L’addio di Müntefering indebolisce la Grande Coalizione

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L’addio di Müntefering indebolisce la Grande Coalizione

14 Novembre 2007

Non c’è pace per Angela Merkel. Di ritorno dal Texas, dopo aver festeggiato il crollo del muro di Berlino con le classiche ‘Steak’ alla griglia, le bistecche che Bush riserva agli amici cari tra cui Berlusconi, Aznar, Putin e Koizumi, ancora in volo riceve le critiche dell’ex cancelliere Schröder e dell’ex ministro degli esteri Steinmeir, per l’atteggiamento cauto che la Merkel mostra nei confronti di Putin. «I rapporti con Mosca non devono essere dettati dalla paura» ha fatto sapere Schröder che ha aggiunto «A volte si mostra troppo timorosa come nel caso della Russia, altre volte non tiene in debito conto il rispetto per la sovranità e l’integrità territoriale». Riferendosi apertamente all’invito della Merkel al Dalai Lama, definito da Schröder un errore politico. «I miei precessori e io stesso abbiamo sempre rifiutato di invitare il Dalai Lama per non danneggiare le relazioni con la Cina», e dato il suo spiccato senso per gli affari non resta che da credergli. Ma non è di questo che si preoccupa il cancelliere, bensì del futuro stesso della sua coalizione.

Le dimissioni del vice cancelliere, Franz Müntefering hanno colpito Angela Merkel che perde uno dei più stretti collaboratori, in grado di mediare tra una SPD al governo e una riottosa SPD partito (che starebbe forse più volentieri all’opposizione). Steinmeier sarà dunque il nuovo vicecancelliere, Olaf Scholz il nuovo ministro del lavoro e delle politiche sociali e Müntefering nel ruolo di devoto marito torna ad essere un semplice deputato. Nel corso della conferenza stampa, l’uomo Müntefering che lascia l’incarico per poter assistere la moglie colpita da un cancro, ha dichiarato con un sorriso tirato: «Mia moglie lo ritiene giusto, il cancelliere no, ora al lavoro e in bocca al lupo!».

Visibile è l’amarezza della Merkel che dice: «Ci sono situazioni nella vita più importanti della politica. Rispetto la scelta ma resta un peccato non portare a termine il lavoro iniziato insieme. Nonostante le diverse opinioni in alcune circostanze abbiamo sempre lavorato in un clima di massima fiducia». La scelta di Müntefering è stata accolta da tutti con rispetto, come dimostrano le tre ovazioni che hanno interrotto il suo discorso. Senza cadere in tentazione e lasciarsi andare a facili speculazioni politiche, resta il fatto che ha scelto il momento giusto per lasciare il suo incarico. Se lo avesse fatto prima del congresso di Amburgo o durante, sottolineando la sua distanza dal leader della SPD Beck, Müntefering avrebbe portato il partito alla rottura pagando di tasca sue le conseguenze ma in questa fase di metà mandato, chiusi i giochi congressuali, le sue dimissioni restano un segnale politico del suo isolamento. Come ha sottolineato il Frankfurter Allgemeine Zeitung da tempo Müntefering non è più in sintonia con l’archittettura di Beck. Dopo aver perso la battaglia per aver difeso fino all’ultimo i tagli al sistema di previdenza sociale enunciati nella Agenda 2010 dalle modifiche imposte da Beck ed il no della Merkel sulla sua proposta del salario minimo, il ritiro dalla grande coalizione gli consente di potersi presentare come candidato alle prossime elezioni.

Lo stesso artefice della agenda 2010, Gerhard Schröder, invece di difendere il suo erede Müntefering gli ha ricordato, in una intervista rilasciata al Frankfurter Allgemeine Zeitung di non essere Mosè: «L’agenda 2010 non sono i dieci comandamenti e chiunque ci abbia lavorato insieme a me non si deve credere un Mosè». Ma Müntefering conosce Schröder da lunga data per poter rispondergli che in realtà «Mosè era un gran bel tipo, uno che ha fatto tanto per il suo Paese». Da ammirare il fair play dell’ex ministro del lavoro. Müntefering avrebbe infatti potuto semplicemente ribattere che Mosè non ha collaborato ai dieci comandamenti, li ha solo presi sic stantibus da Dio. Il duro scontro precongressuale tra il capo del partito, Kurt Beck e Franz Müntefering sul periodo di erogazione del sussidio di disoccupazione nel tentativo di riconquistare l’elettorato orientato verso l’estrema sinistra ha avuto dunque le sue conseguenze, al punto che Kurt Beck non si è mosso da Meinz per sottolineare la sua distanza dal governo, senza prendere parte direttamente alle trattative. La scelta di Müntefering paradossalmente mette allo scoperto le intenzioni di Beck, se veramente intende prendere le distanze dall’attuale governo, dando ascolto alle pressioni del die Linke, ora dovrà farlo di suo pugno, senza l’intervento di Mosè.