La sentenza della discordia dell’Aquila fa divampare le polemiche

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La sentenza della discordia dell’Aquila fa divampare le polemiche

23 Ottobre 2012

Sta destando particolare scalpore nell’opinione pubblica e nei giornali, italiani e internazionali, la sentenza emessa lunedì dal Giudice Marco Billi del Tribunale dell’Aquila. Tema della decisione dell’organo giudicante, la terribile scossa delle 3.32 del 6 aprile 2009 di magnitudo 6,3 della Scala Richter che, ricordiamo, provocò 309 vittime e il ferimento di oltre duemila persone.

Franco Barberi (presidente della Commissione grandi rischi), Enzo Boschi (presidente dell’Ingv), Mauro Dolce (direttore del servizio sismico della Protezione civile), Bernardo De Bernardinis (vicecapo della Protezione Civile), Giulio Selvaggi (direttore del Centro nazionale terremoti), Claudio Eva (docente di Fisica all’Università di Genova) e Gianmichele Calvi (direttore di Eucentre) sono stati condannati a sei anni di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose, per aver – a detta del dispositivo letto in aula, ndr – causato la morte di 29 persone e il ferimento di quattro. Inoltre, i sette dovranno pagare un risarcimento complessivo di 7,8 milioni di euro, più i danni in sede civile. In entrambi i casi, è responsabile in solido con i condannati anche la Presidenza del Consiglio.

Il perché di detta condanna risiede in quanto accaduto in una riunione del 31 marzo 2009, ove non venne dato alcun seguito all’allerta di rischio di una forte scossa di terremoto nell’aquilano. Lo sciame sismico, infatti, imperversava da giorni. E il capo della Protezione civile di allora, Guido Bertolaso, convocò l’incontro per fare il punto della situazione e, evidentemente, lanciare un allarme (eventuale). Un allarme mai scattato, in base alla distinzione etimologica (e fattuale) tra possibile/impossibile e probabile/improbabile. Dal verbale della riunione, un piccolo stralcio: “Siamo in una delle zone più sismiche d’Italia, in cui una grande scossa prima o poi si verificherà, ma non si può dire con precisione quando". Sembrerà semplicistica e approssimativa, l’analisi, ma esperti d’ogni sorta potranno concordare con le conclusioni appena citate.

Immediate le reazioni dal mondo accademico. Non senza ragioni, occorre dirlo. Già perché sciame sismico, di per sé, non presuppone una forte scossa succedanea. Può essere, ovvio, un forte elemento indicatore, ma mai conseguenza diretta e naturale dello sciame precedente. Critiche, dunque. Anche aspre. E’ il geologo Mario Tozzi, dalle colonne de La Stampa, a sferrare l’attacco più duro alla decisione del Tribunale del capoluogo abruzzese: “Una sentenza assolutamente incomprensibile da un punto di vista scientifico, e profondamente diseducativa”, perché – è sempre Tozzi a parlare – “questa sentenza ci dice che sì, i terremoti italiani sono prevedibili e che si farebbe bene a evacuare intere regioni anche per minimi allarmi”. Critiche senza esclusioni di colpi, poi, anche da oltre confine. Ad esempio, dall’Ong americana Union of Concerned Scientists: “Decisione assurda e pericolosa”, “il presidente Napolitano dovrebbe intervenire". Mentre per Shinichi Sakai, professore associato dell’Earthquake Research Institute di Tokyo, "Se fossi stato io lì avrei detto le stesse cose perché non è possibile stabilire quando può verificarsi una forte scossa sismica".

Considerazioni tecniche a parte, la sentenza attira su di sé non poche perplessità anche e soprattutto sul piano giuridico. Per il Codice Penale (ex art. 43), un reato “è colposo, o contro l’intenzione, quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline”. In altre parole, si ha colpa a seguito di una condotta contraria alle cosiddette “regole cautelari derivanti da massime di esperienza e/o fonti normative generali”. Di fronte a un assunto simile, la condanna ai membri della Commissione Grandi Rischi – per molti – avrebbe dell’incredibile nella misura in cui, in base a quanto già detto in precedenza, allo stato delle cose non è (ancora) possibile prevedere terremoti. Certo, occorrerà leggere con dovizia di particolari le motivazioni della sentenza. Tuttavia, dal dispositivo, più d’un dubbio sull’attribuzione dell’elemento psicologico della colpa non può che balzare immediatamente agli occhi anche di un medio osservatore.

Infine, un dato. La decisione de quo ha mietuto le prime vittime illustri: nella mattinata di martedì, s’è dimesso il presidente della Commissione Grandi Rischi, il fisico Luciamo Maiani. Le motivazioni, in un comunicato diffuso dallo stesso Maiani: "Non vedo le condizioni per lavorare serenamente", ha voluto dichiarare. Causa delle dimissioni, quindi, ”l’impossibilità che la Commissione grandi rischi possa lavorare serenamente e offrire pareri di alta consulenza scientifica allo Stato in condizioni così complesse. Va chiarito che le nostre consulenze sono gratuite”proseguito Maiani. “E Il governo dovrà ora affrontare il problema dell’allontanamento degli scienziati dalle istituzioni pubbliche". E ancora, “al momento non conosciamo le motivazioni della sentenza né il percorso concettuale del giudice, però conosciamo quello del pm e da qui non vedo le condizioni necessarie per continuare". A stretto giro, le dimissioni dell’intero ufficio di presidenza della Commissione nazionale, composto oltre che dal presidente Maiani, dal presidente emerito Giuseppe Zamberletti e dal vicepresidente, Mauro Rosi.

Insomma, le polemiche sono destinate ad aumentare di giorno in giorno. Vero, civiltà giuridica impone – giustamente – di attendere le motivazioni della sentenza. Ma in base al dispositivo e alle relative pene comminate agli imputati non può che perplimerci sin da ora la sentenza che condanna gentiluomini del calibro di Enzo Boschi e Franco Barberi.