La sorpresa delle primarie del GOP potrebbe essere Richard ‘Rick’ Perry

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La sorpresa delle primarie del GOP potrebbe essere Richard ‘Rick’ Perry

06 Agosto 2011

Di norma le primarie statunitensi sono avvincenti, guarnite da tante posizioni diverse quanto sono le anime del partito (dipende poi da chi alberga alla Casa Bianca) e piene di colpi di scena. Detto ciò, le primarie Repubblicane appena iniziate appassionano poco e mancano di qualcosa. Sarà l’inevitabile segnale del declino statunitense? Probabilmente, no. Magari è solo troppo presto perché si assista già ai divertenti colpi bassi tra candidati, alle discese in campo a sorpresa, alle rinunce a seguito dei piccoli e grandi scandali che rovinano la corsa di questo o di quel candidato. O magari la ragione è un’altra: il favorito di oggi è uno senza narratica, che non entusiasma un granché.

D’altronde lui le primarie le ha perse nel 2008 contro John McCain: si tratta di Mitt Romney. Dell’ex-governatore del Massachusetts si già detto molto. Per esempio che, a oggi, è il candidato Repubblicano che ha raccolto più fondi per la campagna elettorale in corso e che guida i sondaggi (non è dato sapere ancora per quanto). C’è poi la rappresentante alla House of Representatives, Michele Bachmann, la "figlia preferita" dell’Iowa e beniamina dei Tea party. Vero candidato a sorpresa sinora.  Sarah Palin, l’ex-governatore dell’Alaska, su cui aleggia la domanda delle domande: "Scenderà in campo? Non scenderà?" Alcuni dicono di sì, altri sono convinti del contrario. Poco importa adesso. Perché oggi è il giorno del ‘non candidato’ più forte che c’è. Uno il cui nome vola già in alto nei sondaggi di queste ultime settimane, senza aver neppur annunciato che si candiderà.

Si chiama Richard “Rick” Perry ed è il governatore del Texas dal 2001 (da quando successe a George W. Bush divenuto presidente). Aitante 61enne (gliene dai sei di meno), cristiano metodista, Repubblicano doc, pro-life e a suo agio con un fucile in mano (un governatore Rpubblicano del Texas difficilmente sarà uno in favore di programmi di Arm control), Perry vanta un bilancio di governo di tutto rispetto. Per dare il senso di chi sia Rick Perry oggi, dal punto di vista politico, val la pena di richiamare quello che di lui ha recentemente detto Charles Krauthammer, una dei commentatori più ascoltati nei media conservatori statunitensi: “Perry potrebbe arrivare nella corsa (per le primarie Repubblicane) con tanta esperienza da governatore e molti risultati di governo da spendere. E’ molto capace ad attrarre i ‘social conservatives’  nel partito Repubblicano. Per giunta il Texas ha ottenuto dei buoni risultati in economia negli ultimi anni. Basti pensare che il 37% dei nuovi posti di lavoro nati nel post-crisi in tutti gli Stati Uniti, sono stati creati proprio nel suo Stato. E poi ha un sacco di soldi. Se si mettono insieme tutti questi dati, hai uno sfidante di tutto rispetto contro Romney”. 

Due profili politici, quelli di Perry e Romney, che al massimo condividono un taglio di capelli simili a quello dell’ex-presidente Ronald Reagan (il noto presentatore della Fox Bill O’Reilly ha lanciato il parallelo con i Reaganhair). Insomma un’eventuale scesa in campo di Perry potrebbe rappresentare un colpo di scena pieno di conseguenze, non foss’altro perché priverebbe gli altri contendenti dei voti delle primarie in Texas, dove è evidente che il governatore Perry avrebbe gioco facile. Ma anche nella Bible Belt, ovvero in quegli Stati del sud che vanno dalla Florida proprio al Texas ove vive una significativa maggioranza di popolazione cristiana protestante, Perry potrebbe attrarre significativi settori di elettorato Repubblicano.

Perry non è amato particolarmente dai Tea Party, specialmente per le sue posizioni in materia di immigrazione. In una recente intervista a un quotidiano locale del New Hampshire, TheUnionLeader, Perry ha difeso il suo Dream act, la legge da lui voluta che permette ai figli di genitori immigrati illegalmente negli Stati Uniti di usufruire di fondi pubblici per il raggiungimento della laurea a condizione che si laureino in un’università del Texas. Una posizione non dissimile culturalmente a quella del suo predecessore a Austin, capitale dello Stato “da una sola stella”, George W. Bush.

Perry non può essere tacciato di essere un anti-religioso. L’istituzione della “giornata della preghiera” voluta dal governatore del Texas, definisce chiaramente che ruolo pubblico egli attribuisca alla fede. Eppure Perry è anche lo stesso che non ha problemi a definire la scelta dello Stato di New York di darsi una legislazione per i matrimoni omosessuali, come una “legittima prerogativa” dello Stato della East Coast, una posizione che gli ha fruttato già qualche critica da qualche settore Repubblicano.

‘Fiscal conservative’, ovvero anti-statalista e basse tasse (negli Stati Uniti vuol dire più o meno “spendi il meno possibile, spendi bene e indebitati il meno possibile”), da governatore ha Perry ha tagliato il budget texano 2010 di una cifra di poco inferiore del 10%  rispetto all’anno fiscale 2009, pur avendo già i conti a posto. Dopo tutto, il Texas non rischia di certo di andare in default com’è accaduto recentemente allo Stato del Minnesota.

Comunque si definisca l’identità di Perry, la sua molto probabile scesa in campo, avrebbe non solo il merito di ridare slancio alle primarie Repubblicane (e forse anche al GOP emerso maluccio mediaticamente nella gestione delle negoziazioni sull’accordo sul tetto al debito), ma renderebbe finalmente chiaro che genere di scontro – e soprattutto tra chi – prenderà corpo dentro il campo Repubblicano. Mitt Romney, certo. Michele Bachmann, la beniamina del Tea Party. Sarah Palin? Non si può dire, ma se decidesse di buttarsi nella mischia finirebbe col sbranarsi con la Bachmann per lo stesso elettorato di riferimento, quello del Tea party. E poi, Rick Perry. D’altronde può contare su buoni fondi, ha un bilancio di governo da spendere, ed è pure fico. Se non è questo un buon candidato?