La “variabile” Di Pietro imbarazza il Pd

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La “variabile” Di Pietro imbarazza il Pd

10 Marzo 2008

La variabile Di Pietro. In molti nel Pd l’avevano messa in
conto. Anzi le cronache politiche raccontano che quando nel tardo pomeriggio
degli inizi di febbraio il ministro delle Infrastrutture diede l’annuncio
dell’avvenuto apparentamento diversi ex dirigenti diessini abbiano sospirato.

Sospiri
non di sollievo ma piuttosto di timore per quello che sarebbe accaduto
imbarcando un ministro che pur di curare il suo elettorato andò contro il suo
governo inventandosi il sistema dell’ “autosospensione”.

“E’ vero – riflette
oggi scendendo dalla scaletta ripida del loft di Sant’Anastasia uno dei
collaboratori di Veltroni – così ci siamo protetti dai “grillini” e dai loro
attacchi, ma sarà una variabile con cui dovremo fare i conti”. Varabile che può
significare più consensi per il Pd ma anche tempeste in vista, come quella
sulla riforma tv aperta poco dopo aver siglato l’accordo. Allora Di Pietro
annunciò “un intervento radicale” sul sistema radiotelevisivo. Per la Rai solo
una rete finanziata dal canone mentre per Mediaset spostamento di Rete4 sul
satellite e mantenimento solo di un canale.

Lampi e fulmini sul Pd. Dall’azienda
del Biscione giunse una durissima presa di posizione che coinvolse tutti i
dipendenti. Inevitabile anche l’attacco da parte dell’intero Pdl, mentre dal Pd
si cercò subito di domare sul nascere la tempesta. Lo stesso Veltroni intervenne
per rassicurare che “la proposta del Pd è la stessa che ha avanzato il ministro
Gentiloni e non è punitiva nei confronti di una grande realtà come Mediaset”. Una
brutta burrasca segno che la variabile Di Pietro aveva iniziato a muoversi.

E
così poche settimane ed una nuova bufera. Stavolta nel mirino l’Agcom. Per la
verità l’attacco di Di Pietro contro l’Autorità è ormai continuato. Un fuoco
costante verso un’istituzione che come disse l’ex pm circa un mese fa vive “un
conflitto d’interessi interno” perché “composta da un rappresentante di ciascun
partito, di regola un ex parlamentare che, nominato dai controllati, intende
fare il controllore”. Quanto basta per accusare l’Agcom di mancata imparzialità.

Questo fino a sabato scorso quando la variabile Di Pietro è tornata a farsi
sentire. E giù un nuovo acquazzone per il Pd perché stavolta il ministro delle
Infrastrutture vuole addirittura citare davanti ai giudici i commissari
dell’Autorità stessa per il “mancato intervento sull’attuale uso partigiano e
criminoso delle televisioni”. In breve se per il Cavaliere non vale l’accusa di
uso criminoso della tv esiste per l’ex pm che anzi va oltre ribadendo la sua
convinzione: “L’Agcom è composta
da persone che, nella quasi totalità, provengono dal sistema dei partiti
essendo ex parlamentari trombati messi lì a portare avanti gli interessi di chi
ce li ha messi, piuttosto che gli interessi della libera informazione”.

Accusa
che per Di Pietro risponde ad una sola logica: “Conflitto di interesse che non
permette di prendere decisioni corrette e trasparenti” e che porta ad una
“informazione falsata che sta trasformando delle libere elezioni in una farsa
degna di Ceaucescu e di Pinochet”.

Un attacco senza precedenti visto che
non era mai accaduto prima d’ora che un esponente politico, per giunta ministro,
decidesse di lanciare un affondo così duro contro un’istituzione posta come
l’Agcom a garanzia del settore delle Comunicazioni. Ed infatti raccontano che
quando Veltroni è stato informato dell’ennesimo coupe de teatre dell’ex pm abbia subito voluto contattare i vertici
del Pd per dettare la linea: “Tenere un basso profilo sulla vicenda” ed
“evitare repliche o rettifiche”. Stavolta la tempesta è davvero indomabile.
Così sul Partito democratico è sceso il gelo. D’imbarazzo. Nessuno ha tentato
di precisare o quanto meno di ridimensionare le parole del ministro delle
Infrastrutture. Atteggiamento che però non è servito a scongiurare il diretto
intervento del presidente Napolitano. Troppo grossa e pesante l’accusa lanciata
da Di Pietro per farla cadere nel vuoto.

E infatti il presidente della
Repubblica ha atteso fino a sera nella speranza che o dal loft di
Sant’Anastasia o dallo stesso ministro giungessero parole concilianti. Poi è
intervenuto lui stesso. Non un riferimento diretto, ma come si fa in queste
circostanze un implicito riferimento per esprimere “sorpresa e preoccupazione”
per prese di posizione che, per la violenza dei toni, oltre che per gli inammissibili giudizi
sulla competizione elettorale in corso, tendono a delegittimare l’autorità preposta alla vigilanza sulla obiettività e l’imparzialità dell’informazione radiotelevisiva in questa delicata fase della campagna elettorale.

Un richiamo rivolto
anche a tutte le forze politiche a moderare i toni e rispettare le istituzioni
di garanzia, mantenendo nella giusta misura le critiche che si ritiene di
rivolgere.

Una brusca tirata di orecchie per l’ex pm che suona  però anche come un avvertimento per lo stesso
Pd. Da ora in poi sarà necessario fare più attenzione alla “variabile Di
Pietro”.