La Turchia dovrà confrontarsi con la modernità: parola di Bernard Lewis

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La Turchia dovrà confrontarsi con la modernità: parola di Bernard Lewis

05 Marzo 2012

In una recente intervista pubblicata sul Turkish Policy Quarterly, Bernand Lewis, uno dei massimi esperti d’Oriente ancora in vita, traccia un quadro d’insieme quanto mai esaustivo del ruolo della Turchia nell’odierno scenario mediorientale. Per Lewis la Turchia rappresenta un vero e proprio unicum. E’ il confronto con i paesi limitrofi a risaltare inequivocabilmente la gran mole di risultati raggiunti da Ankara in termini di libertà civili e di performance economiche.

Secondo Lewis, la forza del paese risiede nel non aver mai perduto la propria autonomia. Insieme all’Iran e all’Afghanistan, la Turchia è il solo paese di derivazione musulmana ad aver mantenuto nel tempo la più piena e totale indipendenza. Ed è anche lo spiccato senso di autocritica – mai tramutatosi in vittimismo – ad aver reso il paese più forte.

Lewis ha da sempre attribuito molta importanza al ruolo della donna nella vita pubblica della Turchia secolarizzata. L’importanza della questione fu magistralmente incarnata da Ataturk, il quale, in uno dei suoi ultimi discorsi alla nazione, ebbe il coraggio di pronunciare le seguenti parole:  “E’ nostro compito modernizzare la Turchia.

Un percorso di questo genere non potrà andare in porto nell’ipotesi in cui decidessimo di tagliare fuori da questo processo metà della popolazione”. Ma se risulta indubbia la quantità di mutamenti prodotti, di riforme tese al miglioramento della condizione dell’altra “metà della popolazione”, è pur vero che ancora oggi taluni aspetti connessi alla questione femminile rimangono ancora sul tappeto.

Quanto alla crescente influenza della nazione turca sul teatro mediorientale e, di riflesso, sul piano globale, occorre comprendere verso quale direzione il paese sceglierà di muoversi. D’altro canto, l’area mediorientale sta man mano perdendo d’importanza strategica.

Prima o poi, l’esaurimento dei giacimenti petroliferi e di gas condurranno l’area verso un’insignificanza quasi assoluta. Il futuro, oramai, si giocherà a latitudini più orientali e le superpotenze del ventunesimo secolo non potranno che essere India e Cina. Ed in questo senso, con l’area mediorientale sempre meno cruciale, anche Ankara sarà costretta a ricalibrare le proprie mire geo-politiche ed economiche.

La Turchia ancora non ha deciso come innovarsi. Nell’accezione islamica, il progresso ha sempre assunto una connotazione negativa. Se la Turchia decidesse di seguire questa strada, il futuro diverrebbe sempre più oscuro. Ma il dado ancora non è stato tratto.

Il popolo turco, senza sacrificare la propria devozione ad una cultura d’ispirazione islamica, avrebbe in sé la forza di rinnovarsi. Una speranza parrebbe ancora una volta provenire dalle donne. Perché le donne hanno un enorme interesse al cambiamento. Sarebbero infatti le prime beneficiarie di un processo riformatore di tale portata.

Tuttavia, nelle parole dello storico d’origine britannica permane un certo pessimismo. La laicità è un concetto alieno all’Islam e le primavere arabe non paiono essersi distaccate da una simile impostazione, anzi. Come se d’un tratto fosse rifiorita una sorta di purezza islamica, anche in alcuni paesi a forte connotazione “laica”.

In questo senso, ecco le parole di Lewis: “ C’è una differenza fondamentale tra l’islam e il Cristianesimo: i Cristiani sono stati per molti secoli una minoranza perseguitata. Non fu la conversione dell’Imperatore Costantino a far ottenere loro un’entità statuale. L’Islam, invece, ha avuto a disposizione un vero e proprio Impero. Così, la distinzione tra spazio religioso e politico nel mondo islamico non si è potuta sviluppare per come l’abbiamo conosciuta noi, Cristiani ed Occidentali.”

Ed ancora: “L’idea di una semplice entità geografica non è contemplata nell’Islam. Se si esclude Ataturk, nessuno è riuscito nell’impresa di forgiare una nuova identità non più basata sulla lealtà all’Islam ma ad una patria, ad un paese. A confini di carattere esclusivamente geografico”.

Senza contare le parole di Erdogan in merito al sostegno iraniano all’Alawita Bashar – Al – Assad in Siria. Il Presidente turco ha accusato Teheran di scarso “islamismo”. Per i “veri” Musulmani, l’etnia Alawita di derivazione sciita, a causa della deificazione di Ali B. Abi Talib, è considerata alla stregua di vera e propria eresia. Nonostante Lewis consideri oramai di scarsa importanza le differenze esistenti tra Sunniti e Sciiti, è evidente che le dichiarazioni di Erdogan non facciano ben sperare l’orientalista britannico.

La Turchia si trova di fronte a un bivio e sarà interessante stare a vedere quale sarà la direzione imboccata.