La sottile linea rossa che unisce Obama a Eluana
18 Novembre 2008
La posizione assunta dal Cardinale Bagnasco sulla legge di fine vita aveva sorpreso molti. Ora la sentenza della Corte di Cassazione su Eluana Englaro – Terri Schiavo italiana lasciata morire di stenti – chiarisce definitivamente – in chiaro scuro – la posizione della Chiesa: si tratta di difendere la vita anche dalla giurisprudenza e dalle Corti di Cassazione. Il 22 settembre scorso, parlando al Consiglio permanente della CEI, Bagnasco aveva detto che si era venuta a creare una nuova situazione, “in seguito a pronunciamenti giurisprudenziali che avevano inopinatamente aperto la strada all’interruzione legalizzata del nutrimento vitale, condannando in pratica queste persone a morte certa”. Tale situazione, dopo la sentenza della Corte, si è definitivamente e stabilmente determinata. Il cardinale auspicava una legge di ampio consenso a tutela della vita, che non togliesse al medico la propria responsabilità morale, che non prevedesse l’autodeterminazione circa la vita e la morte propria del “testamento biologico” e che garantisse alimentazione e idratazione. L’allora segretario Betori chiarì in seguito che una legge sul fine vita è auspicabile “nella direzione però della salvaguardia della vita stessa, non della disponibilità della persona a mettere fine alla propria esistenza”.
Le parole di Bagnasco furono fraintese. Il 23 settembre Giuliano Ferrara pubblicava un editoriale dal titolo “Eminenza, qui la cosa non funziona”. Quella di Bagnasco sembrava una resa. Era invece l’avvertimento di un nuovo kulturkampf cui la Chiesa italiana si preparava a reagire. Il cardinale Ruini aveva orientato verso l’astensione in occasione del referendum sulla Legge 40 relativa all’inseminazione artificiale extracorporea. Ora il cardinale Bagnasco propone invece l’intervento. In ambedue i casi non si tratta di rassegnazione, ma di lotta culturale. E’ certo che in questo modo si corre il rischio di ottenere il risultato opposto, ossia che si faccia una cattiva legge che di fatto apra al “testamento biologico”. Dopo la sentenza della Cassazione, infatti, tutti hanno invocato una nuova legge, chi per impedire in futuro la sospensione “ex lege” dell’alimentazione, chi per garantirla. Si apre quindi una partita culturale e politica di prima grandezza.
Il 14 novembre scorso, Richard John Neuhaus ha scritto per “First Things” una acuta Nota sul Kulturkampf incipiente negli Stati Uniti d’America. Se Obama farà quanto dice di voler fare, lo stesso primo giorno di presidenza egli firmerà il FOCA, il Freedom of Choice Act, con cui verranno eliminate le limitazioni all’aborto, invero assai modeste, ancora previste dagli Stati, obbligando – a meno di una revisione dell’attuale testo – anche gli ospedali e le cliniche di ispirazione religiosa.
Neuhaus dice che, davanti a questo vero e proprio Kulturkampf aggressivo, i cattolici, unitamente ai protestanti, dovranno reagire, e Obama, che si è proposto come campione dell’unità nazionale, registrerà uno dei periodi di maggiore divisione tra gli americani. La Chiesa non sceglie facilmente – continua Neuhaus – per la contrapposizione verso la cultura del proprio paese. Anche durante l’esilio di Babilonia, il profeta Geremia invitava i figli di Israele a cercare la pace nella terra d’esilio. Ma davanti ad un vero e proprio Kulturkampf, la Chiesa rammenta che per essere utili alla terra d’esilio non si deve dimenticare la Nuova Gerusalemme.
Dopo la sentenza della Cassazione, anche in Italia il Kulturkampf si è fatto più virulento e la fedeltà alla Gerusalemme celeste diventa l’unica garanzia per la Chiesa di essere veramente utile alla terra d’esilio, in questo caso l’Italia. La laicità consiste non solo nel considerare la religione utile, ma nel darle la possibilità di essere utile alla sua terra d’esilio nella fedeltà alla Gerusalemme celeste. Ecco, quindi, la scelta di Bagnasco, parallela e coerente a quella lasciata presagire dai vescovi americani nella loro recente assemblea di Baltimora. Una cosa è certa: non sarà una passeggiata.