La Sanità molisana va risanata tenendo conto delle esigenze del territorio e dei cittadini
11 Aprile 2011
di U. D. G.
Il ripiano dei conti in rosso nella Sanità è un problema che riguarda diverse Regioni. Tra queste c’è il Molise. Ma la situazione non può essere assimilata a quella degli altri enti locali per diversi motivi: demografici, geografici e di morfologia del territorio. Tutto è facilmente comprensibile. Il Molise copre una piccola porzione dell’Italia meridionale, la popolazione complessiva è di circa 320mila abitanti, dislocati tra le due province di Isernia e Campobasso. Ma la zona è costituita per circa il 50% da montagna e, per un’altra fetta del 40%, da collina. Non si tratta di semplici dati statistici, sono numeri che vanno presi necessariamente in considerazione.
Il buco sanitario c’è, è strutturale, è stato lasciato in eredità dagli anni passati (ha radici decennali) ed è quantificabile in circa 30-40 milioni di euro l’anno. In poche parole, si spendono ogni anno per la Sanità più risorse di quelle che possono essere stanziate. Ma è quasi inevitabile. In un territorio simile, che non ha eguali nel panorama italiano, le strutture sanitarie devono poter mantenere una “capillarizzazione” non paragonabile a quelle delle altre Regioni. In parole povere: i macchinari ed il personale che vengono utilizzati, ad esempio, in un ospedale di Milano e che servono a curare 100mila persone, devono poter essere impiegati anche in Molise, dove però – per ovvie ragioni – possono servire per un bacino di persone notevolmente più ridotto.
Il piano di rientro sanitario, messo a punto dall’amministrazione di centrodestra del governatore Michele Iorio, è stato studiato per arrivare a trovare un punto di equilibrio tra le esigenze finanziare dello Stato e quelle assistenziali dovute ai cittadini. Da tempo si trova all’attenzione dei tecnici del ministero dell’Economia e, tra passi in avanti (pochi) e situazioni di stallo (tante, forse troppe), il documento non riesce a trovare una formulazione definitiva che possa dargli finalmente uno sbocco concreto. L’ultimo “esame” del piano di rientro, in ordine di tempo, c’è stato la scorsa settimana: è stato posto di nuovo all’attenzione del tavolo tecnico del dicastero di via XX settembre. Ma nulla di fatto. Anzi, sembra che i funzionari di Tremonti abbiano trovato diverse cose che non vanno. E che, quindi, devono essere cambiate. Il commissario ad acta per la Sanità (incarico affidato al presidente Iorio) deve rimettere mano alle carte. Il che, nei piani dell’Economia, significa tagliare. Tagliare strutture, posti letto, personale medico, reparti. Una soluzione insostenibile, a meno che non si vogliano toccare i livelli essenziali di assistenza.
E qui torna in gioco la questione morfologica del territorio. Gli ospedali, che ovviamente non si trovano solo nei due capoluoghi di provincia, devono poter lavorare sul territorio e assicurare a tutti i cittadini le stesse prestazioni. Uno stravolgimento della rete ospedaliera (che conta anche strutture di ricerca come la Cattolica di Campobasso e il Neuromed di Pozzilli, le cui spese sono a carico della Regione) avrebbe come unica conseguenza la drastica diminuzione dei presidi sul territorio e quindi delle prestazioni sanitarie e dell’assistenza medica. Un diritto di base, che rischia di venire a mancare. La conseguenza è che i cittadini molisani avrebbero tutte le ragioni per sentirsi “italiani di serie B”. La classe dirigente locale spinge ormai da tempo affinché i tecnici dell’Economia comprendano simili motivazioni e permettano di arrivare a una soluzione. Come? Non tagliando, ma riconsiderando (in rialzo per il Molise) il riparto dei fondi statali per le spese sanitarie (in settimana i governatori si incontreranno per fare il punto della situazione). Oppure permettendo di utilizzare – per il ripiano del deficit – i Fas, i Fondi per le aree sottoutilizzate.
In Regione la situazione sta diventando insostenibile. Il centrodestra vuole che la questione venga chiusa in fretta, senza che il tema “Sanità” venga utilizzato in campagna elettorale dal centrosinistra, a cui viene servito su un piatto d’argento un argomento di facile presa sull’elettorato. La domanda è chiara e semplice: la salute dei cittadini è qualcosa su cui poter risparmiare?