La spending review on line di Monti funziona se non è solo un censimento

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La spending review on line di Monti funziona se non è solo un censimento

La spending review on line di Monti funziona se non è solo un censimento

04 Maggio 2012

In questi giorni il taglio della spesa pubblica, altrimenti noto con la locuzione inglese spending review, sta riscuotendo un enorme successo su tutti i giornali economici nazionali. Cavallo di battaglia del ministro Giarda, al quale va riconosciuto il merito di aver introdotto anche in Italia questa attività di monitoraggio sistematico della spesa, già intrapresa da altri governi europei, in primis dal Regno Unito, l’intero processo di selezione e riduzione delle spese inefficienti rientra a pieno titolo nel novero delle determinanti che portano al successo dell’operazione di consolidamento dei conti pubblici iniziata sotto Tremonti e proseguita da Monti. Come ha ricordato anche Mario Draghi, il risanamento delle finanze nazionali deve passare per la maggior parte dal taglio della spesa, piuttosto che dall’aumento della pressione fiscale, la quale ha peraltro già raggiunto valori del tutto insostenibili nel lungo periodo.

Da questo punto di vista, l’Occidentale ha sempre precorso i tempi nel sostenere la necessità di ridurre la spesa pubblica, soprattutto quella improduttiva, dando vita al progetto internet YouCut. Prendendo a modello l’idea avuta dal senatore repubblicano Eric Cantor negli Stati Uniti, con questa iniziativa abbiamo chiesto ai nostri lettori di inviarci delle proposte di taglio alla spesa pubblica, da effettuarsi non sulla base emotiva dell’anti-politica, ma su quella più costruttiva della razionalità dell’intervento, da motivare adeguatamente, e con la ferma volontà di trovare dei politici volenterosi di discutere ed attuare nelle sede istituzionali le migliori proposte pervenute.

Per questo motivo, non possiamo che accogliere con favore la decisione del Governo di utilizzare un’idea simile alla nostra sul suo sito internet, dove, attraverso un modulo, i cittadini possono far pervenire le loro proposte di razionalizzazione della spesa. Parte della stampa ha accolto con scetticismo, ed anche con un pizzico d’ironia, questa decisione, accusando Monti di chiedere ai cittadini di fare ciò che lui dovrebbe avere già in testa di fare. Questa lettura ci sembra un po’ ingenerosa, perché pensiamo che il processo di dimagrimento dello Stato debba essere caratterizzato da un livello elevato di coinvolgimento sociale, nel rispetto del principio della sussidiarietà, per via del quale nessuno, meglio di chi vive il territorio, è in grado di conoscere e giudicare sull’operato dei propri amministratori.

Certamente, con questa operazione il governo si è spogliato della sua algida veste di tecnocrate ed ha assunto sembianze più umane. E questo è da vedersi favorevolmente. A due condizioni.

La prima è che a questa operazione di censimento delle inefficienze seguano poi opportuni tagli e che questi siano ingenti. A quel punto, sarà l’Esecutivo a dover assumersi la responsabilità di decidere dove e quanto tagliare, avendo il dovere di non guardare in faccia a nessuno. La seconda, è che il processo di spending review non si arresti davanti alla soglia dei palazzi del potere. La vecchia idea che gli organi costituzionali (Parlamento, Quirinale, Corte Costituzionale) non possano essere toccati dal processo di revisione della spesa, in base al principio della loro autonomia finanziaria, non può più essere accettata. Se il Ministero dell’Economia non può per legge intervenire sui bilanci di questi organi , è necessario che lo facciano direttamente i responsabili delle amministrazioni interessate.

Non è accettabile avere un palazzo presidenziale che costa agli italiani 228 milioni di euro l’anno, il doppio di quello che la Casa Bianca costa ai cittadini americani e quattro volte quello che costa Buckingham Palace ai cittadini inglesi, con dipendenti che guadagnano cifre da amministratore delegato di una media società. Ben inteso, non è dimezzando il personale del Quirinale o tagliando lo stipendio di qualche giudice costituzionale che si risollevano le sorti della finanza pubblica. Ma è la somma delle riduzioni che porta al risultato e, in ogni caso, è un segnale morale che deve essere dato.