La svolta del sindaco dopo il dimissionamento flop

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La svolta del sindaco dopo il dimissionamento flop

10 Marzo 2011

Rosa Russo Iervolino ha sette vite. Politica navigata, procede diverse spanne sopra le teste confuse del cir­co equestre di Palazzo San Giaco­mo, un tendone che in dieci anni l’ha subita come una domatrice, an­che se di leoni in giro non se ne so­no visti, incapaci di ruggire, pronti alla fuga davanti al frustino.

L’ulti­mo atto di Highlander Rosetta, l’im­mortale, ha dell’incredibile. In una manciata di giorni, dopo le dimis­sioni fallite della Armata Brancaleone dei trentuno, è stata capace di an­nunciare ben due provvedimenti epocali. Uno, il cambiamento del piano urbanistico di Bagnoli, atteso da oltre un decennio. L’altro, di ieri, che mette in campo ben 5,5 milioni di euro per il sistema delle piccole imprese, che in tempi di casse disse­state, sono tutt’altro che bruscolini. Insomma, uno zombie.

Su programmi e delibere annun­ciate quando ormai erano scattati i minuti di recupero (quasi si sentis­se il Cavani dei tempi buoni), pesa il dubbio delle solite manovrine da prima repubblica (ma pure da se­conda e forse da terza), con l’inequi­vocabile tentativo (maldestro e sco­perto) di acchiappare voti, non per sé, ma per i suoi. Del resto, la sinda­ca stessa ha annunciato che in que­sta tornata elettorale non si ritaglierà un ruolo da spettatrice: combatte­rà, come ha sempre fatto. Insom­ma, potrebbe essere il tradizionale attivismo da opere pubbliche (pic­cole e grandi, gigantesche e minu­scole) che si scatena quando si sen­te odore di urne aperte.

La Iervolino è amministratrice di lungo corso, arrivata a un passo dal Quirinale. Nell’albo d’oro della sua carriera imponente brillano le cariche di ministro della Pubblica Istruzione e dell’Interno. Democri­stiana nei cromosomi, cresciuta a pane e scudo crociato. Insomma, ne sa una più del diavolo e ora si sta togliendo qualche sfizio, capace com’è stata di neutralizzare in un solo giorno il dimissionismo, malattìa senile dell’ostruzionismo.

Peccato che tutto avvenga su un palcoscenico dove da tempo non si agitano che marionette, davanti a un fondale di cartapesta diventata da tempo carta straccia e quindi monnezza. Un titanismo decisiona­le che la città avrebbe preferito vede­re all’opera in tempi non sospetti, e quando, invece, ci si è impantanati in un lassismo avvelenato, lastrica­to di buone intenzioni e di sacchetti di spazzatura, come le vie piene di buche dell’inferno, mentre nel cie­lo cupo aleggiavano inchieste, dalle quali c’è pure scappato un morto.

A Palazzo San Giacomo, la Iervo­lino ha saputo guadagnarsi solo at­testati morali: onesta al di sopra di minimo sospetto. Tutto vero. Sacro­santo. Ma non basta. Non è bastato. Così queste uscite quando hanno provato a portare perfino l’olio san­to (ma si è riversato tutto addosso agli incauti estremi untori), questi annunci suonano come uno sberlef­fo, anzi come il gesto dell’ombrello. Mostrano tutta l’oscenità di una possibilità che non è stata esperita. La Iervolino avrà ripetuto, in cuor suo, lo slogan che due giorni fa ha spopolato nelle piazze: se non ora, quando? Quando? Prima.

(Tratto da Il Mattino)