La vicenda di Del Turco svela lo sbando del Pd
21 Ottobre 2008
“La verità è che per le due culture fondative del Pd, il postcomunismo e il cattolicesimo democratico, il garantismo non significa niente”. Lo dice ad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera il pregiudicando Ottaviano del Turco, e perciò le sue parole vanno prese con le pinze, certo. Pregiudicando ma peraltro già molto intensamente condannato a carcere circondariale o domiciliare, secondo buona abitudine. Altro che il banale “meglio un innocente in galera che un colpevole fuori”, su cui concorda oggi la maggioranza degli italiani. Meglio un presunto innocente in galera che un colpevole (purché reo confesso) in galera, è da Mani Pulite in avanti (ma no, ben da prima, ve lo ricordate Enzo Tortora?) il cardine attorno a cui ruota il sistema giudiziario del nostro paese. Che ora però –in conseguenza del processo alla presunta assassina Amanda Knox- subisce la sfida mediatica di quello americano. Sarà pure il solito complotto a stelle e strisce, come ci spiegano i cronisti che si sono guadagnati la tessera di professionista presso le Procure della Repubblica, ma lo spettacolo è assicurato.
Dell’onestà di Del Turco noi non sappiamo niente e attendiamo (con fiducia nella magistratura? no, ma attendiamo) il processo per farcene un’idea. Ma della sua intelligenza delle cose politiche non dubitiamo. Per il Pd il garantismo non significa niente, dice l’ex presidente dell’Abruzzo, e ce ne siamo spesso accorti (però quando sono in causa compagni stimatissimi e al di sopra di ogni sospetto, accade di assistere a una full immersion nella cultura liberale). Strano questo persistente fondo di giustizialismo, anche a sinistra le scottature non sono mancate, e bene o male è pur vero che nei dipartimenti giustizia del Pd ogni dieci magistrati c’è almeno un Guido Calvi.
Non sarà forse che il concetto che le regole formali non siano un’invenzione borghese ma il fondamento della democrazia liberale è un’acquisizione ancora difficile per il partito degli ex comunisti e degli ex democristiani di sinistra? Il segretario del Pd l’altro giorno, di fronte all’offensiva dei radicali per sbloccare l’impasse sulla Consulta e sulla commissione di vigilanza Rai ha avuto un’uscita esemplare: “Una commissione di vigilanza – ha detto Veltroni da Fabio Fazio – non mi sembra il problema principale della gente. Spero si trovi una soluzione, ma penso che gli italiani siano più preoccupati dei loro salari e della scuola”.
Si è beccato del “qualunquista” da Pannella, ma all’origine di questa valutazione non c’è un vuoto di cultura. Piuttosto quell’ideologia sostanzialista che abbiamo visto operante in Italia per decenni, e che, di conserva col sostanzialismo metafisico (e metà Vaticano, grazie Groucho..) di gran parte del mondo democristiano, ha ritardato ostacolato e impedito la costruzione di regole formali che tenessero insieme le parti divise di una nazione che è istintivamente portata alla disgregazione.
Giustizialismo, consociativismo e sindacalismo (vedi le guerre a Brunetta, Gelmini, Sacconi) sono le tre piaghe che affliggono il Pd e che gli impediscono di creare un’alternativa credibile alla maggioranza di centro-destra. L’appuntamento del 25 ottobre si preannuncia così come un affollato ossimoro. Ecco infatti che un partito senza identità promuove la manifestazione che più identitaria non si può: viene preannunciata prima dell’estate, a prescindere da qualsiasi contenuto, fosse la crisi planetaria dell’economia, fosse la distruzione della scuola, fosse il lodo Alfano, fosse la catastrofe dell’ecosistema.. L’importante è esistere in quanto Pd, cioè in quanto antiberlusconisti. In realtà la manifestazione già da settimane, e forse da quando è stata pensata, più che contro Berlusconi è contro Di Pietro. Di Pietro rivaleggia col Pd, si fa capire meglio, lui sì che il qualunquismo lo maneggia con artigianale perizia, e così Veltroni rompe un’alleanza che dura da quindici anni. Fino al 26, poi si vedrà.