La trave di Travaglio
28 Febbraio 2012
Marco Travaglio bastona ogni giorno il malcapitato giornalista di turno dalle colonne del Fatto Suo e spesso fa anche ridere: i suoi giochetti di parole, il suo storpiare nomi e cognomi, la sua verve manettara, mettono di buon umore come le barzellette scolorite e le comiche in bianco e nero.
Quello che infastidisce è che spesso bastona le sue vittime, colpevoli di imperdonabili eresie in punta di diritto, direttamente con la trave che oscura il suo sguardo su quegli stessi argomenti. Si capisce che è una lotta impari: la trave schiaccia la povera pagliuzza altrui ed ecco che smetti di divertirti.
Nel suo editoriale di martedì – Scemi di guerra – Travaglio se la prende la con i giornalisti che interpretano le vicende giudiziarie in termini agonistici, “come le partite di pallone”, dove c’è chi vince, chi perde e chi pareggia. In teoria non fa una piega (se non fossimo in Italia, ma non è questo il punto), anzi, per un momento Travaglio sembra ispirarsi ad una visione del diritto distaccata, aurea, non vendicativa, ben lontana dal suo brand di prodotto.
Poi però quando comincia a lavorarsi Pierluigi Battista a suon di bastonate, Traveglio perde la sua saggia postura, il sangue gli va alla testa e comincia a sbroccare. Battista si era macchiato della colpa di “terzismo”, quando commentando la sentenza Mills che ha prosciolto per prescrizione Silvio Berlusconi, aveva scritto. “Sentenza senza vincitori né vinti, salomonicamente equidistante”. Ennò, ringhia subito Travaglio dimentico di tutta la sua concione precedente: come si può essere equidistanti tre le guardie e i ladri? Così rieccola tutta un botto, la visione travagli esca del diritto: i magistrati sono sempre le guardie, sono i buoni in missione per il bene, gli imputati, anche quelli prosciolti, sono sempre ladri, che al massimo “se la cavano” grazie alla complicità di quei guastafeste degli avvocati. Così altro che giustizia agonistica, per Travaglio non c’è proprio partita: i magistrati vincono sempre e comunque, anche quando sbagliano, quando non ottengono l’agognata condanna, quando mandano l’intero processo in fuori gioco. Perché il processo “prima ancora che per assolvere o condannare servono per accertare i fatti”. E dei fatti Travaglio è quotidianamente certissimo: Berlusconi è un irredimibile mascalzone, lo sa lui, lo sanno i suoi lettori, lo sa il pm De Pasquale: giustizia è fatta!