La vittoria di Roma rimescola le carte del governo

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La vittoria di Roma rimescola le carte del governo

29 Aprile 2008

Nessun vicepremier con Gianni Letta unico sottosegretario,
mentre sull’ipotesi di nuovi posti alla Lega, un bel “siete matti”. Nel primo
giorno della nuova Legislatura Silvio Berlusconi decide subito di sparigliare
le carte e di riprendere in mano il filo del nuovo governo. Non solo perché il
premier in pectore rivolgendosi ai giornalisti, bollati come “inventori di
favole”, serafico manda un messaggio: “Tutti i nomi che avete visto sono nomi
che vengono dalla fantasia dei giornalisti”. Un Cavaliere, quindi, a tutto
spiano che non manca di precisare che per quanto riguarda la squadra di governo
“ancora non abbiamo parlato di nomi. Cominciamo oggi a colazione” , abbozzando
però una data per il giuramento: “tra il 9 ed il 10 maggio”.

Sarà, ma per il
momento qualche spunto il leader del Pdl lo lancia. Lo spunto per la verità era
conosciuto da giorni e cioè l’idea di un solo vicepremier che ormai sembra
definitivamente tramontata con la scelta di puntare su Letta come
sottosegretario alla presidenza del consiglio. Decisione che il Cavaliere
correda con i soliti elogio al suo fidatissimo collaborato giudicato come “un
regalo di Dio agli italiani”.  Così come
non sono previsti nuovi ministri leghisti oltre a quelli stabiliti alla fine
della scorsa settimana. Per il resto, seguendo i suggerimenti lanciati da
Berlusconi, è tutto da decidere. O come sarebbe meglio dire da risolvere.
Infatti a dispetto di quello che ripete il Cavaliere l’ossatura della squadra
di governo ci sarebbe. Quello che manca al momento è la cosiddetta “quadra” che
dopo l’incontro di ieri con Roberto Formigoni ed il successo di Gianni Alemanno
a Roma, è diventata abbastanza delicata.

Silvio Berlusconi non a caso lo aveva
ripetuto appena concluso lo spoglio e se aveva affidato ad una nota di stampa il
suo pensiero – “Un successo che completa la nostra vittoria del 13-14 aprile” –
aveva già chiaro il quadro della situazione. Infatti adesso la partita dei
ministri potrebbe non solo ingarbugliarsi ma addirittura cadere nella selva
intricata dei veti incrociati e delle stesse pretese. Non casualmente
Gianfranco Fini al Tg1 a caldo ieri sera, dopo l’annuncio del successo di
Alemanno, precisava che “la vittoria non avrà ripercussioni sul governo”. Una
precisazione che è
sembrata piuttosto un campanello d’allarme, visto che tra una
levata di calici ed applausi nel comitato di Alemanno Ignazio La Russa sorridendo
spiegava che “questa vittoria dimostra che si può vincere anche senza la Lega”.
Certo, parole dette durante i festeggiamenti e quindi da considerare con grande
cautela, ma non per questo indicative per le trattative che si apriranno tra
qualche ora.

Quello che è sicuro è al momento è che il
Pdl ha incassato un’altra vittoria importante e decisiva, come ha spiegato lo
stesso Cavaliere nella serata di ieri ai suoi parlamentari riuniti nel teatro Capranica: “Non dobbiamo lasciarci andare ad eccessi e soprattutto lavorare nella consapevolezza che non possiamo sbagliare. Oggi è una giornata
importante, possiamo lavorare bene. Roma torna ad assumere il ruolo di
capitale, più pulita e più sicura”. E a chi gli chiedeva se dopo la vittoria di
Alemanno il governo sarebbe stato più forte chiariva che “il governo era già
forte, certamente si consolida un rapporto forte con la capitale”. Mentre verso
gli avversari sconfitti, se da un lato suggeriva di tendere la mano sperando
che “nonostante la sconfitta, l’opposizione che siederà in Parlamento e in
Campidoglio confermi l’impegno a collaborare nella riforma dell’architettura istituzionale,
compresa quella di Roma capitale”; dall’altro ricordava che “la promessa è
stata mantenuta, ora Rutelli può tornare ad andare in motorino e Veltroni può
andare in Africa”.

Ma al centro della scena rimane comunque la questione governo che
proprio la vittoria di Alemanno potrebbe rendere più problematica. Per il
momento il Cavaliere ha fatto chiarezza su un fronte e cioè quello lombardo,
lasciando al suo posto il governatore Formigoni. L’incontro di ieri si dice sia
stato tutt’altro che tranquillo. Formigoni avrebbe rinfacciato al Cav. di non
aver mantenuto le promesse fatte e di essere stato condizionato dai veti
romani, in primis quello di Fini. Accuse alle quali il leader del PdL ha
cercato di opporre ragionamenti politici, legati alla convinzione che dopo il
forte successo elettorale della Lega al Nord non è pensabile portare la
Lombardia al voto. Per questo Formigoni deve restare al suo posto, addirittura ipotizzando
un quarto mandato per lui. Sarebbe stata questa l’offerta del Cavaliere
corredata dall’assicurazione di un ruolo di primo piano nel futuro Pdl – si
parla di vicecoordinatore – e di una maggiore autonomia nella gestione della
giunta stessa.

Formigoni non sarebbe rimasto molto soddisfatto delle “ricompense”, ed
avrebbe messo sul tavolo due prospettive: quella di una sua nomina come
Commissario europeo e quella di una presenza di ciellini nel governo. La prima
ipotesi Berlusconi l’ha esclusa categoricamente, sul secondo punto avrebbe dato
qualche rassicurazione in più al governatore, ipotizzando l’arrivo di Maurizio
Lupi alla Funzione Pubblica. Un ministero ambitissimo dai centristi e che è
strategico per la gestione dei dipendenti statali e della amministrazioni pubbliche.
Ruolo che in questo senso potrebbe ampliare il bacino di consensi per Formigoni
anche nel Centro e nel Sud Italia. Per questo sono molti a ritenere che alla
fine Lupi non vada lì e che potrebbe essere spostato ad altra destinazione come
la Sanità mentre alla Funzione pubblica potrebbe andare il siciliano Angelino
Alfano.

E se la partita Formigoni è chiusa, apertissima è ora quella romana, dopo le
e elezioni di Alemanno. An ha già fatto sapere di non voler rinunciare al
Welfare, che sarebbe stato assegnato allo stesso sindaco di Roma in caso di
sconfitta. In pratica il ragionamento che si fa in queste ore a via della
Scrofa è che ad Alleanza Nazionale spetta un ministero in più in virtù del
maggior peso acquisito dopo la vittoria di Roma. E la voce che circola è quella
di Alfredo Mantovano alla guida del dicastero del Welfare. Questa ipotesi
dentro Forza Italia non trova affatto apprezzamento. Su quel posto avevano già
messo più di una seria ipoteca sia Maurizio Sacconi che Renato Brunetta e nel
partito sembra non esserci alcuna intenzione di mollare la presa. In questa situazione
è possibile che Mantovano venga dirottato verso gli Interni (come viceministro)
oppure alla Giustizia, dicastero su cui il totonomine è ancora aperto. Le
quotazioni di Elio Vito, infatti, considerato per certo fino a ieri, sono in
netta discesa al punto che oltre a Mantovano qualcuno rilancia anche il nome di
Marcello Pera e dell’ex ministro Castelli. Un nodo, quello del ministero di via
Arenula, che al momento sembra essere proprio quello più intricato per il
Cavaliere. E non si esclude che Berlusconi alla fine possa affidarlo ad un suo
fedelissimo come Claudio Scajola.

Congetture per adesso visto che il forzista ex sindaco di Imperia guarda solo alle Attività produttive dal quale, è voce delle ultime ore, potrebbe essere spacchettata la competenza delle Comunicazioni per farne
un ministero a parte. Sicuro di spacchettamento sarà il Commercio Estero che
andrà ricondotto nell’ambito del ministero degli Esteri ed affidato ad Adolfo
Urso in qualità di viceministro. Ministero a parte anche per la Salute dove
anche qui è in corso un braccio di ferro tra An e Fi. I primi vorrebbe
Ferdinando Aiuti mentre a via dell’Umiltà si vede con favore la scelta di
Ferruccio Fazio, primario del San Raffaele di Milano. Per quanto riguarda le
donne confermati i nomi delle prime ore con il ritorno di Michela Brambilla che
potrebbe diventare viceministro con delega all’Ambiente. Maria Stella Gelmini
sempre confermata per l’Istruzione. Infine faccenda complicata quella di Paolo
Bonaiuti che certo di un ministero potrebbe alla fine trovarsi di nuovo come
sottosegretario alla presidenza con il ruolo di portavoce unico del governo. A
tutto vantaggio di Sandro Bondi che avrebbe così la strada spianata per il
ministero dei Beni Culturali. Intanto oggi si apre ufficialmente la nuova
legislatura e senza sorprese Fini e Schifani saranno presidenti rispettivamente
della Camera e del Senato. Poi come ha detto il Cavaliere a pranzo si tornerà a
parlare di nuovo di governo. Domani, invece, è previsto quello tra lo stato
maggiore leghista ed il Cavaliere. Tutto per arrivare entro il 5 maggio, giorno
in cui si dovrebbero aprire le consultazioni, con la lista pronta. Ma non sarà facile.