La “supercar” elettrica di Zapatero è solo un grande bluff

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La “supercar” elettrica di Zapatero è solo un grande bluff

26 Aprile 2010

Il collettivismo, di destra ma soprattutto di sinistra, ha da sempre odiato l’automobile come simbolo materiale della libertà, dell’autonomia e della capacità di organizzarsi dell’individuo. Non esiste nulla che contrasti di più con l’ideale collettivista. A differenza delle “scatolette di sardine” del trasporto collettivo – in cui la comodità brilla per la sua assenza, gli odori dei corpi inondano i polmoni, la rotta la stabilisce un burocrate e l’orario lo decide chiunque tranne il passeggero – l’automobile ci permette di godere del confort, di un ambiente sonoro e "aromatico" che più ci aggrada; in poche parole, ci permette di sviluppare i nostri programmi e scegliere una destinazione personale.

Dopo anni in cui abbiamo dovuto sentire che ci sono troppe macchine, che la città deve essere lo spazio esclusivo del pedone, che il trasporto pubblico è la cosa più razionale, che l’inquinamento automobilistico è ormai inammissibile, che il trasporto pubblico di massa aiuta il risparmio energetico e che i combustibili prima o poi si esauriranno, ora ci troviamo con un governo socialista che difende solo un particolare tipo di autoveicoli, quelli elettrici. In realtà, invece di difenderli, cercherà di spingerli con la forza nel nostro garage.

Forse questa descrizione è un po’ esagerata. In realtà i socialisti sono sempre stati dei grandi sostenitori delle auto, a condizione che fossero quelle "blu", con autista incluso, e senza nessun tipo di finanziamento a rate, dato che le paga il contribuente. Amano così tanto le auto "istituzionali" che non passano mai di moda – anche se alla fine hanno sempre l’ultimo modello e la più lussuosa – che, per il momento, continueranno a utilizzarle mentre concederanno il diritto e l’obbligo di avere una macchina elettrica a tutti gli altri comuni mortali.

Ho sempre pensato che un giorno sarebbe arrivato il momento dell’elettrificazione degli autoveicoli. Nell’ultimo secolo, la tendenza all’elettrificazione è stata una costante in quasi tutti i settori: da quello industriale a quello commerciale, ma anche nelle famiglie. La vera ragione non è tanto l’efficienza, bensì la maggiore flessibilità. L’energia elettrica, una volta che si trova nella rete, può essere impiegata in numerosissimi modi, mentre il combustibile che si trova chiuso in un serbatoio ne ha ben pochi. Ciò nonostante, come ha affermato il segretario all’Energia di Obama e premio Nobel per la fisica, l’elettrificazione delle auto comporta vari problemi tecnici ed economici che posticiperanno di vari decenni l’elettrificazione del parco mobile degli Stati Uniti.

Al contrario, Zapatero vuole che tutto questo accada adesso. Una mattina si è svegliato e ha creduto di vedere il futuro. Come succede coi bambini, la sua impazienza non gli permette d’aspettare. Deve succedere ora. Per questa ragione ha deciso di fare un “regalino” di appena 6mila euro a tutti coloro che compreranno una macchina elettrica. E’ chiaro, però, che per poter dare quei soldi ad una persona dovrà prima toglierli a qualcun altro. Dato che per vedere compiuto il suo sogno non solo dovrà creare una domanda di autovetture che, senza il regalino dello stato, non esisterebbe ma dovrà anche coinvolgere i produttori, gli importatori, i rivenditori e molti altri professionisti del settore, Zapatero è disposto a concedere aiuti fino a 590 milioni di euro.

Se riuscirà a collocare tutte le macchine che vuole distribuire entro i prossimi 2 anni, gli aiuti per ciascun veicolo ammonteranno a niente meno che 8.428 euro. Una bazzeccola, verrebbe da dire. Ma ci racconteranno che la manovra ha creato nuovi posti di lavoro "verdi", dimenticando che altri posti di lavoro in cui si realizzavano attività più richieste dai consumatori nel frattempo saranno spariti perché sono state tolte le necessarie risorse finanziarie.

Il prezzo di attuare nel presente qualcosa che probabilmente sarebbe accaduto in maniera naturale fra qualche decennio potrebbe essere enorme. Va sottolineato il fatto che, convinti com’erano che il petrolio si fosse esaurito, hanno dato una spinta del genere alla macchina elettrica: ebbene, se i loro pronostici erano così azzeccati, sarebbe stato sufficiente attendere qualche anno e vedere come si realizzava poco a poco l’elettrificazione, senza rimetterci neanche un euro. La cosa più sconcertante è il modo in cui i socialisti hanno superato il loro storico rifiuto al modello del trasporto individuale.

Qualcuno potrebbe anche pensare che sono riusciti finalmente a superare la loro avversione alla libertà che rappresenta avere una macchina perché, visto che bisogna avere un’auto, quella elettrica rispetta di più l’ambiente. Ma in realtà, l’energia necessaria per ricaricare le batterie avrà bisogno delle centrali elettriche, molte delle quali emettono il tanto odiato CO2 e molti altri gas contaminanti. Per di più, le stesse batterie sono un problema ambientale.

La risposta si trova in quello che il grande economista Ludwig von Mises chiamava “la dinamica dell’interventismo”. Come ha riconosciuto lo stesso ministero dell’Industria, gli ingenti aiuti pubblici alle energie rinnovabili sono proliferati a tal punto che i pannelli solari e le pale eoliche hanno messo in serio pericolo la viabilità tecnica e finanziaria del sistema elettrico spagnolo. Uno dei tanti problemi di queste energie è che producono a seconda del vento e di altre variabili meteorologiche, e non quando la genere vuole consumare. Ad esempio, l’elettricità spesso viene prodotta di notte, proprio quando pochi ne hanno bisogno.

Invece di tornare sui suoi passi, Zapatero ha avuto la brillante idea di puntellare le pale eoliche facendoci consumare l’energia solo quando soffia il vento. E come? Obbligandoci a ricaricare le batterie di notte. Ecco come Zapatero pretende che la sua “Supercar” – che tra l’altro ci costerà non poco – riuscirà a riscattare le sue fantasiose aspirazioni energetiche.

*Gabriel Calzada Álvarez è dottore in Economia e presidente dell’ Instituto Juan de Mariana

Traduzione di Fabrizia B. Maggi

Tratto da Fondazione Magna Carta

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