La stampa britannica “studia” la conversione di Blair
22 Giugno 2007
Per l’Independent è “certo”: Tony Blair si convertirà al cattolicesimo dopo l’addio alla carica di Primo Ministro. E’ probabile che incontri il Papa oggi stesso, vertice UE permettendo. E si tratterebbe della sua terza visita in Vaticano in soli quattro anni. Ma per quanto riguarda l’annuncio della conversione, bisognerà aspettare i giorni seguenti il suo ritiro politico (27 giugno). Secondo i collaboratori più stretti di Blair, certamente non si tratta di una sorpresa. Spesso il Primo Ministro aveva espresso la sua ammirazione per la fede cattolica. E, secondo alcuni, avrebbe perfino ricevuto la comunione da Giovanni Paolo II.
Ma perché Blair si identifica con il cattolicesimo? E, soprattutto, perché si converte proprio dopo la fine della sua premiership?
Con l’annuncio della conversione sembra si sia voluto semplicemente formalizzare una relazione già molto stretta con il mondo cattolico. Prima di diventare Primo Ministro infatti, Blair prendeva parte regolarmente alle funzioni religiose nella comunità di Islington (Londra settentrionale). E considerato che la sua famiglia e i suoi quattro figli sono di fede cattolica, la stampa inglese ipotizza che la guida “spirituale” di Blair sia proprio sua moglie Cherie. Uno “stacco” con la comunità di Islington a dir la verità, c’è stato. Nel 1996 dopo un intervento del Cardinale Hume – allora capo della Chiesa cattolica in Inghilterra – Blair aveva smesso di frequentare le funzioni religiose: il Cardinale Hume pare infatti non apprezzasse che Blair come anglicano, si facesse coinvolgere in quel modo dalla Chiesa cattolica. Ma perché allora, a quel punto, Blair non si convertì?
Il quotidiano Daily Telegraph ipotizza invece che Blair non abbia cambiato fede a causa del suo coinvolgimento nel processo di pace dell’Irlanda del Nord che nel suo primo mandato (1997-2001) rappresentava appunto la vicenda più difficile da gestire. Già molti protestanti dell’Irlanda settentrionale infatti non si fidavano del nuovo primo ministro laburista e una conversione al cattolicesimo in quel periodo avrebbe reso la sfida ancora più difficile. Inoltre, il Daily Telegraph ritiene che per un leader laburista sarebbe stato a dir poco problematico preservare i valori cattolici (il partito difende maggiori diritti per gli omosessuali, la ricerca sulle cellule staminali e il diritto d’aborto). Insomma, per il Daily Telegraph, Blair avrebbe evitato la conversione per ragioni politiche.
L’Independent invece, pensa che alla base della “non-conversione” ci siano potuti essere motivi legali. Il giornale mette in evidenza i problemi storici tra l’Inghilterra e il Vaticano. Tanto è vero che dopo la rottura rappresentata dalla “rivoluzione gloriosa” (e anti-cattolica) del 1688, i Papi non hanno più riconosciuto i re inglesi. In seguito, lo stato inglese ha discriminato i cattolici nel paese scatenando una drammatica diminuzione della confessione nel paese. Solo dopo il 1766, quando il Vaticano ricominciò a riconoscere la casa reale d’Inghilterra, le leggi discriminatorie sono state gradualmente smantellate. Dal 1829 poi, i cattolici sono stati ammessi al Parlamento. Anche se una legge dello stesso anno, mai abrogata, prevede che nessun consigliere del monarca possa essere cattolico. Ma siccome costituzionalmente, il primo ministro non è altro che un consigliere, alcuni giuristi ritengono (ancora oggi) che il primo ministro non debba essere cattolico. Un ragionamento definito dallo stesso Indipendent un po’ “vecchio”, ma che potrebbe avere un fondo di verità. Come dire: meglio non incappare in ostacoli di carattere costituzionale in nome del diritto di governare.
Una cosa però è certa. La religione è oggi, come in passato, un elemento importante della vita di Blair. Dopo il suo ritiro, il Primo Ministro britannico ha infatti già detto di volersi impegnarsi nel dialogo tra le religioni.