La strategia di Hamas: 10 anni di tregua prima di distruggere Israele

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La strategia di Hamas: 10 anni di tregua prima di distruggere Israele

16 Maggio 2009

Il Times ha realizzato un’intervista di cinque ore al leader di Hamas nel suo quartier generale a Damasco. Incredibile a dirsi, sembrerebbe che intenda offrire un piano di pace con una soluzione a due-stati. Ma con un’eccezione. L’offerta non prevede la pace vera e propria, quanto piuttosto una tregua con una scadenza di dieci anni. E ciò significherebbe che dopo che Israele si sarà irrimediabilmente indebolito, a causa dell’insediamento al suo interno di milioni di rifugiati arabi ostili, e dopo un decennio in cui Hamas avrà affinato le proprie armi entro uno stato palestinese che restringerebbe il territorio di Israele ad un’ampiezza di otto miglia – Hamas darebbe nuovamente inizio alla guerra contro uno stato che rimane decisa a voler estirpare.

Esiste una definizione adatta per una pace di questo genere: la pace della tomba.

Gli occidentali possono anche essere degli stupidi, ma Hamas non lo è. E vede chiaramente le proposte che la nuova amministrazione americana sta avanzando a Iran e Siria. Vede che l’Europa, guidata dalla Gran Bretagna, inizia ad accettare Hezbollah. Vede se stessa come la prossima della lista. E sa bene cosa fare. Yasser Arafat ha scritto la strategia di gioco.

Con gli accordi di Oslo del 1993, Arafat ha mostrato quali potessero essere i risultati ottenibili con un finto trattato di pace con Israele – il riconoscimento diplomatico universale, miliardi di dollari in aiuti, ed il controllo di Gaza e della West Bank, che lo stesso Arafat ha trasformato in un campo armato. In cambio di una firma, è riuscito a creare nei territori palestinesi la capacità di portare avanti contro Israele quella guerra che gli stati arabi avevano iniziato nel 1948, ma che avevano abbandonato dopo l’inferno di sangue nella Guerra dello Yom Kippur del 1973.

Meshal si rende conto dell’opportunità che ha di fronte. L’amministrazione Obama, infatti, non sta solamente tendendo la mano ai suoi nemici di sempre nella regione, ma ha anche iniziato il suo mandato puntando il dito contro Israele per l’apparente rifiuto da parte del governo di Netanyahu di accettare una soluzione a due-stati.

Quanto è ampia la scelta tra le false lotte con Israele. Nessun governo israeliano rifiuterebbe una soluzione a due-stati in cui i palestinesi accettassero il compromesso territoriale e una pace autentica con uno stato ebreo (e qualsiasi governo che provasse a farlo sarebbe destituito il giorno stesso). Il ministro della Difesa del governo di Netanyahu, Ehud Barak, ha offerto esattamente un accordo del genere nel 2000. Ha persino proposto di dividere Gerusalemme e di espellere ogni ebreo da ciascun insediamento rimanente nella nuova Palestina. 

La risposta palestinese (per chi lo avesse dimenticato) è stata un secco no. E non è stata avanzata nessuna controproposta. Invece, nove settimane più tardi, Arafat ha dato il via ad una feroce guerra del terrore che ha causato 1.000 vittime tra gli israeliani.

Netanyahu mostra di avere dubbi circa un accordo con lo stato palestinese se prima non ha ben chiaro quale sia il tipo di stato che ne nascerebbe. Questa prudenza di base dovrebbe essere condivisa da chiunque abbia percepito i fatti degli ultimi tre anni. I palestinesi hanno già uno stato, un territorio indipendente senza coloni né soldati israeliani. Si chiama Gaza. E che cos’è? Una base del terrore, dalla natura islamista, alleata dell’Iran, militante ed aggressiva, che ha lanciato oltre 10.000 missili e colpi di mortaio contro i civili israeliani.

Se questo è ciò che lo stato della West Bank è destinato ad essere, sarebbe una follia per Israele o America o Giordania o Egitto o qualsiasi altro paese moderato accettare una simile soluzione a due-stati. Motivo per il quale Netanyahu insiste nel sostenere che l’Autorità palestinese debba prima costruire delle istituzioni – sociali, economiche e militari – atte a definire uno stato che sia realmente in grado di assumersi le proprie responsabilità nel mantenimento della pace.

A parte il fatto che sia ragionevole, lo scetticismo di Netanyahu verso i due-stati è fuori tema. Il suo predecessore, Ehud Olmert, idolatrava il santuario della soluzione a due-stati. Non a caso ha avanzato infinite proposte all’Autorità palestinese proprio per una pace basata su due-stati, ma non ha ottenuto nulla.

Perché? Il motivo è che i palestinesi – risalendo indietro alla risoluzione di spartizione ONU del 1947 – non hanno mai accettato l’idea di vivere fianco a fianco con uno stato ebreo. Coloro che, come il presidente palestinese Mahmoud Abbas, avrebbero potuto accogliere una soluzione del genere, non hanno l’autorità necessaria a farlo. E coloro che, come Meshal di Hamas, detengono quella autorità, non ne hanno alcuna intenzione.

La mossa di Meshal tesa a mascherare una guerra perpetua sotto le spoglie di una pace a due-stati rappresenta un’ulteriore iterazione della tragedia palestinese del rifiuto. Nella sua precedente incarnazione, Arafat ha mantenuto tranquilli Israele e l’amministrazione Clinton con discorsi di pace, mentre in realtà preparava metodicamente la sua gente alla guerra.

Arafat ha atteso sette anni prima di rompere la sua falsa pace. Qual è la novità di Meshal? Gli anni sono dieci – poi ancora sangue.

© Washington Post
Traduzione Benedetta Mangano