La solitudine dei candidati abbandonati

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La solitudine dei candidati abbandonati

07 Marzo 2008

Correre,
oppure non correre: ma rigorosamente da soli. Se il PD di Veltroni aveva
annunciato l’intenzione di non apparentarsi con altre forze in vista delle
prossime elezioni, per poi variamente desistere, c’è chi invece ha tenuto fede
al suo proposito, insistendo sulla propria orgogliosa solitudine: anche quando
questa ha finito per costargli cara. E’ questo il quadro che la televisione elettorale
ha restituito in questa settimana, l’ultima prima dell’inesorabile calata dei
cancelli della par condicio – sia pure rivista e corretta dagli ultimi
pronunciamenti della Commissione di Vigilanza. Boselli, Ferrara, Mastella,
apparsi in modi e tempi diversi sul piccolo schermo, hanno marcato in questi
sette giorni una distanza non solo politica, ma soprattutto semiotica, dagli
altri protagonisti della campagna elettorale.

Faceva
una certa impressione vedere l’Elefantino, ospite della sua stessa creatura
serale su La 7, di fronte alla Armeni e a Pace: la compagnia (a distanza) di
Paola Bonzi segnava ancora più marcatamente un isolamento – personale,
politico, ideale – che si è dimostrato via via più insuperabile. A nulla sono
valse le lusinghe dei centristi di Casini, che avevano prospettato a Ferrara
una palese convergenza di obiettivi: dopo il diniego del PdL, che egli considerava
il suo approdo naturale (e che ha in effetti recepito nel programma l’istanza
di difesa della vita sin dal concepimento), Giulianone ha preferito evitare
strumentalizzazioni di qualsiasi tipo, candidandosi con il suo simbolo alla
sola Camera per non ostacolare il voto tutto politico del Senato.

Così
come faceva impressione ascoltare la voce mesta di Mastella, intervistato nello
studio di Tg2 Punto di Vista, ancor prima dell’annuncio che a questo giro
avrebbe passato la mano. Se pure non l’avesse ammesso lui stesso a qualche ora
di distanza, sarebbe bastato osservare il suo contegno sommesso e rassegnato
per rendersi conto della sconfitta consumata in anticipo, frutto di uno scontro
che ha preceduto – e in qualche misura deciso – le prossime elezioni. Tutto
nell’ex ministro della Giustizia di fronte alle telecamere denunciava la
cocente delusione, motivata tra l’altro dall’abbandono di numerosi compagni di
partito; ma anche la determinazione a conservare una dignità che sarebbe stato
peggio mettere in gioco – come altri hanno fatto – fingendo di avere qualche
chance come candidato premier.

Ultimo,
ma solo cronologicamente, ha scelto la solitudine Boselli, che già si era
distinto conservando il simbolo del proprio partito, invece di annegarlo nel mare magnum del PD. La puntata di ieri
sera di “Porta a porta”, in base a una delibera dell’AGCom, doveva fungere da
riparazione per la scarsa presenza di esponenti socialisti nelle tribune politiche
televisive svolte finora; ma Boselli ha rifiutato di considerare l’invito
ricevuto da Vespa come un ravvedimento sufficiente, e ha abbandonato lo studio
della “terza camera”, per recarsi a dirigere la protesta organizzata dai suoi
compagni di partito (tra i quali Gianni De Michelis) fuori dagli studi di via Teulada.
Tre uomini diversi, tre modi di fare politica che non potrebbero essere più
lontani, tre ordini di motivazioni e obiettivi assolutamente estranei gli uni
agli altri: accantonati dalla politica, che dell’amor proprio, della serietà,
del rigore spesso non sa che farsene, in questa settimana ci sono stati
restituiti dal tubo catodico, vicini almeno nel rispetto che la loro orgogliosa
solitudine ha dimostrato di meritare.