Lacrime e tasse, la manovra 2023 del Regno Unito
30 Novembre 2022
Il Regno Unito aumenta la pressione fiscale su aziende e persone fisiche con una totale giravolta tra le proposte di politica fiscale del fu governo Truss e la manovra ‘lacrime e tasse’ di Rishi Sunak. Così, Londra prova a cambiare marcia sul deficit. Il governo intende raccoglie 40 miliardi di sterline in aumenti delle tasse e tagli alla spesa, per compensare i costi del welfare e l’incremento degli interessi sul debito.
Sul fronte fiscale, il governo abbassa la soglia che fa scattare l’aliquota di reddito più alta del 45% dalle attuali 150 mila a 125 mila sterline, per ampliare il numero dei contribuenti. La Corporation Tax viene alzata dal 19% al 25%. La versione inglese della tassa sugli extraprofitti delle industrie energetiche passa dal 25% al 35%.
Solo alcuni esempi di un piano fiscale molto più articolato. Che manda in soffitta i tagli fiscali generalizzati che avevano affondato Truss. L’obiettivo del cancelliere dello scacchiere Hunt è di aumentare il gettito per colmare il disavanzo (55 miliardi di sterline). In una congiuntura economica internazionale sfavorevole. Con la Gran Bretagna già in recessione. Una stima del Pil in calo dell’1,4% sul 2023.
La disciplina di bilancio è una virtù per chi governa. E’ buonsenso. Sembra la stessa ‘prudenza’ a cui si è appellato il governo Meloni per controllare il debito. Non bisogna essere pregiudizialmente contro il piano fiscale di Hunt, che contiene provvedimenti con un effetto immediato, su un sistema semplice. Non ostacolato da una burocrazia cavillosa come quella italiana.
Il problema però è che la manovra inglese colpisce in modo indiscriminato la classe media produttiva. Quella che consuma e crea reddito e benessere. Anche nel caso della Corporate Tax al 25%, nessuno vieta di alzare le tasse alle imprese. Del resto, la percentuale in questione non sembra una aliquota così alta. L’interrogativo è se provvedimenti del genere fanno parte di un serio processo di riforme capaci di attrarre investimenti e di favorire la crescita.
Questo potrebbe avvenire intervenendo con sgravi sulle assunzioni, sugli investimenti in ricerca e sviluppo, cioè nella innovazione. Con un piano per le infrastrutture per modernizzare un Paese. E attraverso norme che semplifichino ulteriormente la vita a chi fa impresa, a chi lavora. L’impressione è che invece alla coppia Sunak-Hunt manchi questo spirito riformista.
Il Regno Unito vuole contenere la spesa ma, come in Italia, c’è bisogno dei sussidi contro il caro bollette per sostenere imprese e famiglie. Le pensioni vengono aumentate insieme alla spesa sanitaria e al salario minimo. L’impressione è che alla fine il conto lo pagheranno le aziende e milioni di contribuenti britannici.