La settimana nera di Prodi
05 Giugno 2007
di redazione
Ha ragione Giuliano Ferrara, che sul giornale di oggi intitola uno dei suoi editoriali di terza pagina “Prodi come Chàvez”. Anche se all’analisi del direttore del Foglio manca un tassello che rievoca il caso Radio Caracas in maniera ancora più eloquente del caso Visco e delle ingerenze sul sistema radiotelevisivo da parte del presidente del Consiglio. E quel tassello porta il nome e il cognome di Pierluigi Magnaschi, l’ex direttore dell’Ansa che sarebbe stato sollevato dal suo incarico per aver autorizzato, nel luglio scorso, il lancio delle agenzie che rivelavano la destituzione di tutti i vertici della Guardia di Finanza da parte del viceministro Vincenzo Visco.
Per ora su tutta la questione dal centrosinistra solo risposte interlocutorie: D’Alema dichiara a l’Unità che si tratta di un caso ordito ai danni del governo e montato dal centrodestra, D’Avanzo avanza le sue ipotesi complottarde per intorbidare le acque, Mussi si preoccupa solo dei numeri del Senato, per sfangarla anche sul caso Visco. L’unico che sembra preoccupato delle ricadute politiche dell’intera faccenda è Fausto Bertinotti. Intanto al Senato la CdL apre anche il fronte Magnaschi, con un’interpellanza presentata da Gaetano Quagliariello, parlamentare FI, in cui si chiede di fare chiarezza sulle presunte pressioni di Prodi per sostituire Magnaschi alla direzione dell’Ansa e mettere uno di provata fede prodiana.
Certo la strada è tutt’altro che liscia e il calendario fitto di insidie:domani c’è il voto in Senato sulla mozione presentata dalla CdL sul caso Visco; sabato le manifestazioni della sinistra radicale e dei no global per la visita di Bush in Italia; domenica i ballottaggi per le amministrative, con la piazza genovese a fare da cartina di tornasole. E poi ci sono le questioni economiche, in attesa dell’approvazione del Documento di programmazione economica e finanziaria. Il tesoretto raddoppia, l’Ocse striglia il Governo sul fronte pensionistico ma la maggioranza resta divisa con Padoa Schioppa che vorrebbe mantenere lo scalone per l’età e rivedere i coefficienti di trasformazione, il ministro del Lavoro Damiano che spinge per gli scalini e la sinistra radicale che non vuole né gli uni né gli altri e per bocca del ministro della solidarietà sociale Ferrero ribadisce: “nel programma dell’Unione c’è scritto cancellazione”. Il tutto, mentre Prodi si prepara a una settimana a dir poco di fuoco.
Nemmeno sui numeri c’è concordia, nonostante agli italiani piacerebbe sapere l’ammontare preciso del tesoretto. La domanda è grossomodo questa: ha ragione il sottosegretario Alfiero Grandi che ieri ha parlato di 5 miliardi da spendere (messi da parte i 7-8 miliardi circa che servono per gli obiettivi del 2008) oppure sarebbe meglio ascoltare Padoa Schioppa che continua a smentire lasciando la cifra ferma sui 2,5 miliardi? Già, perché sulle pensioni %C3