L’accordo nucleare tra Usa e India apre una crisi politica a Delhi

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L’accordo nucleare tra Usa e India apre una crisi politica a Delhi

27 Giugno 2008

Continua in India l’impasse sull’approvazione dell’Accordo 123, il patto di cooperazione nucleare con gli Stati Uniti. Mercoledì scorso, i rappresentanti dei partiti al governo si sono incontrati con i loro alleati comunisti senza raggiungere alcun accordo in materia. Ogni discussione è stata rimandata a data futura, forse luglio, dopo che il premier indiano Manmohan Singh avrà incontrato George W. Bush al G8 di Hokkaido (Giappone). Diversi esponenti delle forze di sinistra, però, hanno già confidato che non ci sarà probabilmente nessun nuovo incontro, visto che il governo pare comunque intenzionato a procedere avanti.

L’accordo non necessita della ratifica parlamentare per divenire operativo. Questo potere spetta solo alla volontà dell’esecutivo. Il Congress Party (Cp), il partito di maggioranza relativa a cui appartiene Singh, ha scelto per il momento di congelare la discussione, ma è ormai a un bivio: o da esecuzione alle clausole del patto, con il rischio di perdere così l’appoggio degli alleati comunisti e aprire la strada a elezioni anticipate. Oppure lascia cadere il tutto, rinunciando a quella che Singh considera la pietra angolare della partnership strategica con Washington, ma scongiurando lo spettro di una debacle elettorale annunciata, dato il forte declino di consensi di cui gode al momento l’esecutivo di Delhi.

Il governo in carica, infatti, non potrebbe sopravvivere senza l’appoggio esterno in Parlamento di alcuni partiti di sinistra, tra cui il Communist Party of India (Cpi). Queste forze di matrice comunista, negli ultimi tre anni si sono opposte ostinatamente all’Accordo 123, che a loro dire minerebbe l’autonomia della politica estera e di difesa nazionale. Al contrario, per il Cp e i suoi alleati di governo, la cooperazione nucleare con gli Usa rappresenta una ghiotta occasione per migliorare l’efficienza nucleare del Paese e ridurne la dipendenza (in crescita) dai combustibili fossili.

In sostanza, l’accordo in questione ribalterebbe 30 anni di embargo nucleare sull’India, che non ha mai firmato il Trattato di non-proliferazione nucleare (Tnp) e ha sviluppato testate atomiche. L’India potrebbe così acquistare materiale fissile e tecnologia nucleare offrendo in cambio l’apertura dei suoi impianti nucleari civili alle ispezioni della Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea). Un aspetto molto importante dell’Accordo 123 è che, pur riferendosi alla cooperazione nucleare civile, la sua approvazione definitiva comporterebbe il tacito riconoscimento dell’India come potenza nucleare militare.

Il problema per Singh è di sbloccare la situazione prima che entri in carica il nuovo presidente americano. La settimana scorsa, l’International Herald Tribune ha riportato a proposito i commenti di alcune fonti vicine all’amministrazione Bush: “A Delhi devono fare in fretta, non c’è tempo da perdere, non abbiamo nessuna garanzia che il futuro inquilino della Casa Bianca – sia Barack Obama o, diversamente, John McCain – ritenga prioritario concludere il negoziato”.

Il tempo stringe, la pausa estiva del Congresso Usa è alle porte, e il Senato deve ancora procedere alla ratifica dell’accordo. Conclusione non per niente scontata. Più di qualche congressista, infatti, pensa che non sia nell’interesse strategico degli Usa permettere agli indiani di accedere al materiale fissile americano, in quanto ciò permetterebbe loro di impiegare quello che già possiedono per scopi militari, cosa che potrebbe scatenare una corsa alle armi nucleari in Asia. Prima di approdare sui banchi di Capitol Hill, il governo di Delhi dovrà concludere un accordo separato con l’Aiea e con il Nuclear Supplier Group: lo stallo con i suoi alleati comunisti si è creato esattamente su questo passaggio. 

Singh si trova in una posizione difficile, e la situazione economica del Paese – nonostante i livelli di crescita siano rimasti pressoché inalterati – non lo aiuta affatto. La settimana scorsa il tasso di inflazione è stato rivisto al rialzo (11% circa), il più alto dato degli ultimi tredici anni. La popolazione accusa l’esecutivo di fare poco per combattere l’erosione di salari e stipendi. La serie di sconfitte subite dai partiti al governo nelle ultime elezioni statali rispecchia questo malcontento. Per tutelarsi da una eventuale rottura con il Cpi e le altre forze comuniste, Singh sta cercando di trovare un accordo con il Samajvadi Party. Ma l’appoggio di questo partito regionale rischia di non bastare per salvare l’esecutivo.

Usando a pretesto gli alti indici di inflazione interni, il Bharatiya Janata Party (Bjp), la più importante forza all’opposizione, ha accusato il governo e  i suoi alleati comunisti di aver in realtà inscenato in questi giorni una pantomima per distogliere l’attenzione del comune cittadino dai problemi più urgenti del Paese. Se l’Accordo 123 verrà posto al vaglio del Parlamento – come richiesto dal Cpi, che spinge per una modifica costituzionale, così da rendere obbligatoria la ratifica parlamentare per gli accordi di questo tipo – l’opposizione nazionalista indù ha già fatto sapere che voterà contro.

M. Venkaih Naidu, ex presidente del Bjp, ha dichiarato che il suo partito non è pregiudizialmente contrario a un accordo strategico di cooperazione nucleare con gli Usa. Ciò che si contestano sono i termini dell’Hyde Act, l’atto congressuale americano che definisce la cornice legale entro cui il governo Usa può concludere un accordo in materia nucleare con l’India. Un punto in particolare su cui il Bjp non concorda, è che i test nucleari indiani siano sottoposti allo scrutinio di Washington. Un timore infondato secondo Singh, che respinge pure l’accusa secondo cui firmando il patto l’India perderà la sua autonomia strategica.

L’Accordo 123 si inserisce in una partita geostrategica molto delicata, che si sta giocando in Asia meridionale. La Russia guarda di buon occhio l’intesa nucleare di Delhi con Washington. Questa aprirebbe degli scenari commerciali interessanti per i russi, in quanto l’India entrerebbe come acquirente nel mercato nucleare internazionale. E Mosca è attiva esportatrice nel settore. Al contrario, Pechino non può essere certo entusiasta, dato che considera la cooperazione nucleare indo-americana una mossa di Washington per controbilanciare la sua ascesa in Asia.

Per Bush jr. – criticato per le sue campagne militari in Afghanistan e Iraq – il patto con l’India è l’occasione per ottenere un grande successo diplomatico prima della scadenza del suo secondo mandato (insieme a quello sul nucleare della Corea del Nord). Chi contesta l’accordo come lesivo della sovranità nazionale (e nucleare indiana), ad esempio, fa notare come gli Usa abbiano già cominciato a esercitare forti pressioni su Delhi per ricoprire un ruolo più attivo nella crisi iraniana.

L’India ha sempre mantenuto un profilo basso sul tema, alla luce degli stretti rapporti economici che legano i due Paesi, in particolare nel settore energetico. E’ notizia di pochi giorni fa, che a breve sarà finalmente firmato l’accordo per la costruzione di un gasdotto che trasporterà gas dall’Iran in India, e che attraverserà il Pakistan. Un progetto in cantiere da diversi anni, che è sempre stato avversato dagli Stati Uniti.