La sfida dei saggi su identità e riconoscimento
12 Aprile 2013
Se davvero il lavoro svolto dal gruppo politico-istituzionale riunito da Napolitano produrrà un "riconoscimento reciproco" tra le due grandi forze della politica italiana la nostra democrazia farà un bel salto in avanti. Quel riconoscimento infatti è stato il grande assente della Seconda Repubblica fondata sull’antiberlusconismo.
"Ci volle coraggio per quella scelta di inedita larga intesa e solidarietà", ha detto il Presidente Napolitano ricordando l’epoca del Compromesso storico, "imposta da minacce e prove che per l’Italia si chiamano inflazione e situazione finanziaria fuori controllo e aggressione terroristica allo Stato democratico come degenerazione ultima dell’estremismo demagogico".
Restando nel solco tracciato dal Presidente si può ricordare la confusione politica di allora e quella di oggi, lo spazio di manovra risicato della cosiddetta "solidarietà nazionale" prima dell’omicidio di Aldo Moro, il risultato delle elezioni del ’76 con l’avanzata del PCI e la rimonta della DC.
Anche allora "due vincitori" e anche allora il tavolo fra le forze dell’arco costituzionale per trovare un equilibrio tra i giocatori in campo, subito ridotto a "consociativismo". Il PCI che avrebbe voluto e potuto dialogare di più se solo non avesse ceduto alle sirene extraparlamentari. Tutta una serie di appuntamenti traditi o rimandati, nella Prima come nella Seconda Repubblica.
Che sia la volta buona, allora, per capire come in una democrazia moderna i partiti combattono anche aspramente per conquistarsi uno spazio politico, si pongono come obiettivo quello di governare secondo la propria visione del mondo, ma senza rinunciare a un quadro condiviso, preservando al massimo il sistema democratico grazie a regole che valgono per tutti.
Sarebbe un passaggio dialettico estramamente importante per la forza che di volta in volta si trovasse a guidare la nazione, in uno scontro politico sano che però non renda vulnerabile le istituzioni. Occorre una profonda adattabilità nel riconoscere le caratteristiche e il comportamento degli avversari e solo esercitandosi si può costruire uno sviluppo del sistema capace di interpretare le differenze rendendole molla del cambiamento.
Si fa presto a dire "inciucio" senza riflettere sulla portata della domanda di riconoscimento che nasce da un bisogno profondo della società contemporanea. Dalla urgenza sociale e culturale che negli ultimi decenni ha preso il tema della "identità", la nostra e quella altrui. E di come essa possa essere danneggiata o distorta, stravolgendo la normale vita politica e democratica di un Paese.
Con l’inizio del Ventunesimo secolo le questioni del riconoscimento e della identità sono diventate centrali non solo per il nostro Paese ma per tanti altri luoghi del mondo dove non sempre la soluzione è stata pacifica. Finì allo stesso modo anche negli anni Settanta. E’ trascorso abbastanza tempo per non ripetere quegli errori.