La vera intolleranza è quella dei prof. che contestano Benedetto

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La vera intolleranza è quella dei prof. che contestano Benedetto

14 Gennaio 2008

Giovedì 17 gennaio il papa inaugurerà all’Università la Sapienza l’anno accademico con una Lectio Magistralis, come ha fatto il 12 settembre 2006 a Regensburg. 60 scienziati e docenti dell’ateneo hanno firmato una lettera di contrarietà, mentre gruppi di studenti e centri sociali si preparano a manifestazioni di disprezzo e dileggio. In nome della lotta alla cosiddetta intolleranza cattolica verso la ricerca scientifica e la laicità del sapere, i 60 si fanno intolleranti e integralisti.

In questo modo però danno ragione al papa. Infatti Benedetto XVI va continuamente dicendo che la ragione e la fede hanno bisogno l’una dell’altra per purificarsi a vicenda. La razionalità può correggere l’integralismo fideistico, mentre la fede può impedire che la ragione si chiuda nella propria assolutezza. Il sonno della ragione ha generato mostri. Ma la ragione assoluta ne ha prodotto di nuovi.

Per questo motivo la contestazione si sta dimostrando contraddittoria e controproducente. Parla di tolleranza e poi toglie la parola. Accusa il papa di limitare la scienza e si dimentica che la stessa università La Sapienza l’ha fondata un papa. Afferma il valore della ricerca scientifica e poi non accetta di aprirsi al dialogo tra i saperi, negando ideologicamente dignità scientifica alla teologia. Insomma, ci faranno una brutta figura. Lo stesso dicasi per il corteo di manifestazioni esterne gestite dai gruppi studenteschi e dalla prevista pantomima di Lectio magistralis dell’attrice Paola Cortellesi.

Nella lettera di protesta indirizzata al Magnifico Rettore gli scienziati romani chiedono di sospendere l’iniziativa in quanto il papa e la Chiesa sono contrarie alla libertà della scienza. A sostegno di questa accusa essi portano due esempi. Il primo riguarda una frase scritta a suo tempo dal teologo Ratzinger secondo cui il processo a Galileo sarebbe stato equo e giusto. Il secondo è dato dalle recenti critiche mosse dal papa al darwinismo nella sua pretesa di dire che l’uomo è frutto solo del caso e dell’evoluzione. Purtroppo si tratta di valutazioni rese carenti dal pregiudizio ideologico.

Io stesso constato spesso tra i miei studenti che la maggior parte ritiene, per false informazioni ricevute, che Galileo sia stato incarcerato, torturato e minacciato di morte, cose assolutamente non vere. Il processo fu veramente equo e giusto. Galileo non pensava che l’intero universo si potesse spiegare meccanicisticamente, ma la Chiesa poneva legittimamente paventare quel pericolo, che di fatto si concretizzò in seguito. La teologia cattolica non può accettare che si espella il finalismo dal mondo e quindi non vuole che alla scienza si faccia ideologicamente dire quanto non può dire. In questo modo preserva anche l’autonomia della scienza in quanto la libera dall’ideologia. Lo stesso dicasi del darwinismo. La Chiesa non accetta che all’ipotesi scientifica evoluzionistica si faccia dire che il mondo è a caso. Questo lo dice l’ideologia darwinista, non la scienza.

Come si vede da questi due esempi tratti dalle accuse dei 60 contro la visita del papa, il problema non è la ragione e la fede, è piuttosto l’ideologia, non è la scienza ma la vera autonomia della scienza. Se gli scienziati si limitassero a fare gli scienziati e non volessero fare anche gli ideologi darebbero alla scienza quanto spetta alla scienza e alla teologia quanto spetta alla teologia ed ascolterebbero le parole del papa, che non ruberà loro il mestiere ma si confronterà con loro da filosofo e da teologo. Ad ognuno il suo, sapendo che nessuno basta a se stesso. La sinistra non massimalista non farà il passo falso di appoggiare queste forme arcaiche e intolleranti di protesta.

Da qui alla visita del papa alla Sapienza mancano due giorni. C’è il tempo perché intellettuali e forze politiche della sinistra si dissocino apertamente e anzi si dichiarino favorevoli al dialogo tra ragione e fede. Una università statale è uno spazio di laicità aperta, non un bunker in cui un sussiegoso scientismo baronale protegge dogmaticamente la propria assolutezza. C’è anche tutto il tempo perché le centinaia di altri ricercatori e professori dell’università – la stragrande maggioranza – dicano basta a questi stucchevoli rigurgiti di giacobinismo culturale. Perché si sa come andrà a finire: il papa verrà lo stesso e come a Regensburg farà un magnifico discorso di una tale levatura da mettere indirettamente in ridicolo le polemicuzze dell’antivigilia.