La Sinistra radicale prepara la battaglia contro Bush
01 Giugno 2007
Ci sono due scuole di pensiero a proposito di come dovrebbero comportarsi il governo e il premier Romano Prodi con il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, che sarà il prossimo 9 giugno a Roma, in visita di stato in Italia.
C’è chi come l’ex sottosegretario agli esteri, Margherita Boniver, chiede che il presidente americano sia ricevuto in Parlamento con tutti gli onori e che da lì possa parlare a tutti gli italiani e c’è chi come il presidente emerito della Repubblica, Francesco Cossiga, con il consueto sarcasmo, scongiura in un’interrogazione l’esecutivo in carica di annullare ogni impegno e ogni incontro previsto per “evitare incresciosi incidenti o anche solo imbarazzanti situazioni, nonchè tensioni all’interno della maggioranza, dannose ad essa ma anche al Paese”. Il tutto perché, in occasione dell’arrivo di Bush nella capitale, si terranno “manifestazioni contro il presidente americano e contro gli Stati Uniti, cui parteciperanno partiti politici che fanno parte della maggioranza che sostiene il Governo e movimenti popolari, laici e cattolici, antiamericani che hanno sostenuto nelle elezioni l’Unione e oggi affiancano il Governo nella vita civile, sociale e politica, e anche perchè altissime personalità istituzionali hanno avuto espressioni sprezzanti nei confronti del presidente George W. Bush”.
A tale proposito si registra il parziale rinsavimento del presidente della Camera Fausto Bertinotti, che ieri ha detto alle agenzie di essere pronto a svolgere il proprio dovere istituzionale, dopo avere nei giorni scorsi al contrario affermato di non sapere se aveva intenzione di stringere la mano al presidente Bush. Gli unici a non avere invece alcun dubbio su quel che ci sarà da fare il 9 giugno (ma forse già da domani per la festa della Repubblica, dove è possibile un antipasto di guerriglia urbana programmata a tavolino durante la sfilata delle Forze Armate che fu ripristinata, come tradizione condivisa, da Carlo Azeglio Ciampi) sono i soliti noti dei centri sociali e della cosiddetta sinistra antagonista. O radicale che dir si voglia. Che da giorni chiamano a raccolta i facinorosi a Roma, dopo che in un’assemblea tenuta lo scorso 18 maggio alla facoltà di lettere a Roma è stato deciso, da Luca Casarini in persona, che “non ci deve essere alcuna zona rossa e che se ci sarà andrà immediatamente sfondata”. Inutile dire che simili decisioni hanno trovato un’immediata sponda in Parlamento, dove il presidente del gruppo di Rifondazione al Senato, Giovanni Russo Spena, e il deputato verde Paolo Cento, si sono trovati immediatamente d’accordo con Casarini.
Tantissime già le adesioni per il ‘no Bush-no war day’. Tra i promotori troviamo i soliti nomi noti e meno noti: Sinistra Critica, Cobas, Cub, Global Projet Network, i Collettivi studenteschi, Action Roma, Rete dei comunisti, Partito comunista dei lavoratori, Partito umanista. A essi si aggiunge, last but not least, il Forum Palestina, specializzato nel supporto a chi brucia bandiere a stelle e strisce e con la stella di Davide, ma anche le Donne in nero, Un ponte per, Emergency. Insomma tutti i militanti duri e puri del pacifismo senza sé e senza ma. Il corteo organizzato avrà come zona off limits tutto il Vaticano e il centro storico intorno a palazzo Chigi.
Come si è detto, Luca Casarini, che sogna un revival del G8 di Genova, garantisce al contrario sfondamenti e disobbedienze organizzate. Di certo le adesioni degli estremisti fioccano alla e-mail [email protected] e i vari disobbedienti da settimane sono in fermento per organizzare il loro d-day. Da ultimo si è aggiunto anche il famigerato Centro sociale milanese di Corso Vittoria, notissimo alle cronache per i disordini provocati durante il G8 di Genova, il G7 di Napoli e altre occasioni del genere. La manifestazione partirà alle ore 15 di sabato 9 giugno da piazza della Repubblica per arrivare fino a piazza Navona. E questa sarà la sua piattaforma politico-esistenziale: “contro la guerra permanente di Bush e contro l’interventismo militare del governo Prodi” , per raccogliere quanto seminato dal movimento contro la guerra degli ultimi anni. Un movimento che si è sempre trovato unito nel chiedere il ritiro delle truppe italiane dai fronti di guerra, che ha sempre contrastato l’aumento delle spese militari, che recentemente si è stretto attorno a Emergency continuando a chiedere la liberazione di Hanefi. Un movimento solidale con il popolo palestinese e con il suo diritto alla terra dopo quarant’anni di occupazione israeliana. Un movimento che contrasta l’avallo italiano allo scudo missilistico USA e che il 17 febbraio scorso ha manifestato compatto contro la decisione del governo italiano di autorizzare il raddoppio della base Usa a Vicenza”.
Il linguaggio bellicoso dei comunicati stride con il presunto pacifismo: si parla di “inimicizia militante contro Bush”, si definisce lo stesso Prodi “un guerrafondaio” e si diffidano le Ferrovie dello Stato dal far pagare i biglietti ai manifestanti che raggiungeranno Roma. Si chiedono in proposito precise garanzie: “Crediamo che debba essere garantito il diritto a manifestare senza limitazioni già a partire dalle città da cui si prepara la mobilitazione, per questo chiederemo con forza nei prossimi giorni alle Ferrovie italiane, e alle autorità politiche competenti, di farsene garanti; nel paese dei privilegi e dei costi della politica che sia almeno concesso il diritto di partecipare a una manifestazione nazionale.” Insomma, ce la daranno loro l’“antipolitica”.