La seconda grana di Obama sono le dimissioni di Petraeus
09 Novembre 2012
A chi non ha mai letto la "Casa Russia" potrà sembrare paradossale che David Petraeus, il capo della Cia, abbia consegnato le sue dimissioni nelle mani del presidente Obama confessando di aver avuto una relazione extraconiugale. L’uomo che fino a poche ore fa conservava i segreti dell’America non è riuscito a tenere sotto chiava una scappatella, spuntata fuori durante un’indagine dell’FBI su cui non è ancora stata fatta completamente chiarezza. Obama con il passar del tempo si era affezionato al generale a quattro stelle inventore della controinsorgenza (soprattutto per il basso profilo con cui Petraeus aveva gestito l’agenzia nell’ultimo anno), e ha dovuto accettare a malincuore le dimissioni, dicendo pubblicamente di essere vicino a David e alla moglie Holly in questo momento difficile.
Ma ovviamente la notizia era troppo ghiotta e scioccante da non scatenare subito una tempesta complottista nel bicchier d’acqua della Rete. Tutta una sequela di supposizioni sulla "vera" ragione delle dimissioni: il generale non avrebbe detto la verità sull’attacco all’Ambasciata americana di Bengasi in Libia e sulla morte dell’ambasciatore Chris Stevens, la Cia sapeva ma non ha fiatato, i poveri americani rinchiusi nell’ambasciata sono stati abbandonati al loro destino, e adesso che Petraeus avrebbe dovuto testimoniare in Commissione sull’accaduto il generale sparisce di scena con le sue verità scomode.
"C’è qualcosa di più in questa storia," ha sentenziato Rupert Murdoch. "Perché la Casa Bianca ha chiesto a Petraeus di aspettare prima di dare le dimissioni?" si è chiesto l’ex portavoce di Mitty Romney, tesi sposata dalla National Review e da una masnada di siti complottardi molto meno autorevoli della NRO. Insomma, Obama avrebbe saputo della scappatella e si sarebbe affrettato a chiedere a Petraeus di aspettare per non compromettere la sua elezione. Oppure la scappatella è solo una cortina fumogena e il presidente in questo modo ha evitato la scomoda deposizione del capo della Cia sui fatti di Bengasi.
Internet finisce sempre in caciara. Siccome nel web non c’è mai una verità oggettiva (normalmente viene considerato un bene, sic) ma solo tante interpretazioni soggettive e contingenti (la tipica scusa del relativismo), una spiegazione come quella fornita da Petraeus per andarsene con dignità non poteva essere sufficiente ai servi virtuali sempre pronti a borbottare contro il potere costituito e le sue (presunte) menzogne. La ‘seconda realtà’ è il rifugio perfetto per chi ha perso il contatto con quella vera, spesso molto più prosaica di quanto si voglia credere. Quando inizi a vederci doppio o triplo perché passi delle ore davanti allo schermo, allora Internet ha ottenuto il suo effetto. Farti credere di aver capito tutto quando invece ne sai meno di prima.
In realtà, nel caso che stiamo discutendo, non c’è stata alcuna riconoscenza per "l’eroe dei due mondi" (Iraq e Afghanistan), solo invidie e veleni sparsi da chi è rimasto seppellito dall’abortita valanga Romney. In questa triste storia a preoccupare gli americani dovrebbe essere altro, però, e cioè la tutela della privacy. In un mondo in cui neppure il più potente custode dei segreti americani può difendere la sua vita privata nel chiuso di una casella di posta elettronica, galeotta fu quella email e chi la scrisse.