La vera prova di Monti si gioca in Europa molto più che in Parlamento
05 Dicembre 2011
A parte le lacrime del ministro Fornero la manovra del governo Monti porta poche sorprese. Chi si aspettava qualcosa di nuovo da quel concentrato di scienza, dottrina, abnegazione, senso dello Stato e sobrietà che si incarna nel governo dei tecnici resterà deluso. “Il decreto salva-Italia” come l’ha subito battezzato Repubblica, poteva essere tranquillamente varato da quello sgangherato e ridanciano governo del Cav, anche senza quel genio di Tremonti: bastava Brunetta e un paio di funzionari.
Ma ovviamente è inutile recriminare e guardare al passato. La manovra serve a centrare il “santo Graal” del pareggio di bilancio, che la manovra di agosto aveva posto come obiettivo ma che rischiava di essere mancato a causa della minor crescita del Pil e dell’aumento del servizio del debito.
C’è dunque poco da discutere: lacrime o non lacrime, la manovra va approvata ed è anche meglio farlo il silenzio, senza pretendere di avere l’ultima parola, senza dichiarazioni roboanti sull’equità e senza porre condizioni che verrebbero facilmente travolte. Anche il mesto rito delle consultazioni ci poteva essere risparmiato: avrebbe segnalato l’unico elemento di novità all’interno di un percorso di sacrifici tutto già visto e già vissuto.
L’approvazione della manovra serve però anche ad uno scopo politico: ridare voce all’Italia nel consesso europeo. Far uscire il paese dal circuito dei reprobi che devono solo chinare il capo e ubbidire e dimostrare che – come alcuni giornali avevano prematuramente titolato – Italia è tornata in Europa.
Non basta però che Monti e la sua schiera siano accolti dai colleghi con cortesia e rispetto: non sappiamo che farcene delle forme e della buona educazione. Occorre che il governo italia abbia voce in Europa, esprima posizioni credibili e venga ascoltato.
L’Italia ha fatto (quando la manovra sarà approvata in Parlamento) i suoi compiti a casa. Ora tocca al resto dei paesi membri e ai vertici comunitari fare la loro parte.Già dal prossimo vertice europeo del 8 e 9 dicembre.
C’è molto da fare e deve essere fatto presto. La Bce deve ampliare il proprio ruolo di banca centrale a protezione dell’Euro, perché se la moneta unica è sotto attacco e priva di difesa la colpa non è dei pensionati italiani, ma di una governance inadeguata e di un puntiglio tedesco. Le procedure decisionali della Ue devono essere ripensate e messe in condizioni di essere efficaci in tempi rapidi. Quando il dollaro è in difficoltà a Obama bastano due telefonate per agire: al segretario del Tesoro, Geithner e al presidente della Fed, Bernanke. La crisi greca, che si sarebbe potuta risolvere in due giorni (il Pil della Grecia è di poco superiore a quello del Veneto) ha marcito per due anni, tra vertici, liti, minacce, incapacità e recriminazioni.
Angela Merkel deve mettere da parte la sua fobie per l’inflazione: continuare a rievocare le carriole piene di marchi dei tempi di Weimar non serve a nessuno. Studi recenti hanno ampiamente dimostrato che la politica della Fed di acquistare titoli tossici come è avvenuto nel 2008 con il programma Tarp , non ha aumentato gli indici dei prezzi al consumo. Sarkozy deve mettere da parte la sua isteria per la tripla A, porre mano alla crisi delle banche francesi e affrontare il suo deficit, anche se questo può mettere a rischio la sua rielezione.
Insomma di lavoro da fare ce n’è per tutti. Quello che è lecito aspettarsi dal governo di emergenza insediato a palazzo Chigi è che sappia spendere il suo credito non solo per le photo-opportunity sorridenti e beneducate, ma per porre con forza i partner europei davanti alle loro responsabilità individuali e collettive. La vera prova di Monti non è quella che deve superare in un Parlamento ormai rassegnato a fare il suo dovere; ma quella che lo aspetta in Europa, dove deve portare un’Italia non remissiva e penitente, ma autorevole e in regola con i suoi conti.
E’ su questo che l’esperienza del governo tecnico dovrà essere giudicata dagli italiani ed è su questo che i partiti che sostengono il governo devono chiamarlo a rispondere. Le litanie sull’equità lasciano il tempo che trovano.