La visione “profetica” di Putin ha vinto e la Russia ha ritrovato la sua identità

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La visione “profetica” di Putin ha vinto e la Russia ha ritrovato la sua identità

06 Ottobre 2011

Se c’è una cosa che l’annuncio dello scambio di ruoli tra Putin e Medvedev ai vertici dello stato russo ha causato è la fine della coabitazione al governo tra la visione “profetica” e quella “pragmatica”. Le considerazioni di Medvedev, riguardo alla necessità di aumentare le spese militari, appena nominato nuovo capo del governo, hanno subito provocato le rimostranze dell’eterno ministro delle Finanze Kudrin e la sua immediata cacciata.

Kudrin non ha, presso il vasto pubblico, la notorietà di Putin, ma è molto conosciuto e stimato negli ambienti economici e finanziari internazionali per la sua competenza e strenua difesa della sostenibilità dei conti pubblici. Alla fine si è arrivati all’inevitabile rottura tra due visioni così distanti della Russia e del suo posto nel mondo.

La visione “profetica” di Putin ha avuto la meglio su tutta la linea. Per “profetica” si intende l’idea della Russia come il paese più grande del mondo, che lotta ogni anno per il titolo di maggior produttore mondiale di petrolio e gas e che possiede il maggiore arsenale nucleare mondiale. Quindi un paese gigantesco, ricco e potente militarmente, destinato al ruolo di grande potenza mondiale dalla storia.

Per Kudrin invece la Russia ha proprio nell’eccessiva dipendenza dalle esportazioni di petrolio e gas il suo tallone d’Achille, esposta com’ è ad ogni brusco calo delle quotazioni del greggio. L’Unione Sovietica aveva più abitanti degli Usa, mentre la Russia di oggi nemmeno arriva alla metà della popolazione americana e con un Pil microscopico in confronto a quello del paese guidato da Obama. Assurdo quindi, nella sua visione “pragmatica”, pensare di mettersi al suo livello con spese “imperiali” economicamente suicide.

Per questo motivo Kudrin fu l’ideatore e il difensore dei fondi di riserva, creati con parte degli introiti petroliferi, nati per fare da salvagente in caso di netto calo del prezzo degli idrocarburi e conseguente apertura di buchi nel bilancio statale. La loro utilità si è vista nella crisi del 2009, quando il loro uso massiccio ha evitato al paese la riedizione del default del 1998. Si pensava che quella crisi, che provocò in Russia il peggior calo del Pil tra le 20 maggiori economie mondiali, avrebbe spinto verso le riforme, la diversificazione economica e una gestione attenta della spesa pubblica. E’ successo esattamente il contrario.

Interpretando l’essere sopravvissuti alla crisi economica internazionale peggiore da decenni come il segno dell’inaffondabilità del paese, si è spinto al massimo sul pedale della spesa pubblica, sostenendo in tal modo la sopravvivenza di gruppi economici decotti e aumentando salari pubblici e pensioni. Per la disperazione del ministro delle Finanze si è progressivamente alzata l’asticella del prezzo del greggio necessaria per arrivare al pareggio del budget statale.

In pochissimi anni è praticamente raddoppiata e solo grazie ai prezzi stratosferici raggiunti (ve ne sarete accorti facendo benzina) lo stato ha un buco nei suoi conti e non una voragine senza fine.
Ora però il buon Kudrin prevede l’arrivo di una seconda gamba della crisi, con conseguente netto calo degli introiti statali derivanti dalle esportazioni di petrolio e gas, in una situazione di estrema debolezza dei conti pubblici. I fondi di riserva sono ridotti alla metà rispetto a prima della crisi internazionale e quindi un secondo choc, pari a quello del 2009 li spazzerebbe via del tutto, facendo rotolare il paese verso un nuovo default.

Ma la situazione è, secondo lui, ancora peggiore, sia perché teme che questa crisi sarà più pesante, sia perché, con una spesa pubblica cresciuta esponenzialmente rispetto al 2008, il buco che si aprirà nei conti pubblici sarà qualcosa di esorbitante e che i fondi di riserva potranno coprire solo per breve tempo. Sentire quindi parlare di aumento delle spese militari, come priorità del nuovo governo in arrivo, è stato troppo anche per lui che ha sopportato tutto il sopportabile per anni. Di passare come quello che ha gestito l’economia e ha portato il paese al disastro proprio non gli va. Meglio farsi sbattere fuori e attendere l’evolversi degli eventi…