L’Abruzzo si è colorato di tricolore. E a l’Aquila sventola la bandiera italiana
18 Marzo 2011
di V. F.
Si è colorata di tricolore la regione Abruzzo. Dalle lunghe notti di Pescara e di Teramo, con le vie del centro storico trasformate per l’occasione in suggestivi villaggi che neppure la pioggia incessante è riuscita a scoraggiare; alle note di Verdi, Mameli e Tosti che hanno trionfato nella Camera di Commercio di Chieti, dove i centodue musicisti che compongono la banda dell’arma dei Carabinieri, diretti dal maestro Massimo Martinelli hanno ufficialmente aperto le celebrazioni per il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia. E ancora, i giovani protagonisti a Campli, in provincia di Teramo e un oggetto simbolo come la medaglia-moneta, realizzata dagli artigiani abruzzesi proprio per l’occasione e per rappresentare il contributo dato dall’Abruzzo alla storia dell’Unità. E’ a Corfinio, infatti, che nel 91 a. C. si tenne il giuramento della Lega Italica che riuniva le popolazioni che combatterono contro il potere romano durante la guerra, e proprio nell’antica Corfinium che venne coniata la prima moneta che sanciva l’alleanza definitiva tra le popolazioni italiche. Rievocando quel simbolo, si rievoca il primo tentativo di unificazione del Paese. Una suggestione giunta fino alle montagne di Roccaraso, dove i maestri di sci hanno organizzato una discesa tricolore, accompagnati dalle note del Và Pensiero di Verdi e dell’Inno di Mameli.
E l’Abruzzo è stato presente nella capitale, rappresentato dal Presidente della Regione, Gianni Chiodi, e dal Presidente del Consiglio regionale, Nazario Pagano, in occasione delle celebrazioni solenni nei luoghi simbolo dell’Unità d’Italia.
Numerosi, dunque, i momenti di festeggiamento ma soprattutto di riflessione. Per rendere il giusto onore ad una storia di sacrificio e di ideali. Festeggiamenti che in Abruzzo hanno raggiunto il loro momento più significativo durante il Consiglio regionale solenne che si è svolto martedì scorso a Civitella del Tronto, nel teramano. Perché quella della suggestiva fortezza dove è stato ospitato il Consiglio, ultimo baluardo della resistenza borbonica (fu infatti espugnata dall’esercito sabaudo solo il 20 marzo, tre giorni dopo la proclamazione dell’unificazione del Paese) è una storia che persino molti abruzzesi non conoscono fino in fondo. E’ il luogo in cui 150 anni fa crollò in modo definitivo il Regno delle Due Sicilie e che per la sua posizione, di estremo angolo settentrionale di Abruzzo, è stato chiamato a scrivere una pagina significativa di storia. Oggi tornata più che mai attuale, con il dibattito sul federalismo che appassiona e divide il Paese. E così, come accade sempre per i grandi eventi storici, passato e presente si rincorrono e si danno significato.
Non è arrivato a caso, infatti, il discorso scritto per l’occasione dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Rivolgendosi alle assemblee legislative di Regioni e Province ha voluto sottolineare l’imprescindibilità del legame delle autorità centrali e di coloro che sono espressione più diretta del territorio. I festeggiamenti per l’Unità d’Italia, dunque come “momento ideale per richiamare alla memoria dei cittadini, delle forze politiche e dei responsabili delle istituzioni regionali e locali, gli eventi fondamentali che hanno condotto alla nascita del nostro stato unitario – ha scritto Napolitano – , e per rafforzare la consapevolezza delle responsabilità nazionali che ci accomunano”. Ma non è tutto, perché l’appello del Capo dello Stato si spinge anche oltre, alla richiesta di una presa di coscienza e di un impegno quotidiano a mettere a frutto le risorse e le potenzialità dei territori” e a portare avanti “ la riflessione sul contributo delle comunità regionali e locali al moto unitario” . Solo così, per Napolitano, ci si potrà ancorare “ in modo profondo e irreversibile al patto che ci lega, ai valori e alle regole della Costituzione repubblicana”.
Un’Assemblea solenne, dunque, che evocando la storia, ha riflettuto soprattutto sull’attualità dell’evento. Come hanno fatto gli storici Raffaele Colapietra e Marcello Veneziani, che hanno compiuto un excursus sulle tappe che anticiparono quella svolta politica e sociale epocale del 1861. Fanno riflettere le parole di Colapietra, quando ricorda un evento carico di significato, oggi più che mai. Quando, cioè, fu proprio il Parlamento di Torino ad acclamare Roma capitale. “Non so – ha sottolineato lo storico – se sarebbe possibile nel nostro Parlamento”. E ancora unità, con il suo carico di valori, nelle parole di Veneziani che ha definito Civitella un luogo ideale per ricucire un’identità divisa”. Ma soprattutto, per Veneziani l’Italia era una formazione culturale, prima ancora di diventare stato. Presente, in rappresentanza del Governo, il sottosegretario alla Difesa, Guido Crosetto. E i presidenti del Consiglio regionale, Nazario Pagano e della Giunta regionale, Gianni Chiodi. Anche i loro discorsi hanno seguito il medesimo corso. Da entrambi c’è stato il riconoscimento della lungimiranza e del coraggio di uomini e donne del Risorgimento che seppero combattere e morire per un ideale comune fondato su ”profonde radici culturali, religiose, linguistiche”. Pagano ha interpretato la solenne celebrazione della ricorrenza ”come un’occasione di rafforzamento dell’identità nazionale, la cui costruzione è in continuo divenire, un cantiere sempre aperto”. Chiodi si è soffermato anche su un altro momento fondamentale di questi 150 anni di storia dell’Italia unita: l’avvento della Repubblica e l’elezione dell’Assemblea costituente che sancì il nuovo soggetto politico come ”uno e indivisibile”. “Perché – sottolinea – nei padri costituenti c’era realmente la consapevolezza che con questa coesione si fossero affrontate battaglie difficili e se ne sarebbero combattute altre ancora più dure” . Da Pagano come da Chiodi è quindi giunta l’esortazione a non considerare il federalismo, le aspirazioni di governo delle autonomie locali, come un freno al processo unitario nazionale. “Anzi – hanno ribadito – proprio le differenze, le particolarità devono essere la spinta verso un recupero dell’identità nazionale e di un nuovo protagonismo in Europa”.
E se Civitella del Tronto in questi giorni si è trasformata idealmente nel capoluogo dell’Abruzzo, un momento carico di significato e di emozione si è svolto anche nel vero capoluogo della regione: L’Aquila. Ieri il tricolore è tornato a sventolare sulla facciata principale del Forte Spagnolo. La bandiera è stata risistemata sul Castello, che è uno dei luoghi simbolo dell’Abruzzo. Un segno di forte unità e soprattutto di speranza. Durante le tragedia del terremoto tutta l’Italia si è stretta intorno all’Aquila e ne ha in qualche modo condiviso il dolore. E oggi quella bandiera che torna a sventolare è un omaggio e un riconoscimento a uno spirito di unità e di comunità che deve tornare a battere nei cuori degli italiani, per riscoprirsi patrioti ogni giorno, al di là delle tragedie e al di là della storia.