La sconfitta (dissimulata) che ha deciso le sorti del congresso di Foggia
07 Marzo 2012
Questo fine settimana, con Foggia si chiuderà il ciclo dei congressi del Popolo della Libertà in Puglia. Dopo Brindisi e la BAT, dove ha prevalso la soluzione unitaria, e i 4 congressi – Taranto e Lecce più Bari provincia e Bari città – in cui si sono misurate due mozioni distinte con candidati diversi, a Foggia è successo qualcosa di inaspettato che ha determinato uno scenario tutto particolare e assai significativo.
Qui, alla fine, il Pdl si presenterà con una lista unica, dove c’è già scritto il nome del futuro coordinatore provinciale, Franco Landella, e dei 15 membri del coordinamento che saranno eletti nella lista bloccata. Saranno i restanti 15, scelti in base alle preferenze che raccoglieranno al congresso, a dare la misura del peso delle diverse anime che, anche a Foggia, animano la dialettica interna al partito.
Già, perché nonostante il Pdl foggiano sia riuscito a presentarsi unito all’appuntamento provinciale, ciò non vuol dire che non ci sono – e, soprattutto, che non ci sono state – posizioni diverse sui nomi su cui puntare e sulla strategia da mettere in campo. La differenza è che, stavolta, la mediazione è andata in porto ed è servita a far comprendere alla maggioranza – di fronte al rischio di vedere ribaltati gli equilibri, altrove a proprio favore – che la sintesi è necessaria affinché tutte le voci abbiano una rappresentanza e possano contribuire insieme al perseguimento degli obiettivi comuni.
Se ciò che conta è il risultato finale, a Foggia il Pdl può essere soddisfatto perché in qualche modo è riuscito ad aprirsi e a mostrarsi più inclusivo. Tuttavia, non si può non tenere conto di come si è arrivati a questo risultato e trarne alcune considerazioni.
Il quadro pre-congressuale, inizialmente dava praticamente per certa la candidatura del consigliere regionale Leo Di Gioia, vicino all’ex ministro Raffaele Fitto. Una decisione non condivisa dai consiglieri Lucio Tarquinio e Giandiego Gatta e che li avrebbe spinti – qualora la candidatura fosse stata ufficializzata – a presentare una lista alternativa in contrapposizione alla candidatura di Di Gioia e di quel gruppo politico che, finora, ha sempre espresso i vertici del partito, compreso il coordinatore uscente della provincia di Foggia, Gabriele Mazzone. L’idea di Tarquinio e Gatta – il primo fittiano, l’altro vicino all’ex sottosegretario Mantovano – è stata sin da subito quella di aprire una discussione affinché il rinnovo del coordinamento provinciale fosse anche e soprattutto l’occasione per rimodellare il partito secondo criteri diversi da quelli su cui finora si è basato, improntati al confronto e alla sintesi delle diverse posizioni. Peraltro, in un contesto che vede ormai certificata l’esistenza di una minoranza nata sulla base di richieste e posizioni analoghe e che, in alcune province, può contare su un consenso che va oltre il 30 per cento.
La presa di posizione di Tarquinio e Gatta, dunque, ha dimostrato chiaramente che a Foggia si stava costituendo una maggioranza alternativa, contraria alla candidatura di Di Gioia e, soprattutto, intenzionata a portare avanti con determinazione un progetto di rinnovamento del partito. Il che ha fatto pensare, per un momento, alla riproposizione dello schema delle due mozioni su cui a Taranto, Lecce, Bari provincia e città si è strutturata la competizione. Ma nel caso di Foggia, le cose sono andate diversamente. Ed è qui, appunto, che sta l’elemento di novità.
Grazie alla mediazione del senatore Carmelo Morra, che si è fatto al tempo stesso portavoce delle istanze di apertura provenienti dalla (nuova) maggioranza del partito e pontiere tra le sue diverse anime, si è riusciti a trovare la quadra nella candidatura del consigliere comunale Franco Landella, che anche Fitto ha dovuto accettare a spese del suo candidato, Di Gioia, cui è toccato fare un passo indietro.
Come dicevamo all’inizio, la partita congressuale si giocherà, a questo punto, sui 15 consiglieri eletti secondo il sistema delle preferenze, che saranno lo specchio degli equilibri provinciali e delle 11 mila tessere sottoscritte dal partito a Foggia. Non solo, quei posti nel coordinamento rappresentano anche l’ultima possibilità per tutta l’area che fa capo a Leo Di Gioia e al vicepresidente della Camera dei deputati, Antonio Leone, di avere una rappresentanza.
Al di là della sconfitta (dissimulata), il dato emerso è che le soluzioni unitarie sono le migliori perché obbligano a fare la sintesi delle diverse posizioni e a non fermarsi alla riproduzione dei vecchi assetti. Che peraltro, il caso di Foggia lo insegna, potrebbero anche non essere più sostenuti dalla maggioranza. Lo stesso Fitto se ne è reso conto e non ha potuto che prendere atto dell’esistenza una componente – vicina a Mantovano, Quagliariello e al presidente del consiglio comunale di Lucera, Giuseppe Pica – che gode di un consistente supporto sul territorio e che, di conseguenza, merita un ruolo sia in termini decisionali che di rappresentanza. Dissimulare non vuol dire altro che continuare a negare l’evidenza che ormai sta nei fatti: e cioè che il partito è uno ma le voci al suo interno sono almeno due, tutte con uguale diritto di cittadinanza e di esprimere le proprie posizioni. Foggia ha dato di ciò una duplice dimostrazione, mettendo in evidenza i presupposti di un’apertura che è possibile se – e solo se – c’è la volontà politica da parte di tutti di perseguirla. D’altra parte, non si è trattato di una questione di "furbizia", come qualcuno ha commentato, ma di buonsenso.