
L’abbattimento dei muri: se anche il PD festeggia

14 Novembre 2019
Sabato 9 novembre ricorrevano i 30 anni dalla caduta del muro di Berlino, ufficialmente “Muro antifascista”, che a dittature europee morte dava già idea di come ancora i compagni ragionassero, sia rispetto il nemico, con quale erano stati alleati, sia con il Popolo, quello che avrebbero dovuto difendere, ma in cui si premuravano che non insorgesse un democratico istinto alla fuga dall’altra parte dell’Europa. Se l’anniversario viene storicamente ricordato e celebrato in ambienti perlopiù anticomunisti, quest’anno sorprende che il PD si unisca al coro con un manifesto inequivocabilmente commemorativo che invita ad abbattere i muri.
I muri sono diventati negli ultimi anni un argomento di aspro conflitto tra posizioni diametralmente opposte in insanabile divergenza, merito di errori di comprensione di significato di un muro. Così Trump (e già Obama prima di lui) e Orbàn costruiscono un muro di confine territoriale per bloccare e controllare l’immigrazione, e questo suscita sentimenti di grande rabbia per chi vorrebbe una società aperta. Quel muro che – ricordavamo – divideva invece chi era unito, chi aveva scritto la storia della propria Nazione assieme.
È ovvio che differenze ci siano tra tutti, soprattutto nella stessa Nazione, le elezioni servono a decidere chi temporaneamente può mettere in pratica le proprie idee. Quello che successe con l’innalzamento del muro fu invece la divisione di questo Popolo su una base geografica, per motivazioni strategiche, che non teneva conto di esigenze identitarie e instaurava un conflitto di classe, posto che il Partito Socialista Unificato, partito de facto (ma non di diritto) unico, aveva in quel conflitto la propria natura, la propria essenza. Così chi veniva spinto da esigenze personalissime ad andare dall’altra parte diventava un nemico del Popolo.
Non sembra strano che alla fine fu abbattuto con tanta fretta e tanto furore (tanto che quando venne chiesto quando si potesse attraversare liberamente, il funzionario Schabowski rispose “che io sappia … da ora”, ab sofort [https://www.ilpost.it/2019/11/09/la-caduta-del-muro-di-berlino/]), sembra piuttosto strano che cercando di costruire una Europa unita la principale preoccupazione dei progressisti sia proprio quella di fagocitare stranieri, extracomunitari, con cui costruire una società nuova, e nessuno si ponga il problema che se la forza di ogni entità politica è nella solidità della propria identità, la costruzione di un muro è imprescindibile per l’esistenza stessa, cioè la costruzione del confine, quanto quella della propria identità.
L’esempio classico è il paragone con la propria casa, cui nessuno si sognerebbe di abbattere i muri: dove vivremmo? Non sappiamo, come non sappiamo esattamente dove voglia vivere il PD, partito erede del comunismo della Guerra fredda, che oggi elogia la distruzione di un muro dei propri ex compagni di partito in funzione di quella stessa apertura che acriticamente elogia e che è una delle principali cause della sua disfatta politica.