La vittoria dimezzata di Netanyahu e quella inaspettata della Livni

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La vittoria dimezzata di Netanyahu e quella inaspettata della Livni

10 Febbraio 2009

Il bello delle democrazie è che sparigliano sempre le carte. Il caso di Israele lo dimostra, se stiamo ai primi exit poll di questa notte elettorale. Kadima, il partito politico centrista fondato nel 2005 da Ariel Sharon, avrebbe ottenuto 30 seggi rovesciando le previsioni che davano in testa il Likud, fermo a 28 seggi e comunque in risalita rispetto al risultato del 2006.

Tzipi Livni, la combattiva leader di Kadima ha quindi onorato l’eredità di Sharon, mostrando che una buona fetta dei suoi concittadini crede ancora a uno stato israeliano “basato sulla speranza e non sulla paura” come aveva detto la candidata alla annuale Conferenza di Herzliya. Eyal Arad, uno dei consiglieri della Livni, ha già detto che Kadima è pronto a formare un nuovo governo e che, in ogni caso, non potrà esserci un governo che non comprenda Kadima.

I risultati elettorali mostrano che c’è ancora fiducia verso il processo di pace con i palestinesi. La Livni è stata premiata dall’alta affluenza, dal voto degli indecisi (il 15% dell’elettorato), dei giovani e delle donne (queste ultime il 65% degli indecisi). Il progetto di Kadima non scompare con il suo fondatore. Avremo ancora una piattaforma liberale e democratica, che coniuga sicurezza e dialogo con i palestinesi.

Ma le democrazie, si sa, sono anche qualcosa di complicato. Soprattutto se parliamo di un sistema frammentato come quello israeliano, dove il gran numero di partiti in gioco dà vita ogni volta a coalizioni di governo ricche di sfaccettature e spesso complesse da gestire. Per cui l’affermazione di Kadima non può oscurare il risultato ottenuto dal blocco delle destre che, messe insieme, ottengono la maggioranza alla Knesset. La Livni invece perde il suo maggior alleato a sinistra, quel Barak che oggi vede precipitare il nobile partito laburista al quarto posto, sopravanzato dagli estremisti di Lieberman. Alle 22.30 di ieri, Barak è stato il primo ad andare in tv dopo i primi, deludenti, exit poll, per felicitarsi della prova di maturità democratica offerta dagli israeliani che sono andati al voto.

Per questo Netanyahu ha già dichiarato in un’intervista: “Sarò il primo ministro”. Il suo problema sarà mettere insieme l’arcipelago della destra laica e religiosa, che va da Lieberman allo Shas, insieme agli altri ‘nanetti’ (l’Unione della Torah Ebraica, la Casa Ebraica, l’Unione Nazionale…). Uno schieramento inviso ai paesi arabi e che sarà problematico anche per l’amministrazione Obama. Domenica scorsa, Netanyahu si era recato sulle Alture del Golan piantando un albero con suo figlio Avner. “Se Kadima dovesse vincere – ha detto – continueremo con altre e maggiori concessioni”. Un gesto simbolico che dà l’idea del diverso approccio tra i centristi di Kadima e la destra del Likud.

Netanyahu ha detto a caldo: "Cari amici, il popolo ebraico si è alzato, quasi 4 milioni di cittadini sono usciti nonostante questo diluvio, ebrei e non ebrei, di destra e di sinistra, gente di tutto questo popolo che amiamo. Non c’è nessun dubbio su quelli che sono i risultati. Il popolo di Israele si è espresso in modo chiaro, preciso. Il campo popolare, con alla sua testa il Likud, ha vinto una battaglia importante. Ma il punto non erano i sodaggi, il punto è la realtà".

"Oggi il campo popolare ha una maggioranza assoluta. Il nostro partito ha avuto un grande successo; avevamo 12 seggi ma oggi abbiamo raddoppiato il nostro risultato. Dovremo confrontarci con grandi cambiamenti nel cambio economico. Israele subisce la minaccia iraniana, la minaccia lontana del nucleare e quella vicina del terrorismo. La crisi e il terrorismo saranno le due grandi difficoltà su cui dovremo esprimerci. Ma l’elettorato vuole che siamo noi a garantire il cambiamento. Per questo ci impegneremo con chiunque voglia garantirlo".

"Vi dico che sarò alla guida del prossimo governo, un governo stabile che si confronterà con la crisi economica e con il tema delle sicurezza e che porterà a termine le riforme, per esempio quella nel campo dell’istruzione, che abbiamo fatto in campagna elettorale. Stiamo discutendo con gli altri leader della destra e da domani ci impegneremo per garantire il fututo di Israele. Condurremo il paese verso una nuova via di speranza, forza, orgoglio, fierezza, e naturalmente di pace".  

L’ultima a parlare è stata la Livni, nella ressa dei festeggiamenti per lo scampato pericolo: "Il popolo israeliano ha fatto la sua scelta e oggi ha scelto Kadima  – ha detto commossa – cari amici, cari militanti, cari colleghi del parlamento, abbiamo creato insieme questo movimento e non dimenticherò mai il momento in cui prendemmo questa decisione con Ariel Sharon, che è stato un padre della nazione di Israele fino a quando è morto".

"Abbiamo creato Kadima con senso di responsabilità nazionale… abbiamo costruito questo partito lasciando altri partiti perché non potevamo continuare a negoziare invano. Abbiamo aperto una nuova via, lanciando Kadima con la fede nei valori di Israele e con la fiducia di ritrovare l’unione della nazione israeliana. E abbiamo fatto tutto questo prima della situazione di oggi, con tutti questi nuovi gruppi che sono apparsi nel panorama israeliano. Abbiamo scelto un’ideologia dell’unità e non della divisione".

"Oggi sento ancora parlare di un ‘campo popolare’ ma il nostro paese, parliamoci chiaro, non appartiene alla destra come non appartiene alla sinistra e così anche la nozione stessa di democrazia popolare anche questa non è patrimonio esclusivo della destra. Questi sono valori che condividiamo con altri partiti… Il nuovo governo sarà guidato da Kadima e quindi speriamo che queste divisioni arrivino alla fine. Sapevo che non sarebbe stato facile convincere i cittadini di Israele, che erano tentati da altri appelli verso la paura, il terrore, l’integralismo islamico che ci riconda, ma nonostante tutto abbiamo la ferma convinzione di combattere il terrorismo e di doverlo fare con principi saldi e attrraverso la discussione pèer la pace".

"Prima di andare a votare ho incontrato anche dei genitori con i loro figli che sventolavano bandiere di Israele e sono questi padri, queste madri, questi figli, a darmi fiducia. Non potete immaginare che tipo di gratificazione sia stata per me l’espressione di questa fiducia. E oggi quelli che hanno votato Kadima ci hanno scelti con la speranza, ci hanno dato fiducia, e questa fiducia è la piu grande responsabilità che abbiamo adesso sulle spalle, per dare una nuova direzione al nostro paese".

"Mi rivolgo a Netanyahu e gli dico: ‘prima delle elezioni ti ho proposto un governo di coalizione. Ti ho messo in evidenza tutte le difficoltà che deve affrontare il nostro stato. Tu hai rifiutato questa alleanza dicendo che il popolo israeliano doveva scegliere. Ebbene il popolo israeliano stasera ha scelto e ha scelto Kadima. Per cui ora tutto quello che resta da fare è una scelta consequenziale: fare la cosa migliore per il nostro stato, ciò che è che meglio dal punto di vista economico e della sicurezza. La cosa migliore per Israele è dunque un governo di coalizione, unire la destra e la sinistra del Paese".  

Israele è comunque vada una democrazia di coalizioni, di contrattazioni e trattative come quelle che stanno avvenendo in modo più o meno sotterraneo in queste ore tra i principali partiti. Se il Likud non riuscirà a trovare la cifra di un’alleanza verosimile con il blocco delle destre, è possibile che Netanyahu si sposti verso il centro. Sempre che gli exit poll non siano rovesciati dai dati definitivi.