La seconda vita di Letta
06 Settembre 2015
Domenica 6 settembre, Enrico Letta, direttore della scuola di affari internazionali di Parigi “Sciences Po” e già presidente del Consiglio dei ministri, ha tenuto una lezione su «L’Italia può fare a meno dell’Europa?» in occasione dell’apertura della Summer School, la scuola di alta formazione politica organizzata da Fondazione Magna Carta giunta quest’anno alla sua decima edizione.
Abbiamo ascoltato con interesse Letta per un motivo ben preciso. Viviamo in un momento storico nel quale la politica sembra aver perso incisività, in cui la credibilità delle classi dirigenti davanti all’opinione pubblica pare ridotta ai minimi termini, un periodo storico complicato dal fatto che i centri e le capacità decisionali tendono ad aggrovigliarsi, mentre la politica stessa non riesce più a distribuire se non in modo limitato risorse al contrario di quanto accadeva in passato.
La parola “casta” ormai è diventata una clava che identifica tutti i fenomeni di antipolitica degli ultimi anni, un’arma che in tanti, forse troppi usano per farsi strada e sfondare nella vita pubblica, come se davvero non si potesse più fare politica senza accettare il fatto che essa sia degradata, sparando quindi a pallettoni o più semplicemente a colpi di tweet sui mali delle classi dirigenti.
Davanti a uno scenario simile, la scelta fatta da Enrico Letta lo scorso giugno – dimettersi dalle sue funzioni di parlamentare per dedicarsi all’insegnamento universitario, accettando il prestigioso incarico di dirigere l’Institut d’études politiques de Paris-Sciences Po – è a dir poco sorprendente. Una lezione di stile: la dimostrazione che è possibile rimettersi in discussione alla faccia di tanti convinti che la politica si esaurisca soltanto in Parlamento.
Ecco perché abbiamo ascoltato con interesse e curiosità Letta. Siamo convinti che questo tentativo di nobilitare la politica attraverso le proprie scelte personali, di ridarle dignità usando strumenti come quelli accademici, di non ridurre tutto a un gioco di potere e di poltrone, sia un (bel) segnale in controtendenza rispetto al quadro deprimente che dipingevamo all’inizio. Vedremo quali saranno le scelte di Letta in futuro. Per adesso ci basta dire questo.