La settimana più dura per Prodi
21 Gennaio 2008
Quella che si è aperta, per Romano Prodi, è forse una delle settimane più
difficili. Stavolta il governo rischia sul serio e la
maggioranza sembra più traballante che mai.
Domani il voto alla Camera sulla
relazione dell’ex guardasigilli Clemente Mastella sulla giustizia. E
mercoledì il doppio voto al Senato, uno in Commissione Affari Costituzionale
sulla bozza di riforma elettorale preparata dal presidente Bianco e l’altro
sulla mozione di fiducia al ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio. Tre
paletti per uno slalom speciale, l’ennesimo, che il professore si appresta ad
affrontare con il timore che stavolta possa davvero capitare un’inforcata.
Del resto, l’ormai celebre “fattore c” pare aver perso effetto anche perché quello
che sembra cambiato è il clima generale intorno a Palazzo Chigi. Ne ha fatto
cenno lo stesso Prodi con i suoi collaboratori nei giorni scorsi ed è tornato a
ripeterlo ieri dopo le parole di Walter Veltroni circa l’ipotesi che il Pd alle
elezioni correrà da solo.
Al premier l’uscita del sindaco di Roma non è affatto
piaciuta e non tanto per il merito ma piuttosto perché è sembrato un annuncio,
un proclama in vista di imminenti elezioni. In sostanza, ed è questo il
ragionamento del premier, al loft di Sant’Anastasia si sta pensando agli
schieramenti per le prossime elezioni piuttosto che a salvaguardare la vita
della Legislatura. In effetti c’è da dire che la decisione della Corte
Costituzionale di dare il via libera ai referendum ha impresso un’evidente
accelerazione a tutto il quadro politico. Lo sanno bene anche dalle parti della Sinistra e
l’Arcobaleno, dove si valutano le varie opzioni tra cui quella di andare
anticipatamente alle elezioni (non è un mistero che nella sinistra radicale
si farebbe di tutto pur di evitare il referendum).
E poi c’è l’affaire
Mastella, caduto dritto sul governo come un treno impazzito. Una variabile
che nessuno poteva prevedere e che soprattutto ha posto l’Udeur nella
condizione di potersi svincolare dalle logiche di governo. Tanto che nessuno sa
precisamente quello che può accadere. Ecco perché sopra Palazzo Chigi le previsioni
non danno il sereno. A partire da domani quando alla Camera arriverà la
relazione dell’ex ministro Mastella. Il primo paletto dello slalom. Una
relazione che in un’altra occasione non avrebbe avuto particolare rilevanza ma
che dopo le dimissioni è diventata importantissima. Simbolicamente rilevante. Lo
ha detto chiaramente Mauro Fabris: “Se non c’è l’unità della maggioranza sulla relazione il governo è finito”.
E
i timori che qualcuno possa svincolarsi ci sono. In particolare dalle parti
dell’Italia dei Valori. Il ministro Di Pietro è colui che, in questi giorni di
“passione mastelliana”, ha più volte attaccato l’ex Guardasigilli prendendo
apertamente le difese della magistratura. Parole molto spesso poco benevoli nei
confronti dello stesso Mastella al punto che proprio quest’ultimo ha annunciato
di non voler nel futuro più far parte di un governo con lo stesso ex pm.
E poi
c’è la sinistra radicale che in tutta questa vicenda non ha brillato per
spirito di difesa verso il Guardasigilli. Un voto che quindi potrebbe riservare
qualche sorpresa.
Così come quello nella
Commissione Affari Costituzionali di mercoledì. Il secondo paletto. All’ordine
del giorno la bozza Bianco, quella che dovrebbe e potrebbe evitare il
referendum modificando l’attuale legge elettorale. Anche qui i timori sono
tanti, come pure le critiche piovute sul progetto presentato dall’ex ministro
dell’Interno. Forza Italia ne ha preso decisamente le distanze, così come il Pd,
chiedendo modifiche. E pure dalla sinistra radicale le critiche sono
state molto dure (Diliberto ha addirittura parlato di bozza “impresentabile”).
Clima che quindi non fa sperare nulla di buono e che nei fatti suonerebbe come
un via libera ufficiale al referendum.
Il voto negativo infatti non solo
impedirebbe di adottare come testo base la bozza ma soprattutto darebbe il
segnale che nel Parlamento non ci sono le possibilità per una riforma della
legge elettorale. In sostanza il lascia passare per la consultazione
referendaria e forse per la crisi politica del governo. Ma più di tutto Prodi
teme il terzo paletto del suo personale slalom: la mozione di sfiducia al
Senato per il ministro Pecoraro Scanio. Qui l’allerta è massima perché come si
sa i numeri sono risicati e poi gli ultimi eventi hanno complicano la situazione.
Lo scandalo rifiuti scoppiato in modo così dirompente in Campania, la posizione
di Di Pietro pronto a cavalcare la protesta e infine Mastella che da giorni
ripete che il collega Pecoraro avrebbe dovuto anche lui dimettersi. Un quadro traballante
a cui si aggiungono i senatori con le mani libere come Dini ed altri che
potrebbero fare la differenza.
Ecco spiegato perché nelle ultime quarantotto
ore la barriera difensiva attorno a Pecoraro è cresciuta. E così anche il
livello di scontro. Lo dimostra la polemica aperta dai Verdi dopo che Francesco
Rutelli ieri a “In Mezz’Ora” non ha espresso alcuna solidarietà al ministro del
“sole che ride”. Polemica talmente rovente che l’Ufficio stampa del ministro nella
serata di ieri ha dovuto precisare la posizione di Rutelli, chiaramente in
sintonia con Pecoraro.
Una difesa che certamente aumenterà fino a mercoledì
considerande anche le posizioni odierne del
senatore Polito, che suggerisce come “forse sarebbe meglio fare a meno di
Pecoraro” e del ministro Bonino che parla di “dimissioni segnale di forza”. Tre
paletti, quindi, per una settimana davvero durissima. Forse l’ultima del
governo Prodi II.