La stretta sulle intercettazioni non è un attentato alla libertà di stampa
20 Aprile 2010
La maggioranza tira dritto e depenna un nuovo obiettivo dal capitolo intercettazioni. Ieri pomeriggio, infatti, la Commissione Giustizia al Senato si è riunita per presentare nuovi emendamenti al disegno di legge. In tutto sono 12, dei quali 10 a firma del relatore Roberto Centaro (Pdl) e 2 del sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo.
Una volta approvato l’intero testo, gli emendamenti modificheranno i presupposti in base ai quali il tribunale, e non più il gip, potrà autorizzare il ricorso alle intercettazioni. Ecco quali sono i punti. Primo: retromarcia sui contestatissimi "evidenti indizi di colpevolezza", si ritorna ai "gravi indizi di reato". Unico aspetto, questo, sul quale la maggioranza ha allentato il morso, probabilmente dopo aver considerato i dubbi del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il giro di vite più deciso riguarda le cosiddette intercettazioni "a strascico". Secondo gli emendamenti presentati ieri infatti, le autorità potranno procedere soltanto nei confronti di persone direttamente coinvolte nelle indagini o, in casi eccezionali, di coloro che risulteranno "a conoscenza dei fatti per i quali si procede". Secondo l’attuale norma invece, si può intercettare chiunque abbia conversazioni con i soggetti sospetti pur essendo del tutto ignaro di essere oggetto di controllo da parte delle autorità. E ciò vale sia nei casi di intercettazioni telefoniche che di riprese visive. Altro aspetto: le intercettazioni si dovranno effettuare solo quando si riterranno "assolutamente indispensabili" ai fini della prosecuzione delle indagini.
Ma le novità non finiscono qui. Per intercettare i parlamentari sarà necessaria l’autorizzazione della giunta della Camera o del Senato. Le registrazioni riguardanti i parlamentari dovranno essere immediatamente trasmesse al procuratore della Repubblica che le inserirà in un fascicolo "speciale". Cambiamenti anche sul fronte della durata delle intercettazioni: è stata stabilita un’ulteriore proroga che porta il limite ad un totale di 75 giorni. Dura stretta per chi "fraudolentemente effettua registrazioni o riprese video di conversazioni a lui dirette o comunque effettuate in sua presenza". Per questo si rischieranno da 1 a 4 anni di carcere.
Ma uno dei capitoli più discussi è stato quello che riguarda la pubblicazione delle intercettazioni. Il tema interessa i giornalisti, che dovranno tenere gli occhi aperti e il massimo riserbo: fino a due mesi di arresto o 10.000 euro di multa (che salgono a 20.000 se si tratta di intercettazioni telefoniche) per chi pubblica atti di un processo prima dell’udienza preliminare e, inoltre, la sospensione temporanea dall’esercizio della professione.
Del filo da torcere sarà dato anche alle "talpe" delle Procure, cioè coloro che danno le soffiate ai giornalisti. Il testo dell’articolo del ddl risulterebbe così modificato: "Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque rivela indebitamente notizie inerenti ad atti o a documentazione del procedimento penale coperti dal segreto, dei quali è venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio o servizio svolti in un procedimento penale o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza è punito con la reclusione da 1 a 6 anni di carcere".
Come era prevedibile, le proposte del Senatore Centaro hanno acceso la polemica, con la Federazione Nazionale della Stampa Italiana che ha annunciato di voler scendere in piazza il 28 aprile contro il provvedimento e l’opposizione pronta allo scontro a Palazzo Madama. I senatori Felice Casson e Silvia Della Monica, entrambi del Pd, sono stati d’accordo nel definire i provvedimenti dei "limiti alla libertà d’indagine e a quella d’informazione". Ma Centaro non ha ceduto di un passo: "Gli emendamenti presentati rivelano un’impostazione di base che tende ad evitare quella gogna mediatica che deriva dalla pubblicazione delle intercettazioni sui giornali", ha detto. Ma Della Monica è già sul piede di guerra. Una guerra che l’opposizione è intenzionata a condurre a colpi di emendamenti.
Già, ancora emendamenti. Perché l’iter sulla legge prevede un’altra seduta decisiva, quella convocata per martedì prossimo dal presidente della Commissione Giustizia del Senato, Filippo Berselli. Sarà la seduta in cui verranno illustrati i sub-emendamenti con il parere del governo e del relatore. Il verdetto finale poi, spetterà all’Aula del Senato.