La verde Irpinia, terra di vini pregiati e aree incontaminate
25 Luglio 2011
di Y. B.
In Campania c’è una parte di fascia appenninica ricca di colline e vallate – tra i monti Picentini e giù verso il Tavoliere – che si snoda per centinaia di chilometri e costituisce la provincia di Avellino. Terreni ricchi di sorgenti, erba verde, “piatto preferito” dei tanti pascoli che calpestano questa terra, montagne sotto cui viti e ulivi rendono lieta e suggestiva la campagna. Qui le stagioni sono ancora quattro e si possono vedere, toccare, odorare, distinguere. Il verde della primavera è seguito dall’oro estivo delle spighe mature; l’autunno è caratterizzato dai colori cupi, ma magnificamente diversi dei campi arati e delle foglie secche; e poi l’inverno, che all’occhio umano appare inutile e fermo, ma grazie al quale, invece, il Creato ci ricorda l’importanza dell’attesa.
Comincia un nuovo anno e a gennaio fiorisce il biancospino, quasi a ricordare che ogni giorno vale la pena di essere vissuto intensamente, che il freddo dell’aria non potrà mai prendere il posto del fuoco che l’uomo porta nel cuore, che nulla accade per caso e che tutto segue una regolarità perfetta. Lo sanno bene gli agricoltori di queste zone, i vecchi contadini che intirizziti dal freddo e bruciati dal sole hanno permesso che questa zona producesse tre vini DOCG.
In Irpinia mancano la tecnologia e l’industrializzazione del nord. Non si resta estasiati dal panorama delle vette dolomitiche, dove l’occhio si perde nell’infinito. In Irpinia, però, c’è una bellezza più intima e profonda, più spirituale e bucolica, una bellezza che lascia impietriti per la sua semplicità. Quella, sì, davvero inimitabile. Da qui bisogna ripartire, dalle fatiche di chi ci ha preceduto in queste zone, valorizzando la produzione vinicola dell’intera provincia.
Ripartire dalle tre DOCG. La denominazione di origine controllata e garantita parla di un territorio: la verde Irpinia, con i suoi Parchi naturali, le sue oasi naturalistiche e le sue zone ancora incontaminate. Il vino non è altro che il frutto della terra; una terra che si è imposta nei secoli, vocata alla viticoltura, tanto che al tratto ferroviario Avellino-Rocchetta- Sant’Antonio fu dato il nome di "Ferrovia del vino".
Oggi, le tre DOCG sono ancora lì e reggono il confronto con gli altri importanti vini italiani, talvolta superandoli. Fiano di Avellino, Greco di Tufo e Taurasi; due bianchi e un rosso che racchiudono in sé tutto il bello e il buono di questa terra. Osci, Dauni e Sanniti compresero subito l’importanza della rigogliosità e della fertilità di questo territorio, ma furono gli Irpini i primi ad insediarsi in queste zone e – forti di essere un popolo guerriero, seguace del dio Marte – riuscirono ad opporsi alla dominazione romana, sottraendole i territori occupati. Non è un caso, infatti, che il nome derivi da Hirpus, che proprio nella lingua osca significa lupo, l’animale sacro a Marte.
Etruschi, Greci, Romani, Goti, Longobardi, Bizantini, Normanni, Svevi, Angioini, Spagnoli sono i popoli che in tremila anni hanno attraversato le terre d’Irpinia, arricchendole di un patrimonio di arte e cultura vastissimo, come dimostrano i numerosi castelli disseminati su tutto il territorio. Il tempo e le successive dominazioni fecero abbandonare anche il paganesimo, abbracciando la Rivelazione. Fu così che si impose una splendida architettura religiosa, con le chiese, i conventi, i santuari, i monasteri, le abbazie presenti dovunque, a conferma dell’intensità della vita di fede irpina.
La nostra storia, la storia della Campania va conosciuta, diffusa e difesa; abbiamo la fortuna di poter vantare territori meravigliosi e prodotti sublimi; abbiamo, in una sola provincia, tre DOCG. Il fine e fresco Fiano prende il nome dal vitigno omonimo che i latini chiamavano Vitis apiana, in quanto le api erano davvero golose della dolcezza di quest’uva; il secco e intenso Greco di Tufo, di sicuro il vitigno più antico dell’Avellinese, "importato" dai Pelagi dalla regione greca della Tessaglia, tanto che a Pompei fu ritrovato un affresco risalente al I secolo a.C. dove si fa riferimento al "vino Greco", inizialmente impiantato sul Vesuvio; l’austero e persistente Taurasi, un vino dalle origini antichissime, la cui etimologia va ricercata nel nome di Taurasia, un borgo vinicolo che i romani conquistarono dopo aver piegato la resistenza degli irpini. Un mirabile esempio di vino, dove i tannini e gli antociani dell’aglianico, con le loro proprietà antiossidanti, consentono di bere un buon bicchiere di salute. E per ripartire c’è bisogno davvero di un concreto binomio tra salute e sapere, tra vino e cultura. La nostra Campania merita di più. Lo dice la storia e lo dice il Creato.