
La verità, vi prego, su Azzollini

30 Luglio 2015
di redazione
Vergogna vergogna (sembra che i 5stelle conoscano solo questa parola): il Senato ha impedito l’arresto di Azzollini. Ma anche nel Pd circolano malumori e risentimenti, quasi come ai tempi della elezione del presidente della Repubblica, quando dopo aver silurato Marini, cadde sotto la mannaia del voto segreto anche Prodi. Sospetti, prese di distanze, Serracchiani contro Guerini: la prima dice “avrei votato per l’arresto” (per lei i documenti, che non ha letto, sono ininfluenti, basta fare la passacarte dei pm), l’altro difende il voto libero e consapevole del singolo parlamentare, sostenendo che bisogna leggere le carte e decidere secondo coscienza.
L’accusa, naturalmente, è l’inciucio, definizione di origine dalemiana che tanta fortuna ha avuto. Sotto la decisione del senato ci sarebbe un inconfessabile patto tra Pd e Ncd. Non escludiamo che ci siano anche, nella mente dei parlamentari di maggioranza, considerazioni politiche, ed è normale che questo accada, ma nessuno accusa invece la Giunta per le autorizzazioni (che aveva votato per consentire l’arresto) di decidere in base a valutazioni almeno altrettanto politiche, e, quel che è peggio, del tutto subalterne ai pm: quello che il pubblico ministero chiede va eseguito. Così la Giunta abdica al proprio ruolo, che imporrebbe una valutazione autonoma, pur di non farsi attaccare dal potente partito dei giudici, di cui i cinquestelle sono soltanto le vocianti tricoteuses d’aula.
Ma la verità è che il caso Azzollini presentava profili rischiosissimi per la libertà d’azione dei parlamentari, e molti senatori se ne sono resi conto, votando di conseguenza. Nelle famose carte si spiega che il senatore non ha preso mazzette, non si è arricchito con denaro pubblico, insomma non ci ha guadagnato personalmente. L’accusa (per cui viene chiesto l’arresto, non dimentichiamolo) si basa sull’ipotesi che, facendo passare nella commissione bilancio, di cui è stato a lungo presidente, alcuni provvedimenti, Azzollini avrebbe allargato e consolidato il suo sistema di potere nel paese in cui vive, Molfetta. Un’ipotesi che investe direttamente l’attività parlamentare di Azzollini: se questo principio passasse, i pm, dopo aver esteso i propri poteri e la propria influenza sulla vita pubblica italiana, potrebbero mettere sotto scacco l’intero parlamento, decidendo su ogni singolo atto, su ogni voto. Hai votato quel provvedimento, quell’emendamento a beneficio del tuo territorio? E’ chiaro che vuoi consolidare il tuo sistema di potere locale, e che sei un corrotto che va arrestato.
Azzollini è stato già additato al pubblico ludibrio per la famosa frase oscena che avrebbe pronunciato, secondo il racconto assai sgangherato (carta canta) di un testimone che stava fuori dalla stanza in cui lo stesso Azzollini discuteva con le suore. Peccato che le suore neghino sia accaduto, e che neghi anche l’altro testimone. Non fa niente: la frase, rimbalzata su tutti i media, è già considerata come oro colato, verità innegabile e certa. Ma a questo metodo ormai siamo tutti abituati, e forse rassegnati. Mentre la possibilità di essere messi sotto accusa in forza della semplice attività parlamentare è una frontiera nuova, che ha giustamente allarmato i senatori.
Vedremo come andrà avanti il procedimento contro Azzollini, e come sarà sviluppata l’accusa. Perché, e ancora tanti italiani non ne hanno piena consapevolezza, il voto del Senato non ferma le indagini e il processo, impedisce soltanto l’arresto preventivo, la detenzione in attesa di giudizio. Qualcuno dice: così i cittadini non sono eguali davanti alla legge, se non fosse stato parlamentare sarebbe stato arrestato. Temiamo che le cose siano ormai all’inverso: se non fosse stato senatore, nessuno avrebbe chiesto l’arresto di Azzollini, per accuse così evanescenti.