La sfida di Dini al Professore tiene col fiato sospeso il governo
27 Dicembre 2007
Lamberto Dini detta il suo nuovo
ultimatum. E anche nel giorno della conferenza stampa di fine anno di Romano
Prodi tiene botta e mostra i muscoli, facendo capire di essere pronto a
staccare davvero la spina al governo, senza più sottostare alle pressioni dei
compagni di coalizione.
L’offensiva natalizia dell’ex
direttore generale della Banca d’Italia prende il via nel giorno di Santo
Stefano. In una intervista radiofonica il leader dei Liberaldemocratici boccia
il “rilancio di governo” annunciato dal premier. E senza andare troppo per il
sottile liquida come “una mossa disperata” il tentativo del presidente del
Consiglio di rialzare la testa. “Basta mosse disperate. Il governo in Senato
non ha più i numeri per governare. Ed è assurdo che Prodi pensi che soltanto
lui possa svolgere quel ruolo” attacca Dini.
I toni sono ultimativi, la
mira è ad alzo zero, le parole, decisamente, minacciose sono più simili a
quelle di un esponente dell’opposizione che a quelle di un rappresentante
dell’Unione. “Nei prossimi giorni, nelle prossime settimane indicheremo
quale sono le misure di cui il Paese ha bisogno per riprendere il suo cammino e
superare il declino. Non è con la redistribuzione che si supera il declino ma
si lo si fa rilanciando l’economia. Non è con quelle misure che sembra voler
annunciare il presidente del Consiglio che si può rilanciare l’azione del
governo. Il governo oggi raccoglie soltanto il 25% del consenso nel Paese, vuol
dire che ha perso la metà di quelli che aveva al momento della sua
installazione”. Il premier, insiste l’ex premier, “ci dica dove va a
prendere i soldi. Mi pare che l’intenzione sia quella di dare con una mano e
riprendere con l’altra.
Dini non salva nulla dell’esperienza di governo. E tanto per chiudere il
cerchio si accanisce anche sulle dichiarazioni di Prodi sui danni provocati dai
continui allarmi di Silvio Berlusconi. “Questa sembra essere la
dichiarazione di una persona che pensa che soltanto lui possa guidare il Paese:
una pretesa assurda. L’opposizione faccia il suo lavoro e il governo il
proprio. Per ora è soltanto perdita di consensi”.
Chiuso il primo round, arriva
la replica di Romano Prodi durante la conferenza stampa. Il Professore a Dini che
accusa il governo di non avere più una maggioranza in Senato, replica: “Vorrei solo ricordare un elemento a mio
avviso non trascurabile. È vero che abbiamo una maggioranza ristretta al Senato,
ma anche che abbiamo una cospicua maggioranza alla Camera. E che qualsiasi
altro governo dovrà avere la fiducia anche dalla Camera, cosa che vedo è
dimenticata dal dibattito politico e che pregherei di riprendere in esame”. Dini,
leader della piccola formazione politica dei Liberaldemocratici che conta tre
senatori, può essere decisivo per la sopravvivenza del governo a Palazzo Madama,
dove la coalizione di centrosinistra ha una maggioranza risicatissima ma non è
decisivo alla Camera. Nell’orizzonte di Prodi, comunque, in caso di sfiducia ci
sono solo le elezioni. “Se c’è il voto di sfiducia si va prima alle
elezioni, se non c’è non ci si va”.
Passano pochi minuti e a
stretto giro di posta arriva la dura controreplica di Dini. «Il presidente
Prodi – attacca – ha fatto un intervento a tutto campo, mostrando grande
ottimismo per il suo governo e per l’Italia. Non riconoscendo che il Paese è in
declino, che è il fanalino di coda dell’Europa e che è destinato a restarlo.
Lui stesso ha cominciato a riconoscere che gli obiettivi indicati dalla
Finanziaria non possono essere raggiunti, visto il cambiamento del ciclo
economico. Un discorso, quello di Prodi, pieno di ottimismo e di annunci che
però, appunto, restano annunci. Il governo aveva promesso, fin dal suo
insediamento, di ridurre la pressione fiscale, ma è passato un anno e mezzo e
di questa riduzione non c’è traccia». Nessuna possibilità che il 10 gennaio
Dini partecipi alla riunione di maggioranza? «Il premier – osserva l’ex
ministro del Tesoro del governo Berlusconi – ha detto che non si tratta di una
verifica, che per lui è un termine della vecchia politica. Ha aggiunto che c’è
solo il programma con il quale si è presentato alle elezioni, da aggiustare
eventualmente a seconda delle situazioni. Prendiamo atto delle sue parole e lo
aspettiamo in Parlamento».
Il duello, insomma, continua.
Ma al di là delle dichiarazioni incrociate l’affondo natalizio di Dini risuona
come una campana dell’ultimo giro per le sorti del governo Prodi. Lo stesso
documento programmatico che l’ex direttore generale della Banca d’Italia
promette di presentare a gennaio «improntato a linee di intervento sostanzialmente
opposte rispetto a quelle sin qui condotte dal governo» rischia di essere la
scintilla capace di accendere definitivamente il fuoco della crisi. Anche
perché al Senato, con la fuoriuscita dalla maggioranza di Domenico Fisichella e
Franco Turigliatto, l’Unione è ormai scesa a quota 156 contro i 158 voti del
centrodestra. E un ulteriore sottrazione potrebbe rendere impossibile la
sopravvivenza dell’esecutivo. Vanificando persino il discutibile soccorso
grigio offerto dai senatori a vita.