La sinistra fa ostruzionismo e la Consulta resta senza plenum

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

La sinistra fa ostruzionismo e la Consulta resta senza plenum

04 Settembre 2007

Quattro mesi di ostruzionismo della sinistra. Tanto è trascorso da quando il giudice della Corte Costituzionale, Romano Vaccarella, si è dimesso. Da allora sette votazioni del Parlamento tutte conclusesi con un nulla di fatto e con un unico risultato: la Consulta ancora oggi è senza plenum. Una battaglia, quella del centrosinistra, che finora ha impedito di riconoscere al centrodestra la nomina di un suo nuovo rappresentante così come prevede la prassi. Una vicenda che va ben oltre la polemica politica e che è soprattutto istituzionale.

Era il 30 aprile quando Vaccarella si dimise. Dimissioni maturate dopo alcune improvvide dichiarazioni di ministri e sottosegretari che spiegavano che sulla questione referendum la Corte avrebbe deciso in conformità con gli orientamenti del Governo. Parole pesanti e gravi che gettavano un’ombra sull’autonomia dei poteri dello Stato. A poco valsero le spiegazioni del vicepremier Rutelli e dello stesso presidente del Consiglio Romano Prodi che assicurò “l’assoluta indipendenza della Consulta”.

Anche il presidente della Repubblica Napolitano non mancò di farsi sentire ribadendo “l’autonomia della Corte”. Ma fu tutto inutile, la decisione di dimettersi non cambiò. Da allora nessuna novità. La sedia di Vaccarella è ancora vuota, e ora, a una settimana dalla riapertura dell’attività ufficiale di Camera e Senato la questione ritorna alla ribalta. Infatti tra le varie faccende che Marini e Bertinotti dovranno affrontare alla riapertura ci sarà anche quella di fissare la data dell’ottava votazione.

A riaccendere le polveri ci ha pensato il capogruppo di Forza Italia a Montecitorio, Elio Vito, che senza troppi giri di parola parla di “veti da parte della maggioranza” e di “un centrosinistra indisponibile a riconoscere il diritto del centrodestra a nominare un proprio rappresentante al posto di Vaccarella”. Sta qui una delle prime questioni di quella che sembra essere una vicenda dalla conclusione ancora lontana. Infatti l’elezione dei giudici costituzionali passa attraverso una procedura che prevede maggioranze qualificate. Circostanza che impone un ampio accordo tra maggioranza ed opposizione per la scelta dei nuovi giudici. Ma l’intesa finora non è stata raggiunta, anzi come spiega lo stesso Vito “non c’è mai stata una vera e propria trattativa visto che l’Unione non ha alcuna intenzione di riconoscere al centrodestra il diritto a scegliere un proprio rappresentante in vece di Vaccarella”. Una prassi, quella di indicare un esponente della propria area politica, da sempre in vita e portata avanti senza alcuna perplessità. E infatti Vaccarella, nel lontano 2002, fu nominato in quota Casa delle Libertà in particolare Forza Italia. Così dopo le sue dimissioni si sarebbe dovuto procedere alla nomina di un giudice della stessa area.

Ma stavolta il centrosinistra ha pensato bene di cambiare le regole del gioco. Un ostruzionismo che lo stesso capogruppo si spiega soltanto collegandolo alla vicenda dei quesiti referendari. Infatti la Consulta nei prossimi mesi sarà impegnata nel decidere se  dare il via libera al referendum. E qui scatterebbe la manovra della sinistra che impedendo la nomina di un esponente di centrodestra si assicurerebbe un’ampia maggioranza per influire al momento della decisione sull’ammissibilità o meno dei quesiti referendari. Una strategia che per Vito ha un nome e cognome “Partito Democratico con cui ci si è confrontati e con cui è stato impossibile giungere ad un accordo”.

Tema, quello referendario, che dopo l’uscita del Guardasigilli Mastella potrebbe mettere in pericolo la vita del Governo e della Legislatura. Da qui la strategia di blindare ancora di più la Consulta evitando scherzi. Un atteggiamento che per Vito non pone solo “una questione politica ma anche istituzionale. La verità è che questi veti impediscono alla Corte di riunirsi in plenum obbligandola a lavorare a scartamento ridotto. Da oltre quattro mesi al Palazzo della Consulta si lavora con 13 membri.

Una vicenda che quindi va oltre la dialettica politica e riguarda l’ambito istituzionale”. Tutto ciò fino ad oggi. Dalla prossima settimana si ricomincia con l’auspicio che la maggioranza riconosca davvero i diritti dell’opposizione e si impegni per garantire la piena funzionalità delle Istituzioni.