La Russia da oggi esce dal trattato Cfe
12 Dicembre 2007
di redazione
Apre scenari inquietanti la sospensione da parte di Mosca del del Trattato sulle forze armate convenzionali in Europa (CFE), prevista e attuata nella notte tra ieri e oggi.
La Russia avverte che non sarà il primo Paese ad agire, al di fuori del CFE, ma se provocata lo farà . E “nella peggiore delle ipotesi” potrebbe rafforzare la sua presenza nella parte europea dell’immensa Federazione.
Il messaggio è di Konstantin Kosachyov, presidente uscente della commissione per gli affari internazionali della Duma, che precisa, nel rispondere ad Apcom, di parlare “da politico” e non da militare. Sottolineando che la sospensione dal 12 dicembre non significa un’uscita definitiva.
Eppure alla domanda se la situazione stia diventando veramente pericolosa, replica: “Noi non saremo il primo paese da agire” ma “non abbiamo capito perchè in Romania e in Bulgaria devono comparire basi americane”.
Come noto per Mosca l’allargamento della Nato “è l’elemento piú irritante nelle nostre relazioni” con gli Stati uniti e alcune “attività ” dell’Alleanza “ci spaventano”: cosà il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov, ha parlato lo scorso week end dei rapporti sempre piú difficili tra i due interlocutori.
Lavrov accusa gli Stati Uniti di bloccare un pacchetto di accordi tra la Russia e la NATO per il 2008 “soltanto per una posizione assolutamente ideologica dei nostri partner americani”. Il motivo addotto dagli Usa, secondo Lavrov sarebbe “che la Russia invalida” tale documento “sospendendo l’adozione del CFE”.
Quella sospensione che appunto si è già avuta, in base alla moratoria annunciata già quest’estate dal presidente Vladimir Putin. E la Russia non ha perso nemmeno un minuto e ha “di fatto” iniziato già a non rispettare il Trattato, dispiegando due brigate alpine nel Caucaso settentrionale, secondo quanto ha riferito una fonte militare di alto livello all’agenzia di stampa Interfax.
Ossia 4.500 soldati, tutti equipaggiati con le armi piú moderne. Con i telegiornali della mattina che invece di aprire sul prossimo premierato di Vladimir Putin, si occupavano in prima battuta proprio del CFE.
“Se la situazione si sviluppa al peggio, la Russia potrebbe, in futuro, rivedere i suoi livelli di armamenti”, afferma Kosachyov, deputato della Duma noto per la misura nelle dichiarazioni.
E la scorsa settimana nel corso di un ponte video Mosca-Berlino presso la sede di Ria Novosti, rispondendo ai corrispondenti internazionali in Russia e ai giornalisti tedeschi, ha tenuto a precisare che “in primo luogo, la moratoria in Russia non è una nostra iniziativa, ma una risposta per i nostri partner” che rifiutano di ratificare la versione adattata del CFE da otto anni. In secondo luogo, la moratoria è volta ad attirare l’attenzione dei nostri partner.
Inoltre, la moratoria non è irreversibile”, ha detto.
D’accordo con lui, Anatoly Antonov, direttore per il Ministero degli Esteri russo , al Dipartimento per la sicurezza e il disarmo in Europa: la Russia mantiene aperto il dialogo sulla questione del Cfe con molti Paesi, compresi gli Stati Uniti, ha detto il diplomatico. “Tuttavia, queste trattative non hanno ancora prodotto alcun risultato positivo”, ha detto. Antonov sottolinea poi la necessità di fare firmare il CFE adattato anche alla Lettonia, alla Lituania, all’Estonia, e alla Slovenia.
Suggerendo che non ci dovrebbero essere forze sostanziali nella cosiddetta “zona grigia”.
Ci sono poi alcune ‘restrizioni’ del Trattato che a Mosca non vanno proprio giú. Le cosiddette “restrizioni ai fianchi” che in sede di modifica “avrebbero dovuto essere abbandonate dal Trattato adattato”.
Secondo la prima stesura del Trattato, limitazioni molto severe venivano imposte al dispiegamento di truppe russe nei due nuovi fianchi: il Distretto Militare di Leningrado e il Distretto Militare del Caucaso Meridionale. Con l’adattamento del Trattato del 1999 le parti hanno firmato una nuova versione, che – tra l’altro – aumentava sensibilmente i livelli di impiego concessi alla Russia nelle zone dei fianchi. Ma non aboliva tali limitazioni.
E guarda caso proprio dal Caucaso stanotte sono state spostate due brigate alpine recentemente formate che stazionavano nel settore meridionale: Daghestan, Circassia. Come specifica Antonov sulla regione – la piú ‘calda’ per la sicurezza nazionale – la Russia non ha accettato i limiti poichè restrizioni unilaterali.
“Sarebbe – dice – come se George W. Bush non potesse spostare le sue truppe dalla California a New York: sarebbe ridicolo”.