La Storia d’Italia di Quagliariello in dodici romanzi

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La Storia d’Italia di Quagliariello in dodici romanzi

La Storia d’Italia di Quagliariello in dodici romanzi

23 Ottobre 2024

Cosa ci svelano dodici romanzi sulla storia d’Italia che gli archivi storici non ci hanno ancora raccontato? Gaetano Quagliariello, con il suo Storia d’Italia in dodici romanzi (Rubbettino, 2024), compie un’ambiziosa operazione culturale, riscrivendo la storia d’Italia dall’Unità agli anni di piombo (1860-1980) attraverso le voci di narratori “grandi e meno grandi”. Non è una lezione accademica né un trattato storico-letterario, come osserva Vittorio Macioce sul Giornale, ma piuttosto una conversazione intima, “seduti davanti a un fuoco, immaginando un pomeriggio d’autunno”, circondati da lettori curiosi, non solo studenti.

Con uno stile agile e a tratti ironico, Quagliariello ci guida attraverso romanzi come Il Gattopardo, l’Imperio, Il diavolo a Pontelungo, Un anno sull’Altipiano, Almeno il cappello e la Spartizione, La Storia, Il partigiano Johnny, l’Orologio, Gli anni del giudizio, Todo modo, Il fasciocomunista, seguendo un cammino nascosto che alla fine rivela “un destino, uno di quelli possibili, di quelli che, bene o male, chiamiamo italiani.”

Quagliariello e la letteratura specchio della Storia

La letteratura, in questo viaggio, diventa lo specchio della Storia. Quagliariello sceglie romanzi che, come un prisma, riflettono le trasformazioni dell’Italia moderna e contemporanea, con uno sguardo obliquo e rivelatore. Queste opere si trasformano in luoghi della memoria collettiva, dove si esprime la coscienza di un popolo.

Il primo a farsi avanti è il principe Salina de Il Gattopardo, che in Tomasi di Lampedusa rappresenta non solo la fine di un’epoca, ma l’eterno ritorno della Storia, con il celebre adagio “tutto cambi affinché nulla cambi”. Il distacco critico del principe verso la sua epoca coglie uno dei tratti più profondi della politica italiana: il trasformismo. Questo senso di disillusione permea molti dei romanzi scelti da Quagliariello: la politica, pur animata da grandi ideali, si riduce spesso a un teatro di compromessi, speranze tradite e delusioni. In romanzi come L’Imperio di De Roberto e Todo Modo di Sciascia, il potere si nutre di corruzione e peccati nascosti, deformando ogni altro valore.

Romanzi come luoghi della memoria

Quagliariello ci mostra dunque come la letteratura divenga un “luogo della memoria”, secondo la lezione di Pierre Nora: la storia d’Italia non si conserva solo nei documenti ufficiali, ma si intreccia con le storie di chi l’ha vissuta, mescolando illusioni, utopie e tradimenti. Un esempio emblematico è La Storia di Elsa Morante, dove la Seconda Guerra Mondiale, la Liberazione e il Dopoguerra non hanno nulla di eroico, ma fanno da sfondo a vite spezzate, spesso invisibili agli occhi degli accademici. La quotidianità straziante dei tanti italiani che hanno attraversato l’orrore senza comprenderlo, ecco la storia nelle storie, quella delle persone comuni più che delle date scolpite nei monumenti.

Allo stesso modo, altri romanzi scelti da Quagliariello, come Il partigiano Johnny di Fenoglio e Il fasciocomunista di Pennacchi, raccontano le illusioni tradite del Novecento. La narrativa, in questo contesto, diventa una lente attraverso cui leggere l’eterna lotta tra gli ideali di cambiamento e il crudele risveglio della Storia, tra grandi ambizioni e piccoli fallimenti.

La storia italiana tra ironia e amarezza

L’Italia che emerge dalle pagine del professor Quagliariello è un Paese che non smette mai di guardarsi allo specchio con un misto di malinconia e orgoglio. La letteratura, ci suggerisce l’autore, è uno strumento potentissimo per comprendere meglio il passato, interpretarlo e riflettere su chi siamo diventati. Le narrazioni sono molto più che semplici storie: sono il deposito vivente della nostra memoria collettiva, capaci di dirci ciò che i fatti, da soli, non possono spiegare.

E alla fine di questo viaggio resta un sorriso, agrodolce: l’Italia, con i suoi cicli infiniti di speranze e disillusioni, è rimasta la stessa. Quagliariello ha scelto di raccontarla così, con uno sguardo in cui si mescolano ironia ed amarezza.