La tregua Pdl-Fli regge in Parlamento, ma fuori (e sui media) è guerra di nervi

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

La tregua Pdl-Fli regge in Parlamento, ma fuori (e sui media) è guerra di nervi

14 Ottobre 2010

La tregua armata ha strane regole, non convenzionali. Ci si fa del male con le parole, non con gli atti. Per ora. Il patto (obbligato) Pdl-Fli regge e i presidenti uscenti delle commissioni parlamentari in scadenza a Montecitorio e Palazzo Madama restano tutti al loro posto. Finiani compresi, a cominciare da Giulia Bongiorno la cui poltrona solo qualche settimana fa sembrava in bilico e ieri, invece, è stata rieletta con 40 voti su 48. Nessuna sorpresa, nessuno sgambetto, la maggioranza vota compatta; anzi in alcuni casi incassa qualche sì pure dall’opposizione. Ma fuori dal Parlamento, nella rincorsa quotidiana alle dichiarazioni sulle agenzie di stampa o nelle conversazioni in Transatlantico, si alza il tiro e si colpisce duro.

Il presidente della Camera continua la sua partita a scacchi con il premier, muovendo nuove pedine: dal monito sulle “mani libere” dei futuristi alle amministrative se il Pdl non farà accordi sul programma e i candidati finiani, alla legge elettorale, alla giustizia passando per la Rai e la riforma dell’Università.

Ce n’è quanto basta per capire che il pressing giocato al rialzo resta la costante della tattica che Fini sta portando avanti orientando le mosse dei suoi: in un giorno solo minacciano di non votare la riforma degli Atenei se Tremonti non allenta i cordoni della borsa per la copertura sulle assunzioni dei ricercatori, bocciano in coro col Pd la decisione di viale Mazzini su Michele Santoro (sospeso per dieci giorni per le accuse a Masi nella prima puntata di Annozero), presentano la proposta di privatizzazione della Rai con tanto di conferenza stampa, usano toni trionfalistici per commentare la rielezione della Bongiorno (passaggio obbligato dell’accordo Pdl-Fli per l’intesa sulla riforma della giustizia anche se i finiani restano contrari al processo breve) con Bocchino che sferza il Cav: “La strategia di Berlusconi è fallimentare. Aveva due obiettivi: fare fuori me e Bongiorno. Li ha falliti entrambi”. Replica risentita di Bondi: “Possibile che da parte di Bocchino e sorprendentemente anche da parte del presidente della Camera, di fronte ad ogni segnale di buona volontà giungano sempre risposte negative, perfino irridenti e provocatorie?”

Quanto basta per rovinare la convalescenza al premier che ieri ha ricevuto ad Arcore il ministro Tremonti per discutere di manovra e raccogliere le lamentele telefoniche della Gelmini. Ma anche per commentare coi suoi le nuove mosse di Fini su legge elettorale (in asse con Pd e Udc), Rai e giustizia. 

Già, la giustizia. Per molti nel Pdl resta il vero spartiacque della legislatura e per Fini la questione sulla quale il governo potrebbe cadere. La riconferma, ampia, della Bongiorno alla commissione Giustizia, segna la prima tappa nel percorso per varare gli ordini del giorno a Palazzo Madama e Montecitorio, ma la strada resta in salita. La Bongiorno passa con 40 sì (compresi quelli di Pd e Udc mentre i dipietristi si sono astenuti) su 48 voti, tre schede bianche, una nulla e quattro voti appannaggio del suo competitor Giuseppe Consolo (nei giorni scorsi dato in pole per la presidenza).

Un dato che si presta a varie letture nelle file della maggioranza: molti parlamentari evidenziano la compattezza del centrodestra (Pdl, Lega, Fli) mentre altri vedono nella convergenza  di Pd e Udc i segnali che potrebbero portare ad un asse con Fli non tanto sull’ipotesi del governo tecnico che sempre più appare irrealizzabile, quanto nella capacità di condizionamento sui singoli provvedimenti all’esame della Camera.

Percorso a ostacoli per il Cav., strada in salita per la legislatura, “colombe” del Pdl in azione per mediare coi futuristi che vogliono essere riconosciuti come “terza gamba” della coalizione.

Lo scenario ad oggi: Berlusconi e Fini dovranno farci i conti. La prospettiva resta quella di una convivenza forzata, dal momento che il ritorno alle urne non conviene a nessuno, nè alla maggioranza, nè all’opposizione. Tantomeno al Paese.