La strana maggioranza va in pezzi sulle nomine Rai. Fini attacca Schifani
05 Luglio 2012
A Viale Mazzini sono preoccupati. A Palazzo Madama sono infuriati. Si sfiora perfino la crisi istituzionale. Sul rinnovo del Cda Rai va in scena uno psicodramma con annesso affondo di Fini contro Schifani.
Nel fuoco di fila di critiche, polemiche, inviti al commissariamento, finisce la seconda carica dello Stato per aver sostituito in Commissione Vigilanza Paolo Amato, un senatore del Pdl con Pasquale Viespoli, collega di Coesione Nazionale. L’antefatto: Viespoli aveva rivendicato la rappresentanza in Commissione per il suo gruppo (ormai da un mese e con reiterate richieste); Amato aveva espresso l’intenzione di votare un candidato della società civile e non quello indicato dal partito. Nelle ricostruzioni concitate del momento circolava anche quella delle dimissioni dal gruppo Pdl poi smentite dal diretto interessato. I vertici parlamentari ne prendono atto e – come prassi vuole – Gasparri indica a Schifani il nome di Viespoli, ex An ed ex fedelissimo di Fini.
A tarda sera, dopo una ridda di comunicati, botta e risposta, accuse e controrepliche, arriva l’affondo del presidente della Camera che solleva dubbi sull’operato del presidente del Senato. “Schifani ha ravvisato l’urgenza di intervenire solo oggi perchè era chiaro che la libertà di voto di Amato avrebbe determinato un esito della votazione non gradito al Pdl?”, si domanda in modo retorico per poi aggiungere: “Se così fosse, saremmo in presenza di un fatto senza precedenti e di inaudita gravità politica”.
Non solo: Fini chiede a Schifani di chiarire, proprio come fa il segretario del Pd, Pierluigi Bersani e tutto il centrosinistra, con Casini che definisce l’azione di Schifani “lunare”. Il presidente del Senato non ha intenzione di farsi cuocere sulla graticola e in una lettera a Zavoli, presidente della Commissione, si dice “sereno” e spiega di aver agito per impedire che “la Vigilanza Rai compisse atti viziati da illegittimità”. Perché “in seguito al ricalcolo proporzionale dei 20 seggi spettanti ai gruppi di Palazzo Madama è risultato che il gruppo del Pdl dovesse rinunciare a un componente”. Componente indicato proprio in Amato, che nella mattinata di ieri aveva affermato di voler votare per un candidato non di area. Lo stesso Amato confermerà poi la correttezza dell’operato di Schifani. Il Pdl fa quadrato: “Non accettiamo alcuna critica, a maggior ragione da parte di chi, in pieno esercizio del suo alto ruolo istituzionale, ha fondato un partito”, ammonisce Angelino Alfano.
L’ultimo comunicato al fulmicotone della giornata arriva dalla presidenza della Camera e contiene nuove bordate contro il Pdl: “Reazioni isteriche che non fanno altro che confermare i sospetti”. Insomma, Fini ci va a gamba tesa, stavolta senza filtri istituzionali. Con una contraddizione di fondo: concentra accuse, domande retoriche e sospetti sulla tempistica del caso Amato e l’operato di Schifani. Forse al fondo di tutta questa storia chissà che non ci sia l’incarico a Viespoli che da Fli e da Fini se n’è andato sbattendo la porta. Il vicepresidente dei senatori Pdl Gaetano Quagliariello la mette giù così: “Fini ha iniziato la campagna elettorale”.