La sentenza di Galli della Loggia sul Pdl è più politica che storica

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La sentenza di Galli della Loggia sul Pdl è più politica che storica

05 Marzo 2010

Lo storico che “non capisce la storia”. E dimentica o, ignora, cosa è stato ed è il berlusconismo se, come fa Ernesto Galli Della Loggia sul Corsera, scrive che la “la plastica si sta squagliando”. Concetto “ridicolo” per dirla con Gaetano Quagliariello, “errore sostanziale di analisi”, rilevano Giorgio Stracquadanio e Mario Valducci, “contraddizione di fondo” sostenere che la politica di Berlusconi non appartiene alla modernità, osserva Riccardo Mazzoni. Nel Pdl la “sentenza” di Galli Della Loggia riaccende il dibattito sul partito e il suo leader nei giorni del caos liste in Lombardia e Lazio, del nuovo intervento a gamba tesa di Fini sul Cav. (“questo Pdl non mi piace”) e a poco più di venti giorni dal voto per le regionali.

Allo storico ricorda la storia recente il vicepresidente dei senatori Pdl che mette in fila le tappe successive alla rivoluzione berlusconiana del Predellino. Un partito, il Pdl, con una leadership forte e carismatica, nato prima nelle urne e poi seguendo i riti e le regole della politica e che in due anni ha vinto le elezioni nazionali e le comunali di Roma, i test in Friuli, Abruzzo e Sardegna, “non ha perso le europee e ha vinto le amministrative 2009. Ora, che a fronte di ciò si possa dire che la plastica si sta squagliando perché non è stata presentata una lista o perché mancano alcune firme, francamente lo trovo ridicolo”. Casomai, sottolinea Quagliariello, la vicenda delle liste mette in luce un altro aspetto, ovvero che “l’azione della magistratura si sta spostando direttamente sul momento elettorale”. In altre parole, se prima si sostanziava in un’azione di controllo successivo del rispetto delle norme, nel momento in cui questa azione “investe le liste, rischia di invertire una prassi consolidata che ha sempre teso a sanare eventuali errori nelle liste per tutelare la sostanza, più rilevante, dello scontro democratico, della competizione elettorale”. Non solo le argomentazioni correlate alla contingenza del momento ma a non reggere è pure la visione d’insieme che  Galli Della Loggia argomenta perché “sono quindici anni che si ripete il refrain del partito di plastica e nel frattempo Berlusconi ha vinto, perso e rivinto; c’è stata Forza Italia, si è creato il Pdl, è nata una cultura della destra che evidentemente lo storico Galli Della Loggia non considera”. Quanto al partito, Quagliariello non nega che ci siano problemi e che occorra affrontarli ma “c’è un tempo per farlo” che non può essere quello della campagna elettorale. Messaggio che vale anche per Fini  le cui prese di posizione sul Pdl sono “oggettivamente preoccupanti” spiega il vicepresidente dei senatori, perché l’adesione a un partito “è sempre un fatto empirico e approssimativo, nessuno di noi aderisce a un partito al cento per cento”. Un fatto oggettivo inutile da evidenziare e “se lo si fa, vuol dire che dentro il partito non si sta bene, ma se a dirlo è il co-fondatore ciò crea un problema politico più grande. Spero e penso che con gli atti si chiarirà che quella di Fini è stata solo una formula un po’ forte in un momento difficile, per dire che la sua adesione al Pdl è laica, non un atto di fede”.

La foto è reale, l’errore sta nell’analisi. Giorgio Stracquadanio, berlusconiano di ferro, ricorre a una sintesi efficace per dire che Galli Della Loggia “non coglie qual è la crisi del sistema e ciò che Berlusconi ha fatto nella lunga fase di fuoriuscita dalla Repubblica post-resistenziale alla ricerca della modernità democratica. E’ stato lui a evitare che nel ’92-’93 si concretizzasse l’impeto para golpista di una giustizia deviata e politicizzata che voleva mettersi alla guida del Paese; è stato lui a garantire l’unità del Paese riportando le spinte secessioniste nell’alveo democratico; è stato lui a creare e guidare il centrodestra; è stato lui a mettere in campo il bipolarismo. Non comprendere tutto questo, significa fare una banale disamina di perbenismo parapolitico”. Per rendere completa la sua opera, c’è ancora un passaggio, strategico, che per Stracquadanio il Cav. deve compiere: il presidenzialismo, cioè “l’istituzionalizzazione del carisma del leader, con un obiettivo chiaro: portare il paese fuori dalle secche del consociativismo della Repubblica parlamentare e proiettarlo in un sistema presidenziale nel quale il voto popolare non può essere svuotato di sovranità dalla mediazione parassitaria del ceto politico”.

Sulla stessa lunghezza d’onda il ragionamento di Mario Valducci, berlusconiano della prima ora e fondatore dei Club della Libertà, secondo il quale “Berlusconi ha rappresentato un baluardo riuscendo a traghettare il paese verso la modernità in un periodo difficilissimo, senza subire gravi contraccolpi. Non considerare questo, significa disegnare un quadro parziale della storia recente della Nazione”. Quanto al partito osserva che “nelle ultime settimane, purtroppo è uscita un’immagine del Pdl che non corrisponde al vero, l’immagine vera è quella di migliaia di militanti, amministratori locali, eletti, parlamentari ed europarlamentari, persone perbene al servizio dei cittadini”. Il punto è un altro: capire “non da dove ciascuno di noi proviene ma dove insieme vogliamo andare. Non possiamo ripetere oggi lo schema di un partito del Novecento e per questo occorre rivedere il progetto politico dal punto di vista organizzativo”. Che tradotto vuol dire: non possiamo rifare il partito delle tessere o delle quote.

Bipolarismo, alternanza di governo, valore della leadership sono le parole che Riccardo Mazzoni, deputato e membro della direzione nazionale del Pdl usa per rimarcare la contraddizione in cui cade Galli Della Loggia quando dice che la politica di Berlusconi è estranea alla modernità. “Il Pdl è ancora in fase di costruzione – osserva – e credo che a ritardarne i tempi sia stato soprattutto l’atteggiamento ostile del co-fondatore, perché smarcarsi quotidianamente dal leader del partito e dal presidente del Consiglio prefigurando una linea politica costantemente alternativa da quella fissata nei principi del partito e nel programma di governo, costituisce un’opera di demolizione progressiva di ciò che con grande fatica si sta costruendo. Credo sia questo il nodo da sciogliere subito dopo il voto”. Certo, fondere due tradizioni e due visioni di partito – quello leggero di Fi e quello strutturato di An – non è stata e non è un’impresa facile “e lo sapevamo tutti, ma la raffigurazione del Pdl che ne fa Galli Della Loggia mi sembra superficiale, anche perché questo partito non è il Paradiso in terra, ma neppure l’Inferno dantesco. Piuttosto simili raffigurazioni finiscono per oscurare tutto ciò che di buono il governo Berlusconi è riuscito a fare in due anni difficilissimi”. Una su tutte, per Mazzoni, vale la pena rilevare: l’impronta riformista, quel riformismo al quale “la sinistra sopravvissuta alla prima Repubblica si è sempre tenacemente opposta e che oggi sta saldamente nel campo del centrodestra”. (Lucia Bigozzi)