La sinistra toglie ai proletari anche la prole
04 Gennaio 2016
Caro Occidentale,
dopo duemila anni di Cristianesimo e secoli di lotta per l’emancipazione delle donne e di rispetto sempre e comunque per la vita umana, grazie al Governo Renzi ed al Pd rischiamo di fare un salto indietro nella Storia riprendendo discussioni che avevano coinvolto e appassionato già i giuristi romani.
Nella Roma repubblicana si domandavano infatti se il bambino nato da una schiava, dato in usufrutto, dovesse considerarsi frutto, spettandone la proprietà all’usufruttario, o qualcosa di diverso, appartenendo comunque al nudo proprietario.
Nel II° Secolo A.C., il giurista Bruto aveva definito “ripugnante” qualificare come “frutto” il parto della schiava. Quinto Muzio Scevola, nel I° Secolo A.C., risolse la questione stabilendo che il parto della schiava non andava ritenuto un frutto al pari di quello degli animali e dei prodotti agricoli.
Addirittura, in un successivo testo della compilazione Giustinianea, sotto l’influenza del Cristianesimo si giustificava la negazione della qualifica di frutto al parto della schiava per evitare che taluno acquistasse e tenesse le schiave per adibirle al compito specifico della procreazione.
Ogni riferimento alle discussioni sulla schiavitù non è puramente casuale perché con la pratica dell’utero in affitto gli arroganti e potenti ricchi dell’Occidente di oggi si procurano i bambini attraverso nuove forme di schiavitù fondate sullo sfruttamento, la disperazione, la povertà o il bisogno di denaro.
Approvato il disegno di legge Cirinnà, diventerà una realtà quello che persino i paganissimi giuristi romani definivano “ripugnante”, con le coppie gay italiane che potranno andare all’estero a procurarsi il “frutto” della gestazione altrui, in ossequio alla modernità geneticamente sano e bello, in caso contrario da eliminare secondo le clausole contrattuali, per portarlo poi in Italia e farlo diventare loro figlio adottivo.
Paradosso dei paradossi è la sinistra comunista ed ex comunista che si vanta di arrivare a rubare ai proletari, in nome dei quali per un secolo ha predicato la rivoluzione, persino l’unico bene che possedevano, la prole, a sua volta privata del diritto di avere un padre e una madre con i quali crescere.
Carlo Giovanardi