La Russia vuol tornare ai fasti della Pravda ma rischia il ridicolo

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La Russia vuol tornare ai fasti della Pravda ma rischia il ridicolo

12 Febbraio 2009

Il Valdai Club è stato inaugurato nel 2004 e fa parte di un progetto del Cremlino per migliorare “l’immagine” della Russia negli Usa. Quell’immagine che si è terribilmente deteriorata negli ultimi anni, trasformando il benigno successore di Eltsin in un autocrate. Sembra di essere tornati allo stalinismo: le notizie che arrivano da Mosca ci parlano di tv e giornali indipendenti che vengono chiusi, di una violenta repressione scatenata contro i giornalisti e gli attivisti dei diritti umani, di restrizioni alla vita democratica e al pluralismo politico. Un nuovo partito-unico, insomma, sdoppiato ma non più di tanto nel tandem Putin-Medvedev. La guerra in Georgia ha soltanto peggiorato la situazione.

Eppure è già da un bel pezzo che Putin si sforza di mostrare un volto diverso del suo governo. E’ anche riuscito a organizzare una propaganda mirata quanto sofisticata, evidenziando senza sottolinearlo troppo qual è la portata in gioco negli interessi nazionali russo-americani. I russi corteggiano le grandi firme del giornalismo Usa, per esempio conquistandosi una parte cospicua dell’inserto mensile del Washington Post con la rubrica “Russia Beyond the Headlines”, prodotta direttamente dal giornale filogovernativo Rossiiskaya Gazeta, una specie di Pravda che ogni americano può trovarsi a leggere, con titoli tipo “Perché i georgiani ci hanno bombardato” o “Partiti diversi rendono le elezioni più democratiche”. Insomma la buona volontà di Putin è ammirevole ma i risultati del suo ufficio propaganda sono quelli che sono.

Prendete Ramzan Kadyrov, una delle personalità che il governo russo ha scelto per incontrare la stampa straniera al Valdai Club. Vale la pena ascoltare come racconta questa storia James Kirchick di New Republic, in un lungo e divertente articolo intitolato “Pravda on the Potomac”. Kadyrov è il presidente scelto da Mosca per governare la provincia ribelle della Cecenia, teatro di una rivolta domata da Mosca a colpi di genocidio. Il presidente è accusato di aver inserito migliaia di uomini della sua milizia personale nel governo, di aver torturato e ucciso i suoi oppositori, e di aver tirato le fila dell’omicidio di Anna Politkovskaya, la giornalista che stava investigando sulle atrocità compiute dall’esercito russo in Cecenia.

Il 32enne Kadyrov ha dichiarato che vorrebbe “Putin presidente a vita”. Il presidente ceceno fa il pugile, letteralmente e non solo retoricamente: nel 2005 invitò il campione nero Mike Tyson a visitare la tormentata città di Grozny sperando di riuscire a organizzare un incontro. Nonostante tutto, Kadyrov è stato scelto per rappresentare l’immagine della Russia nel Valdai Club. Giornalisti, intellettuali e accademici hanno avuto modo di incontrarlo durante una conferenza organizzata dal servizio-stampa del governo russo lo scorso settembre, qualche settimana dopo l’invasione della Georgia. C’erano i corrispondenti occidentali del Guardian, editorialisti dell’Herald Tribune, eminenti rappresentanti della New America Foundation, e l’inviato speciale di Bush in India. Il gruppo è stato invitato a visitare la moschea più grande d’Europa, in un tour dei villaggi cosacchi, e nei resort di montagna per le prossime Olimpiadi invernali del 2014.

Tra un brindisi e l’altro, gli ospiti americani hanno potuto ascoltare il buon Kadyrov, vestito come un allenatore di wrestling, che definiva la Cecenia uno “zoo” e i suoi abitanti degli “animali”. Il presidente ceceno ha anche aggiunto di avere un unico grande rimorso: di non essere riuscito a catturare vivo il capo dei ribelli visto che lo avrebbe volentieri ucciso con le sue mani. All’incontro c’erano anche altri due fedelissimi di Putin, il presidente dell’Abkhazia e quello della Ossezia del Sud, che hanno definito il premier georgiano Saakaashvili “un drogato” e una “persona mentalmente disturbata”. Non basterebbe la Pravda delle annate migliori a restituire un’immagine democratica alla Russia.