La Rupe Tarpea di Giuliano Ferrara

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La Rupe Tarpea di Giuliano Ferrara

14 Giugno 2005

Una volta erano i cortei, oggi sono le processioni, ma Giuliano Ferrara è sempre lo stesso.

Una volta erano bandiere rosse e striscioni, oggi sono ceri e crocefissi, ma Ferrara è ancora lo stesso.

La strada che lo ha portato da Berlinguer a Craxi, passando per Berlusconi per arrivare a Ruini è un percorso dritto, rintracciato con il suo gran fiuto politico, con il suo naso per il potere e l’egemonia. Giuliano è un asso nell’andare a braccetto con il potere: sbaglia chi gli imputa voltagabbanismi o tradimenti, la sua fedeltà è adamantina, ma le persone non c’entrano: sono sovrastrutture. Conta la ciccia. Solo attenzione a perdere, si perde anche Giuliano.

Lui sa sempre benissimo da che parte stare per stare dalla parte di chi vince: guardate con quale agilità e noncuranza è passato, nel voto referendario, da un’appassionata campagna per il No a mutarsi nell’araldo dell’astensione.

Andate a rileggere la sua bella lettera al Cardinale Ruini dello scorso 2 febbraio, così dolente e partecipe nello sconsigliare il ricorso allo “stratagemma” dell’astensione. “Non è convincente, quando ci si batte con una diffusa e vincente cultura dell’indifferenza, allearsi con il partito statistico degli indifferenti, di coloro che non votano per pigrizia o passività. Non è così che si mobilitano, prima che le persone, le idee e le motivazioni di una battaglia di ragione, che alla fine si rischia di perdere senza avere nemmeno combattuto, la più nera delle sconfitte”

Ma a Giuliano le sconfitte non piacciono, così passano le settimane, le cose si chiariscono, i sondaggi si accumulano e la posizione cambia. La prima avvisaglia è però recente: un editoriale del 14 maggio. Poiché Pannella era stato cattivo a definire l’astensione “indecente” a Ferrara gli viene la “tentazione” di cambiare posizione. Detto fatto. Da quel momento alla processione astensionista di Loreto il passo è stato breve.

A Cazzullo del Corriere, che raccoglie le sue confidenze di pellegrino, Ferrara la racconta diversa: “Io ero per il no, però una volta che i Vescovi hanno scelto l’astensione votare era controproducente”. In realtà di mezzo ci sono stati quasi quattro mesi.

Il tempo necessario al suo fiuto per intravedere i contorni di una nuova avventura: nuovi leader per cui battersi, nuove masse da guidare, nuovi nemici da spazzar via. Specie quelli che per sventura si trovano nel suo stesso campo. Sono “mosci”, “ritardatari”, e soprattutto a mettersi con loro si perde. E per questa insopportabile tara vanno gettati giù dalla sua personale Rupe Tarpea.

Ferrara invece non ha tradito gli ex compagni del No, sono loro che hanno tradito Ferrara passando dalla parte dei perdenti.