo speaker della Camera Nancy Pelosi ed il leader dei democratici in Senato Harry Reid svelare la legge sulla riforma del sistema sanitario, ben provvista di accordi speciali, payoffs non molto ben nascosti, e tentativi di evasione dalle normali pratiche del buon governo. Nel ring laterale abbiamo osservato la testimonianza imbarazzante del Ministro della Giustizia Eric Holder davanti ad una sottocommissione della Camera, dove ha messo in chiaro quanto poco tempo avesse dedicato a ciò che serve per rendere gli Stati Uniti sicuri dai nostri nemici. Nell’altro ring laterale abbiamo potuto vedere la condanna quasi isterica da parte di autorità americane, dal Vice presidente Joe Biden al Segretario di Stato Hillary Clinton, di un semplice annuncio dato dal Governo israeliano riguardante la concessione edilizia nella zona ebraica di Gerusalemme.
Che scena! Che farsa! I candidati repubblicani che corrono per le elezioni nel 2010 dovrebbero salvare le nuove scene della scorsa settimana per ricordarsi della propria campagna elettorale: devono solamente promettere di lottare contro il concetto disastroso del liberalismo di marca governativa, la compiacenza disastrosa del legalismo civil-libertario, e la perversità altrettanto disastrosa del coccolare i nostri nemici e schiaffeggiare i nostri alleati. A capo di questo circo dell’incompetenza liberale c’era il Presidente Barack Obama, il quale può essere paragonato alla figura tragica ancorché importante di Lyndon Johnson nello stesso modo in cui Napoleone III può essere avvicinato al vero Napoleone. Avevamo ancora avuto nella storia recente un Presidente così in alto mare?
Ciò pone un problema. L’America del 2010 non è la Francia del 1852. Il mondo poteva sopportare un malgoverno farsesco nella Parigi di metà Diciannovesimo secolo – benché in realtà la debolezza e la follia di Napoleone III provocarono la guerra franco-prussiana del 1870, la quale si potrebbe dire mise in moto gli eventi che poi portarono alla Prima guerra mondiale. Tuttavia, nell’America del 2010 il malgoverno farsesco non porterebbe gravi danni al Paese e al mondo intero? Potrebbero le mosse del circo finire in tragedia?
Potrebbero, certo. Ma, fortunatamente, qui negli Stati Uniti abbiamo un partito d’opposizione e un’opinione pubblica impegnata. Insieme, nei prossimi mesi, possono aiutare a spingere l’Amministrazione verso politiche più responsabili, o perlomeno meno dannose. Il partito repubblicano guadagnerà seggi in novembre e sarà in grado di fare di più per prevenire ulteriori danni e preparare il terreno non tanto per un ritorno allo status quo pre-Obama nel 2013, quanto per una importante agenda delle riforme di stampo conservatrice.
Se il Paese riuscisse a sopravvivere i prossimi tre anni senza troppi danni, avremmo una grande opportunità. Come scrisse Marx nelle conclusioni, “quando il mantello imperiale cadrà finalmente sulle spalle di Luigi Bonaparte, la statua di bronzo di Napoleone precipiterà dall’alto della colonna Vendome.” Allo stesso modo, l’esperimento fallito dell’obamismo potrebbe permetterci di abbattere la statua del liberismo contemporaneo dalla nostra piazza pubblica, e ricostruire la politica americana e le politiche pubbliche su fondamenta più solide. Oppure, potremmo mancare l’occasione. Una statua di Napoleone è ancora in cima alla colonna Vendome.
Tratto da The Weekly Standard
Traduzione di Emanuele Schibotto