“La svolta liberale del governo passa per la riduzione di debito e deficit”
17 Agosto 2011
"La vera svolta liberale passa per la riduzione del debito e per il pareggio di bilancio". Non gira attorno alla questione Francesco Forte con cui abbiamo parlato della manovra bis, quella varata lo scorso 13 Agosto dal governo Berlusconi per far fronte alla crisi di fiducia dei mercati nei confronti del debito pubblico italiano. Per Forte le origini dei guai legati a una spesa pubblica fuori controllo stanno anche nell’opposizione che il governo Berlusconi subì nell’ormai lontano 1994, quando il suo esecutivo fu messo all’angolo dalla strana alleanza tra Lega Nord, sinistra, Corriere della Sera, Sole24Ore e poteri monopolistici italiani, tutti ostili a una riforma strutturale e liberale del sistema pensionistico italiano.
Professore, partiamo dalla manovra. La considera efficace a fronteggiare la crisi di fiducia dei mercati nei confronti del nostro debito sovrano?
Tutta la questione sull’efficacia o meno della manovra appena varata è, se si vuole, banale: si tratta di capire se riusciremo o meno ad avere l’anno prossimo un deficit dell’1,2% e l’anno successivo un pareggio di bilancio. Lo scopo principale di questa manovra è quello di portare il bilancio in pareggio un anno prima e di riuscire l’anno prossimo ad avere un deficit minore, con soluzioni di carattere permanente che garantiscano che non si tratti di misure effimere. Naturalmente come spesso accade in questi casi, le soluzioni meno effimere consistono in riduzioni di spese di carattere permanente, e in aumenti di tributi credibili e anch’essi di carattere permanente; possibilmente tali, sia le une che gli altri, da non turbare i mercati finanziari – a cui la manovra si rivolge – e da evitare un danneggiamento della domanda interna, che genererebbe un impatto negativo sul tasso di crescita del prodotto interno nazionale. Quindi è necessario accompagnare la manovra con misura di stimolo alla crescita, alcune delle quali possibilmente dotate di efficacia abbastanza immediata.
L’altro ieri il presidente Berlusconi ha dichiarato che la manovra di questi giorni prevede delle misure "molto tenui" rispetto a quelle adottate da altri paesi. Non le pare che in una situazione di crisi come quella che stiamo vivendo, un taglio maggiore alla spesa sarebbe stata necessario, soprattutto da parte di un governo che si vuole liberale?
Si dica prima di tutto che in Italia la cultura liberale non esiste. Infatti tutti quei presunti liberali che vanno declamandosi tali nel nostro paese, non hanno capito che la prima riforma liberale di questo paese è la riduzione del debito pubblico e soprattutto il pareggio di bilancio. Quindi una riforma liberale dovrebbe consistere nel pareggiare il bilancio e contenere la spesa sociale che in Italia è esagerata e inappropriata nel settore delle pensioni, in particolare di quelle di anzianità e delle donne. A questi due vulnus, Berlusconi non ha potuto porre rimedio, perchè nel 1994 la riforma delle pensioni che doveva eliminare le pensioni di anzianità è stata bocciata con un apporto determinante della sinistra, del Corriere della Sera, del Sole24Ore, dei gruppi industriali monopolistici e della Lega Nord.
Benché paradossale oggi la situazione non sembra molto diversa?
Attualmente la coalizione si è riproposta con l’eccezione del Corriere della Sera (che però non ha appoggiato la linea del governo Berlusconi e a dire il vero neanche ilSole24Ore), e hanno sempre appoggiato semmai leader alternativi tanto all’interno del Pdl che all’esterno di esso. Questa riforma, e mio riferisco sempre a quella delle pensioni, è l’unica che può veramente servire per tagliare in modo strutturale la spesa pubblica, elevando l’età pensionabile delle donne a 65 anni e eliminando le pensioni di anzianità che ancora oggi esistono, riportando la spesa sociale da un deficit del 5-6% a uno del 3-4%. Questa riforma, che vale due o tre punti di Pil, non è stata fatta e non è possibile farla, perchè c’è l’opposizione della sinistra; non c’è l’appoggio, se non vago, delle forze industriali; e non c’è naturalmente quello della Lega che vi si oppone perchè potrebbe sempre esserci un governo alternativo come nel 1994, in nome del patto che i diritti dei futuri pensionati non si toccano. La riforma delle pensioni è l’unica cosa seria, strutturale e liberale che abbia senso. Per il resto, la vera riforma liberale consiste anche nell’aumentare le tasse per pareggiare il bilancio. E chi sostiene il contrario è soltanto un ignorante che usa la parola ‘liberale’ in modo sbagliato. Semmai è la struttura tributaria che non è corretta, ma anche in questo c’è un ritardo culturale. Di fatto la Confindustria è dirigista, IlSole24Ore esprime idee keynesiane. E gran parte degli economisti del Corriere della Sera dicono di essere liberali ma non altro che liberal (come i Democratici americani).
Che ne pensa del dibattito di questi giorni sull’aumento dell’Iva di un punto percentuale?
E’ sbagliato. Uno dei cardini della cultura economica liberale è che non si dovrebbe mai avere deficit di bilancio. E dunque se un governo, impegnato nella ricerca del pareggio di bilancio, non riesce a tagliare la spesa, deve aumentare le tasse e facendo questo deve accettare il disavanzo. Ora si tratta piuttosto di evitare imposte troppo differenziate rispetto a quelle che hanno meno esoneri fiscali e aliquote più basse. Se dobbiamo fare delle modifiche tributarie, non sono né quelle suggerite attualmente da IlSole24Ore o da Confindustria, né tantomeno il contributo di solidarietà da un miliardo di euro che altro valore non ha, se non quello demagogico di dire che ‘anche ricchi fanno la loro parte’. Basterebbe, per solidarietà appunto, che un ministro un poco più vigoroso facesse un po’ di accertamenti sui redditi medio-alti che mostrano effettivamente livelli di evasione significativi. Si facciano revisioni delle valutazioni catastali degli immobili che non sono stati ancora fatte. Insomma che si faccia un’operazione di recupero degli imponibili di carattere strutturale. Comunque per restare sul punto, la vera questione fondamentale è che si deve fare la riforma delle pensioni se si vuole fare la vera riforma liberale. Fondamentalemente si tratterebbe di mettere a posto il bilancio nel rapporto tra entrate e spese, sia nel debito pubblico vero e proprio, sia nel debito pensionistico. Esiste un differenziale di 6 punti tra i contributi sociali e le erogazioni pensionistiche.
Per tornare alla crisi del debito pubblico, cosa potremmo fare per risolvere la situazione?
Prima di tutto, ridurre le spese e pareggiare il bilancio visto che la situazione internazionale è peggiorata. La crisi del debito a livello europeo è nata perché c’è più debito pubblico di prima, e quindi c’è un’offerta di debito maggiore. Bisognava pareggiare il bilancio senza tassare, ma la stessa Confindustria ha voluto la tassazione sulle rendite finanziarie – salvo poi criticarla – e Berlusconi è stato più o meno costretto a seguire una linea intermedia, tra i finti liberali e i dirigisti. Ha fatto del suo meglio. Primum vivere deinde philosiphari, prima vivere poi filosofeggiare.
Cosa ne pensa della proposta di eurobond che ritorna in voga in questi giorni dopo che Sarkozy e Merkel ne hanno discusso?
Questa proposta è un’illusione ottica. Il punto vero è che in Europa non c’è abbastanza risparmio rispetto al debito pubblico. Per cui o si monetizza il debito pubblico, creando un’espansione monetaria nella BCE, oppure si deve risolvere il problema in altro modo. Si può sempre svalutare l’euro. D’altronde è stato fatto anche per il dollaro.