La Svezia fa i conti con Jimmie Akesson, un po’ Haider un po’ Wilders
22 Marzo 2011
A settembre le elezioni politiche in Svezia hanno prodotto una situazione che era stata preannunciata dai sondaggi: la coalizione di governo di centro-destra guidata da Fredrik Reinfeldt è stata confermata dagli elettori ma ha soltanto sfiorato la maggioranza assoluta, fermandosi al 49,1% e conquistando meno della metà dei seggi in parlamento. A scompigliare le carte è stato il successo storico ma previsto dei Democratici svedesi, giovane formazione politica nazionalista e xenofoba guidata da Jimmie Åkesson, che è arrivata al 5,7% conquistando venti seggi parlamentari.
Già prima delle elezioni Reinfeldt aveva detto che non avrebbe stretto accordi di governo con i Verdi. Stesso discorso nei confronti dei Democratici svedesi. Il mancato raggiungimento della maggioranza dei seggi parlamentari non ha fatto cambiare idea ai partiti che compongono la coalizione e il premier ha formato un governo di minoranza. Così in questi cinque mesi l’esecutivo ha presentato le sue proposte in parlamento: su queste si è votato e a volte è stato battuto.
Le ultime due sconfitte sono arrivate nel giro di una manciata di giorni: prima su una direttiva europea per la memorizzazione dei dati; poi su una materia più delicata come la vendita di quote di alcune aziende statali. Ma a parte qualche inciampo, l’esecutivo non è in bilico. “Le sconfitte in parlamento per il governo Reinfeldt sono state piuttosto poche e non significative: quella sulla vendita di quote delle aziende statali è stata l’eccezione” commenta Leif Lewin, professore emerito di scienze politiche all’università di Uppsala. Normale amministrazione, dunque, in uno stato abituato a questa situazione politica. “Governi di minoranza sono quello che di solito la Svezia ha sempre avuto, al contrario dell’Italia” prosegue il professor Lewin: “Nel corso dei decenni, i governi socialdemocratici di minoranza sono stati i più comuni”. Negli anni, infatti, i Socialdemocratici hanno cercato accordi con il Partito della sinistra e con i Verdi per arrivare ad avere i numeri necessari in parlamento. E lo stesso ha fatto anche l’attuale governo Reinfeldt su particolari questioni, ottenendo l’appoggio dei Verdi nella recente riforma dell’immigrazione e quello dei Socialdemocratici sulla questione delle truppe svedesi in Afghanistan.
Una situazione normale, quindi, nella quale è improbabile che si formi una maggioranza alternativa in parlamento tale da costringere il governo a cadere. Questo per una serie di motivi: il primo è la coesione dell’attuale esecutivo. “Il governo Reinfeldt è un governo forte, del tutto in grado di attuare le riforme” sostiene il professor Lewin. Altro motivo è legato alla condizione dei partiti di opposizione che dopo la sconfitta elettorale di settembre hanno rotto l’alleanza e stanno lentamente riorganizzandosi. I Socialdemocratici stanno per formalizzare l’elezione di Håkan Juholt, il nuovo leader con il quale ripartiranno. L’ago della bilancia, così come nelle ultime elezioni, rimangono i Democratici svedesi. “Se votassero con il resto dell’opposizione (Socialdemocratici, Verdi e Partito della sinistra) il governo andrebbe sotto” dice Karl-Johan Karlsson, giornalista politico del quotidiano Expressen: “ma i Democratici Svedesi non hanno intenzione di votare con questi partiti solo per arrecare danno al governo, piuttosto sembrano votare secondo i loro ideali. E siccome raramente sono d’accordo con gli altri tre partiti, soprattutto quando si tratta di immigrazione, in parlamento le occasioni perché il governo Reinfeldt sia sconfitto sono state finora molto poche”.
La legislatura proseguirà fino alla sua naturale conclusione, quindi, come sostiene il professor Lewin. La situazione più estrema che potrebbe verificarsi è che i Democratici svedesi, anziché una loro proposta sul bilancio (materia che si discute ogni anno a ottobre) decidano di votarne una comune con le sinistre. “In quel caso l’esecutivo dovrebbe governare il paese con un bilancio voluto dall’opposizione” dice Karl-Johan Karlsson ,“ma dal momento che non lo farebbe mai, questo porterebbe a nuove elezioni”. Elezioni che però gli stessi Democratici svedesi non vogliono: il rischio è perdere i seggi parlamentari conquistati a settembre. “Jimmie Åkesson dice sempre ai media che non vogliono votare semplicemente per creare problemi all’attuale governo” conclude Karlsson: “Åkesson vuole far crescere i Democratici svedesi fino al 25% e per farlo devono dare prova di saper essere responsabili.”