La sinistra e l’ossessione di cambiare una legge che funziona

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La sinistra e l’ossessione di cambiare una legge che funziona

La sinistra e l’ossessione di cambiare una legge che funziona

03 Ottobre 2007

Il mercato del lavoro è già certamente
cambiato nel decennio avviato dal pacchetto Treu e successivamente segnato, in
modo ancor più robusto, dal Libro Bianco e dai provvedimenti che ne sono
conseguiti ( collocamento, contratti a termine e legge Biagi ).

Il totale degli occupati era di 20.384.000
nel 1997, di 21.913.000 nel 2002 ed è stato di ben 23.298.000 nel 2006.
L’indicatore più evidente paraltro consiste nel tasso di occupazione che nel
1997 era del 52,3%, nel 2002 del 56,7% e nel 2006 è stato del 58,9% nonostante
il periodo sia stato caratterizzato, in particolare negli anni più recenti, da
una bassa crescita dell’economia. Ed è stato proprio questo l’aspetto più
significativo: mentre in passato erano necessari almeno due punti di PIL perché
si potesse manifestare una timida crescita dell’occupazione, dal 2003 si è
addirittura invertito il rapporto tra l’incremento della ricchezza e quello dei
posti di lavoro.

A ciò si deve aggiungere un andamento
favorevole – specie con i provvedimenti conseguenti al Libro Bianco – delle
fascie tradizionalmente deboli del mercato del lavoro italiano. Le donne
occupate, anche grazie allo sviluppo del part time, sono passate, negli anni
considerati, dal 38,5% , al 44,4% e al 46,3%, mentre gli “anziani”
tra 55 e 64 anni sono cresciuti dal 28,3% al 29,5% per arrivare nell’ultimo
anno al 32,5%. Discorso a parte meritano i giovani sulla cui occupazione incide
la positiva riduzione dell’abbandono precoce dei percorsi educativi. Anzi, la
legge Biagi impone che un giovane possa essere assunto, prima dell’assolvimento
del diritto-dovere dei 12 anni di apprendimento, solo con il contratto di
apprendistato che collega l’esperienza lavorativa al completamento di questo
percorso.

Nel complesso l’occupazione rimane per lo più
stabile perché, tutti sommati, i contratti a termine, inclusi quelli a
contenuto formativo, rimangono ben al di sotto della media europea in quanto
non raggiungono il 10% del totale degli occupati e superano di poco il 13% dei
lavoratori dipendenti nella media 2006.

Il tasso di disoccupazione, che rimane pur
sempre un indicatore universalmente considerato, crolla dal 11,3% del 1997 al
8,6% del 2002 al 6,8% del 2006 e nel Mezzogiorno si passa, negli stessi anni,
dal 18,9% al 16,3% al 12;3%. Avrà pesato anche il fenomeno dello
“scoraggiamento”che si produce in coloro che rinunciano a cercare un
posto regolare per la difficoltà di reperirlo, ma è più probabile che costoro
si siano rivolti al lavoro nero anche a causa degli altissimi costi indiretti
del lavoro, che il Governo Prodi ha portato, per la sola componente
previdenziale, al 33% con la prospettiva di un ulteriore aumento per coprire i
costi della controriforma previdenziale.

La difesa della Legge Biagi dai tentativi di
controriforma invocati dalla sinistra politica e sindacale deve essere peraltro
solo la premessa di un percorso riformatore che il Libro Bianco ha individuato
compiutamente con quella preveggenza che il successivo Libro Verde della
Commissione Europea  inequivocamente
conferma. Si tratta in primo luogo di attuare appieno una legislazione che è un
giacimento di opportunità che sono chiamate a cogliere, in particolare, le
Regioni, le parti sociali e i preposti alle risorse umane nelle imprese.
Mancano ancora molte leggi  o normative
secondarie regionali, essenziali per la diffusione dei servizi di collocamento
nelle scuole, nei comuni o nelle forme associative locali e per la piena
applicazione dei nuovi contratti di apprendistato.

Più in generale deve trovare concreta
attuazione quella politica di occupabilità che consiste nella offerta di
robuste opportunità formative tanto nel passaggio dalla scuola al lavoro quanto
in tutta la vita lavorativa. Necessaria è altresì la Borsa del Lavoro, ovvero
la compiuta attuazione del progetto di un sistema informativo al quale
collegare tutti gli operatori che erogano servizi per l’impiego delle persone.

La tutela attiva dei disoccupati si realizza
poi promuovendo i fondi bilaterali per il sostegno al reddito  – che si aggiungono all’indennità di
disoccupazione – e collegandoli a quelli per la formazione continua come ai
servizi pubblici e privati di accompagnamento al lavoro. Il nodo delicato
rimane peraltro la effettiva applicazione della norma già presente
nell’ordinamento che sanziona con la perdita del sussidio chi rifiuta
opportunità di lavoro o di formazione. Senza di essa risulta difficile
determinare un circolo virtuoso che unisca le opportunità alle responsabilità.

In un contesto di maggiore protezione della
disoccupazione diventa possibile riprendere il progetto dello Statuto dei
Lavori voluto da Marco Biagi, del quale il contratto a tutela progressiva
costituisce il contenuto più emblematico. Rilanciato ora dagli economisti de La
Voce Info, esso prevede un più lungo periodo di prova cui deve seguire un
biennio nel quale il licenziamento senza giusta causa è tutelato con il
risarcimento per applicare l’art,18 solo con il quarto anno.  Si conciliano così le tutele del lavoro con la
promozione dell’occupazione.

Per ridare fino in fondo valore al lavoro, è
tuttavia necessario affrontare il tema del suo costo lordo, della sua
tassazione, della sua produttività. Un rigoroso controllo della spesa
previdenziale deve consentire di avviare il ridimensionamento del prelievo
contributivo i cui alti livelli sono causa non secondaria del lavoro sommerso.
La revisione della tassazione sulle componenti virtuose del salario – perché
collegate alla flessibilità organizzativa e alla produttività – può stimolare
la maggiore competitività delle imprese premiando il merito ed il particolare
impegno dei lavoratori. “Lavorare di più per guadagnare di più” vuol
dire prevedere una tassazione “secca”, ovvero definitiva, e agevolata
degli straordinari, dei premi e degli incentivi, senza cumulo con gli altri
redditi e conseguenti aliquote marginali penalizzanti.

Ragioni di equità e di generale interesse
all’efficienza della macchina amministrativa impongono infine una crescente
omologazione del lavoro pubblico al lavoro privato, ricostruendo in primo luogo
nelle Pubbliche Amministrazioni l’autorità del “datore di lavoro” e
il necessario rapporto gerarchico tra i vari livelli di responsabilità in modo
che si introducano davvero meccanismi utili ad identificare meriti e demeriti
con la conseguenza dei premi e delle sanzioni.

Il Libro Bianco insomma ha aperto la strada
ad una modernizzazione del lavoro e delle relazioni industriali nel Paese
industrializzato più segnato dai cascami del marxismo. Marco Biagi ha pagato
con la vita il suo coraggio riformatore. Tutti coloro che lo vogliono onorare
devono continuarne l’opera rifiutando di piegarsi al continuo ricatto degli
ultimi comunisti.